Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato
matematica

Come costruttori di navi. Ai quali – come rammenta lo scrittore francese Antoine de Saint-Exupéry – non è necessario trasmettere nei minimi particolari la conoscenza dei chiodi e la posizione degli assi ma basta infondere in loro l’inclinazione verso il mare: le navi saranno la conseguenza di questa nostalgia che s’è accesa in loro. Il tempo d’Avvento come tempo di profonda nostalgia necessaria per progettare il nostro destino di uomini e di donne sotto il cielo. Forse per questo al Natale ci s’avvicina in punta di piedi, abitando quel senso d’attesa ch’è tipico delle persone capaci di grandi nostalgie. Perchè “attendere” è un verbo che amano coniugare coloro nel cui cuore albergano speranze dai nomi giganti. D’altra parte la nostalgia è tutto il contrario della manìa: la manìa provoca fastidiose dipendenze, la nostalgia arreca un profondo senso di andare oltre le semplici parole con le quali raccontiamo la vita di tutti i giorni.
La storia dell’uomo racconta la nostalgia di Dio, di un Dio perdutamente innamorato dell’uomo al punto tale da farsi uomo Lui stesso. E in un mondo di uomini che ogni giorno tentano di diventare dio, la notizia ha il sapore di un sogno ambizioso e paradossale: Dio decide di farsi uomo. Costretti quasi ad aprire le braccia e ammettere che quaggiù i conti non tornano. Perchè da quel giorno nessuna storia quaggiù potrà più nutrire il sospetto d’essere solamente un mazzo di sussulti inutili, un rigo musicale dalle note apparentemente gettate a caso o – per dirla con le parole di un poeta moderno – un semplicissimo pacco postale che l’ostetrica dell’ospedale porta in dono al becchino del paese. Nel cuore della terra batte forte il linguaggio della nostalgia. Non tanto quella cantata da Omero quando tratteggiò la figura del suo Ulisse: andava, tornava, ripartiva e la sua esistenza era un monotono, seppur avventuroso, ripetersi di viaggi e di ritorni. Ma la nostalgia che alberga nel cuore del vecchio Abramo: parte da Ur dei Caldei, laddove c’erano le fondamenta della sua vecchia abitazione, per andare verso una terra della quale gli sarà concesso solo annusare il profumo e la promessa. Mai la raggiungerà, eppure quell’andare sempre oltre senza mai tornare indietro è stato il booktrailer dell’avventura più ambiziosa che la storia dell’uomo abbia mai osato udire voce, quella cristiana.
Ad aprire ogni festa c’è sempre una vigilia, come prima di ogni domenica c’è sempre un sabato. Perchè alla gioia piena s’arriva solamente dopo un’attesa che abbia acceso in noi la nostalgia della felicità. Anche a Natale s’arriva rivestiti d’attesa e con in mano l’alfabeto della nostalgia: perchè s’attende solo ciò che si ama, si ama quello che fa battere il cuore, fa battere il cuore ciò che arreca nostalgia di Cielo. Si attende solo un Amore che si lascia anticipare da quel senso di nostalgia che abita dentro le cose grandi come in quelle minute. Quel giorno i conti non torneranno: un Dio che s’abbassi e sposi l’umano è un Dio diversamente Dio dalle nostre aspettative. L’attesa, dunque, come tempo di apprendimento a leggere la storia con gli occhi del Creatore.
Ascolta questa. Un ragazzo rapina un orefice: lo arrestano, gli danno una condanna, viene rinchiuso in carcere. Chiede un maglione per il freddo dell’inverno. Dopo qualche giorno gli arriva un piumino d’oca portatogli da un volto che lui conosceva: era quello dell’uomo che aveva rapinato anni fa. Quel ragazzo – avvezzo ai tempi lunghi della galera – colto dalla sorpresa afferma: “i conti non tornano”. Davvero: a leggerli quaggiù i gesti di lassù arrecano confusione. Forse per questo c’è del tempo per ripensare un nuovo modo di studiare la matematica. Quella vecchia è morta per colpa della Nostalgia.

(da Il Mattino di Padova, 2 dicembre 2012)

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