Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

comando

Ci sono giorni nei quali la truppa dei discepoli assomiglia tantissimo a quei venditori abusivi di merce contraffatta che stazionano nei centri delle città. Cosa accade quand’arriva una pattuglia della Polizia? Che, d’improvviso, raccattano tutta la loro mercanzia (preventivamente, sotto gli oggetti, avevano sistemato una sorta di lenzuolo, per essere pronti a scappare all’istante) e fuggono via. Sarà risolto, definitivamente, il commercio abusivo di merce contraffatta? Certamente no: tempo di aspettare che la pattuglia giri l’angolo, ed eccoli tornati al loro posto, a rimetter rigorosamente in bell’ordine le loro cianfrusaglie. Guardali! Cristo è perpetuamente in pattugliamento contro il ladro Satàn. Ha appena denunciato il pensiero contraffatto di Pietro: “Tu hai capito ciò che vuoi capire tu, amicommio. Non vale: mettiti dietro, altro che andare tu a comandare!” Pietro, mogio-mogio, è lì dietro, magari sgomitando tra qualche occhiolino beffardo di chi, palla al balzo, coglie l’occasione di sistemare qualche vecchio conto in sospeso: “Te la sei cercata, ben ti sta!” Sono le prime avvisaglie delle guerre fratricide interne alla Chiesa. Scandalizzarsi per quelle d’oggi? La guerriglia interna è connaturale alla Chiesa: farsi santi, senz’essere mai tentati, è come vantarsi della propria verginità senza mai aver avuto uno spasimante. E’ la vita.
Rientra la crisi, (ri)tornano a camminare: Lui davanti, loro dietro. Per il fatto d’essere davanti, però, nulla impedisce al Cristo di tenere l’udito ben rivolto all’indietro, a monitorare la temperatura della sua squadra. Che, bontà sua, il tempo d’essere tornati in strada e hanno già tirato fuori dal cassetto i loro sogni contraffatti, non mostrando alcun segno di ravvedimento: comandare vogliono, questo interessa loro! E la cosa, badate bene, mica infastidisce per natura: serve anche chi sia capace di comando. Il fatto, però, che manco abbiano il coraggio dei loro pensieri, lascia a desiderare. Perchè, di fatto, questo succede: che quando Cristo, appena entrati a casa, chiede loro spiegazione, tutti tacciono. Testa bassa, coda tra le gambe, a bestemmiare l’udito finissimo del Maestro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada (amicimmiei)?» Muti come pesci, vigliacchi come poche altre volte: «Ed essi tacevano». Il motivo, non l’avesse detto l’evangelista, sarebbe parso evidente per la (loro) troppa umanità: «Per strada – toglie il dubbio l’Evangelo – avevano discusso tra loro chi fosse più grande». Scritto così, com’era parso chiaro a Dio quando, alla sua domanda, manco ebbero la faccia di rispondergli. “Diommio – si sarà detto tra sé Cristo – come spiegare a questa gente che non saranno mai capaci di comandare sugli altri se prima non avranno il pieno controllo su se stessi?” In fatto di comando, Cristo ha già le idee chiare: “Prima o poi, giuro su me stesso, prendo dell’acqua e mi metterò a lavare loro i piedi, per spiegare cosa significa dominare. Vedrai se dico bugie!” Dategli tempo, lasciategli il tempo che serve.
L’acqua sarà la sua penultima cartuccia. L’ultima, poi, sarà la Croce: «Il Figlio dell’Uomo lo uccideranno». Nel frattempo, loro «non capivano queste parole»: eppur gli vivevano addosso. Piuttosto che chiedergli spiegazioni, però, per orgoglio o viltà preferiscono sbandare a destra e a manca: «Avevano timore d’interrogarlo». Scaltrissimi: per la paura di sentirsi rispondere ciò che non desiderano sentirsi dire, evitano di chiedere. Si arrangiano alla bell’è meglio: sgomitando tra loro, facendo attenzione che il Cristo non si volti, beccandoli in fallo. “Porcocane, ma che razza di udito ha – si lamentano tra loro? Come ha fatto a sentir i nostri bei discorsi? Facevamo fatica a sentirci tra noi, si sentiva tutto confuso!” E’ così, sempre: «Dove sono in troppi a comandare, nasce la confusione» (L. Einaudi). Che cosa farà, dunque, il Cristo? Tutti bocciati, o tutti licenziati, o tutti messi in aspettativa? Figurarsi! Ci riprova, ancora, anche stavolta: «Se uno (di voi) vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti (…) Preso un bambino, lo pose in mezzo a loro» (cfr Mc 9,30-37). Così fa il (vero) leader: un capo dà la colpa, un leader corregge gli errori. Satàn avrebbe preteso il credito, Cristo (ri)offre tutta la sua fiducia: ecco perchè dire a qualcuno di far qualcosa non è essere un leader. E’ comandare, e basta.

(da Il Sussidiario18 settembre 2021)

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».
E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato» (Marco 9,30-37).

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