coca_cola_ghiaccio_Coke_iceHa battuto anche Gesù Cristo perchè laddove di Lui non è ancora giunta voce, le bollicine di lei hanno già stregato la sete del popolo indigeno. Gli altissimi teologi saranno pronti a giustificarsi dicendo che lo Spirito Santo soffia nei cuori ed è impossibile seguirne le tracce. Hanno certo le loro ragioni dogmatiche, ma al popolo dei semplici colpisce che la campagna di evangelizzazione della Coca Cola attualmente sorpassi ampiamente quella religiosa. Ammesso che Lassù i conti si fanno sempre e solo alla fine (e siamo certi che quadreranno come in nessun’altra azienda terrena), forse una piccola lezione la possiamo trarre dal fenomeno Coca Cola. E’ notizia fresca che a Wayne Rooney, asso calcistico ed extra-coniugale del Manchester United, l’azienda americana non rinnovi il contratto d’immagine che lo lega con la celebre bevanda gassata. La goccia che ha fatto traboccare il vaso sono state le volgarità gridate contro la telecamera dopo la tripletta in Premier League. Sia ben detto: la Coca Cola non è un’azienda affiliata nello Stato del Vaticano (dove si potrebbe supporre esista un’etica anche nel commercio) ma è semplicemente un colosso mondiale che pone molta attenzione alla sua immagine e, sopratutto, all’impatto che essa ha nella mente dei possibili clienti. Nigel Currie, un esperto di marketing nel mondo dello sport, ha detto: “La Coca-Cola è una marca per famiglie e hanno probabilmente deciso che non è più conveniente sopportare tutti i titoli sul comportamento indecente di Rooney”. Gli ha fatto eco Ed Moses, ex campione olimpico, spiegando che quando un bambino vede una cosa del genere pensa subito che se può farlo Rooney possono farlo tutti, in qualsiasi ambito di lavoro. Morale della favola: formalmente si dice che il contratto sia stato “congiuntamente stabilito di non rinnovarlo”, ufficialmente l’asso calcistico è stato cacciato per una caduta di stile. Che, fosse anche un uomo senz’etica, gli vale una decurtazione di 600 mila sterline.
Adesso lo sappiamo: anche la maleducazione ha un prezzo. Le freccette di Balotelli valgono (in negativo) 120 mila sterline, la bestemmia di Rooney 600 mila sterline e lo sputo di Totti all’Europeo è valso l’abbandono della Nike. Che nel Vangelo il popolo pagano si mostri spesse volte più intelligente e vicino alla salvezza del mondo evangelizzato è cosa assai nota tra il popolo che segue Cristo. Ma che una bella lezione di etica ci giunga dalla Coca Cola è una notizia sorprendente e frizzante (è proprio il caso di dirlo). Probabilmente Nigel Currie ritornerà nel suo anonimato dopo quella spiegazione ma la sua filosofia è molto chiara: lo stile è importante almeno quanto la validità del prodotto che si decide di commercializzare. Ovvero: non basta la convinzione nel prodotto, serve anche la pulizia e la credibilità di chi lo rappresenta per non disgustare il possibile cliente.
La notizia andrà nell’archivio delle “buone notizie” e la si farà tacere. Perchè qualora si capisse l’importanza dello stile anche in altri ambiti, pensiamo che sarebbero troppe le teste che salterebbero. Ma siccome il popolo che un tempo viveva di “panem et circenses” oggi ha cambiato menù e ha scelto “golf e barzellette” non c’è molto da preoccuparsi: si continuerà nello stesso non-stile di sempre che, forte di testimoni credibili, continua a dettare legge tra le aule del parlamento e le navate di certe chiese. Rimane l’eterno dubbio che viaggia nelle pieghe della storia umana: davvero per salvare una testa vale la pena di mettere alla berlina messaggi che hanno fatto storia? La Coca Cola non ha dubbi: e il suo fatturato continua ad accrescere. E’ davvero una questione di stile.

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