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Di falsi poveri è pieno il mondo. Cercano di sfruttare la propria condizione, di volgerla a proprio favore per ottenere di più, con minore fatica. Non è difficile, tuttavia, discernere l’autenticità dalla falsità. Li distingui subito, i falsi dai veri poveri, non per qualcosa in più ma per qualcosa in meno, che a loro manca. È la dignità.
Una volta, le nostre nonne e le nostre mamme adocchiata avevo subito qualunque imperfezione del vestiario e, nel cuore della notte, si mettevano all’opera, con ago e filo, per impedire che la vivacità del pargolo comportasse scuciture negli abiti, magari con l’apprensione di dover impedire che il figlio finisse nel mirino di qualche brutto scherno dei compagni di scuola. Ora i tempi sono cambiati: i jeans non si aggiustano più e, in nome della moda, paghiamo, magari a suon di biglietti da cento, la fatica e il sacrificio di qualche povero papà nordafricano che mette a rischio la propria salute, per poterci assicurare la soddisfazione delle nostre voglie di vestirci da straccioni.
Una contraddizione dei nostri tempi, che risulta quanto mai pungente, di fronte alla miseria  autentica: quella di chi fatica ad arrivare a fine mese o si vergogna di non riuscire ad accontentare le lecite richieste dei propri figli, al contrario delle altre famiglie.   

I veri poveri non chiedono, né tanto meno pretendono. Ti guardano fisso negli occhi, nella speranza che tu possa leggere nel loro sguardo che fare qualcosa per loro, se ti è possibile, arricchisce tanti. A partire da te stesso.
No, non vale l’alibi che “sono tanti”. Madre Teresa non si è mai stancata di ricordarci che esiste un unico modo per amare: uno alla volta. Ce lo ricorda, in modo semplice, una piccola storia:

Una tempesta terribile si abbatté sul mare. Quando la tempesta passò, la spiaggia era una distesa di fango in cui si contorcevano nell’agonia migliaia e migliaia di stelle marine.
Il fenomeno richiamò molta gente da tutte le parti della costa. Arrivarono anche delle troupe televisive per filmare lo strano fenomeno.
Tutti stavano a guardare e nessuno faceva niente. All’improvviso, un bambino lasciò la mano del papà e raccolse con le piccole mani tre piccole stelle del mare e, sempre correndo, le portò nell’acqua. Poi tornò indietro e ripeté l’operazione.
Dalla balaustrata di cemento, un uomo lo chiamò.
“Ma che fai, ragazzino?”.
“Ributto in mare le stelle marine. Altrimenti muoiono tutte sulla spiaggia” rispose il bambino senza smettere di correre.
“Ma ci sono migliaia di stelle marine su questa spiaggia: non puoi certo salvarle tutte. Sono troppe!” gridò l’uomo.
“E questo succede su centinaia di altre spiagge lungo la costa! Non puoi cambiare le cose!”.
Il bambino sorrise, si chinò a raccogliere un’altra stella di mare e gettandola in acqua rispose: “Ho cambiato le cose per questa qui”.
Il suo gesto fece riflettere l’uomo, che lo seguì, così come diverse altre persone. E le stelle marine si salvarono tutte.
(B. Ferrero, A volte basta un raggio di sole)

Se ciascuno facesse, nel proprio piccolo, una briciola di Bene, tramite un meccanismo di kantiana memoria (immaginare che la propria azione diventi azione che tutti compiono, in modo irrinunciabile), il mondo rischierebbe davvero di diventare un posto migliore.
Senza utopie né gesta eroiche, che non siano il coraggio della costanza quotidiana nelle piccole cose, che danno sapore alla vita. Alle volte, forse, basterebbe solo un pizzico di fiducia in più nella possibilità di cambiamento, per noi stessi e per gli altri, che è racchiusa in noi stessi!

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