pietroUna sfumatura grammaticale per palati finissimi. A leggerla con i vestiti del femminile – la fine – l’avventura cristiana appare come la più grande illusione della storia: “tanta fatica per niente”. A scrutarla invece con l’afflato del maschile – il fine – la sorpresa ha il sapore delle conquiste che scrivono la storia: “la mia storia corre verso un approdo finale” (liturgia della XXXIII^ domenica del tempo ordinario). Tra la fine e il fine scorre il grande fiume dell’umanità: c’è chi legge il Vangelo con gli occhi mesti e funesti di chi è senza speranza, e chi nello stesso Vangelo s’inabissa con lo sguardo fiducioso, quella fiducia che non è ottimismo a basso prezzo ma consapevolezza di Colui al quale è stata data fiducia. Laggiù c’è un’alba che sta sorgendo – “alzate il capo, la vostra liberazione è vicina” -, ci sono le prime luci di una Pasqua che si stanno per accendere, s’avverte l’eco delle prove musicali di un Dio che sta organizzando la festa d’inaugurazione nell’Eterno. Di mezzo c’è un fiume – forse l’ultimo, magari il penultimo, più probabilmente uno dei tanti – ancora da attraversare: di qua c’è la mia storia, di là c’è la storia di Dio. E nel mezzo l’eterna diatriba tra la speranza e lo scoraggiamento, tra l’inquietudine della ricerca e l’euforia della sorpresa, tra la mestizia del Venerdì Santo e il godimento della Pasqua: tra il sospetto e la diffidenza che ci sia un Dio geloso che mi ha messo al mondo (il vecchio tranello del serpente) e la spassionata confidenza di un Dio che chiede di poter scrivere una storia in mia compagnia.
E’ la biografia della Bellezza quella narrata nei Vangeli. Una bellezza che non è ossessionata dal farsi notare: sarebbe una bellezza volgare. E’ semplicemente una Bellezza bella. Uno spazio in cui “ci si trova bene”, così bene che si vorrebbe sostare dimentichi di qualsiasi altra, perchè quella Presenza è la radice e l’approdo del più modesto e del più eccelso dei desideri umani: “Maestro, è bello per noi stare qui”. E invece lì non si può rimanere: è nel dramma del mondo che quella Bellezza si fa adulta, che perde i lineamenti dell’infanzia – nostalgici ma puerili – e indossa l’abito delle cose mature. “Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandoci alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandoci davanti a re e governatori”. E il motivo è presto detto: “a causa del mio nome”. Massacrati e derisi perchè di Lui, oltraggiati e offesi perchè innamorati, allontanati e segregati perchè capaci di immaginare un futuro diverso, fino a dare la vita perchè quel sogno diventi un segno. L’Uomo dei Vangeli è davvero strano: non illude, non risparmia, non mercanteggia. Addita la mèta senza nascondere le insidie del sentiero, anticipa la Bellezza ultima senza misconoscere l’opera della Menzogna, invita alla perseveranza senza tacere la difficoltà della persecuzione. Innesta il segreto ultimo della vittoria: “con la vostra perseveranza salverete il mondo”. Eppure ci hanno sempre detto che l’errare è umano mentre il perseverare è diabolico: forse anche questo proverbio d’ora in poi lo annoteremo tra le barzellette del “catechismo di suor Gesuina”. Perseverare non è diabolico, sorella Gesuina: è evangelico. Di più: è la strada per strappare l’ingresso all’Eterno. Diabolico è rinunciare ad impegnarsi, rimanere immobili sul sagrato della Chiesa, attendere invano che la soluzione arrivi da chissà dove, non sfruttare appieno i talenti che Dio ti ha dato. Perseverare è rimanere sul crinale della battaglia quando tutto ti dice “torna a casa, arrenditi, lascia perdere”. E’ stare lì, ad un passo dal possibile: “io non mi arrendo!” Perchè la mia storia non sta andando verso la fine ma sta avvicinandosi tremendamente al suo fine: cioè sta maturando.

“Questa è anche una delle mie più recenti conquiste: che da ogni istante nasce un nuovo istante, che contiene nuove possibilità e che spesso, inaspettatamente, si rivela essere un nuovo dono. E che non si deve trattenere nessun momento di malessere nè prolungarlo inutilmente, perchè, così facendo, si può ostacolare la nascita di un momento più ricco. E così la vita ti scorre dentro in una corrente ininterrotta, in un’unica grande successione di momenti, ognuno dei quali ha il suo posto nel giorno: insomma, non riesci a fare di meglio? Nonposso proprio farci niente, non riesco ancora ad esprimermi. Fermati, abbi pazienza. E se non riesci a dirlo, qualcun altro lo farà per te, come Rilke, per esempio. O Beethoven. Ciao”.
(E. Hillesum, Diario, 319)

D’altronde anche Dio persevera: e se lo fa Lui, nessuna catechista potrebbe osare affermare che è diabolico. L’ho visto perseverare anche stamattina, e quella perseveranza era veramente da prendere a sberle. Mi ha visto aprire gli occhi, si è gustato gli ultimi colpi di coda del sonno sul mio viso e poi ha perseverato: “anche oggi, Marco, mi fido di te. Buona giornata!” E’ una vita che s’intestardisce con me; e questa perseveranza è alquanto imbarazzante.

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