cieco
Verso la Città-Santa viaggiano sfasati, mica appaiati. Lui «li precedeva», mentre i discepoli-amici, inquieti e tormentati, «erano spaventati, e coloro che lo seguivano anche timorosi» (Mc 10,32). Sono diretti tutti giusto a Gerusalemme. Cristo viaggia con un biglietto di sola andata in tasca: il legno della Croce già si staglia all’orizzonte della città benedetta-maledetta. Viaggia con degli amici-ciechi, che gli fanno ressa attorno: lo vogliono tutto per loro ma non Lo vedono bene. Invece ci vedono bene quando qualcuno tenta d’avvicinare quell’amico, che chiederà d’essere amico di tutti: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me». E’ voce di Bartimeo, un mendicante cieco. Mendicante e cieco: staziona a bordo strada con doppio passaporto d’invalidità. Loro, gente cresciuta all’ombra del Maestro misericordioso, gli dicono di non rompere: «Lo rimproveravano perchè tacesse». Lui, invece, siccome ha occhi chiusi, vede meglio di tutti loro. Dunque «gridava ancora più forte». Che non sia per gelosia, forse, che gli intimano di tacere? Gelosi d’essere solo loro nello sguardo dell’Amico guaritore: «L’invidia – scrive Carlos Ruiz Zafòn – è un cieco che vuole strapparti gli occhi». Invidiosi che quel cencioso, pure cieco, si fosse accorto del passaggio del Cristo. Mentre loro, abituati alla Bellezza, manco più s’accorgevano dei passi di Cristo in loro. Dalla sommità della Croce, Lui mostrerà quant’è inutile chiedere a qualcuno d’accorgersi della tua assenza se non si era mai accorto della tua presenza.
E’ il Vangelo della solitudine. Solitudine pazza, clandestina, letale.
Cristo, a quel doppio tentativo di sequestrarlo intimando il silenzio all’uomo del ciglio, non ci sta. Rovescia le carte: «Gesù si fermò e disse: Chiamatelo!» E’ l’ironia dell’amore: coloro che usavano l’intimidazione, dovranno rimettere mano a quell’uomo e portarlo a Cristo. Che, nel frattempo, s’arresta: l’agenda è piena, i minuti sono contati, il tempo è denaro. Lui, comunque, s’arresta: gli batte forte il cuore di padre. «Coraggio, alzati, ti chiama!» Ironia della sorte: son costretti a incoraggiarlo, loro che poco prima avevano tentato di metterlo in-silenzioso. Lui, invece, era un finto-cieco, viaggiava con un pass di falsa invalidità. I suoi occhi non ci vedevano, ma lui ci vedeva molto bene: vedeva con l’udito, con il tatto, il suo fiuto-odorato era sopraffine. Lo sentiva nella sua pelle il Cristo passante, Lo aveva forse atteso, di sicuro avvertì che l’occasione era ghiotta: ora o mai più. Il Cristo, da parte sua, si mette a servizio: «Che cosa vuoi che io faccia per te?» Ha creato la suspence della salvezza, per ammaestrare gli amici suoi a vederci meglio: «Se sei insoddisfatto della tua vita, è perchè hai degli occhi d’aquila per vedere le cose negative e sei quasi cieco su quelle positive» (M. Murat). Il cieco, che discepolo lo diventerà fra poco, ci vede benissimo invece: cieco negli occhi, aveva fatto del desiderio la sua vista affinata. Cercava col cuore, gattoni, mendicante di sguardi. Chissà quanta gente l’avrà visto accartocciato a bordo-strada: Cristo, a differenza, lo guardò negli occhi. Gli prestò il suo sguardo per aprirsi gli occhi: «Rabbunì, che io veda di nuovo». La preghiera si è riempita di contenuto. Ammissione d’invalidità, professione di fede, dichiarazione d’affetto.
Vera fede. Guarda qui: «La tua fede ti ha salvato. Và».
Non gli mancava la vista, gli mancava Lui. Fu per questo che avvertì tutta quell’attrazione al Suo passare: «Quello che ci manca ci attira. Nessuno ama la luce come il cieco» scrive V. Hugo. A nessuno manca Cristo come a chi è certo d’averlo in tasca: quando vivi in un luogo, con una persona, per lungo tempo, è alto il rischio di diventare ciechi non osservando nulla. Quell’uomo, cieco e pure cencioso, s’era rimesso in strada, alla ricerca della luce: non voleva rimanere un cieco a vita. Lui voleva guarire. Avendo gli occhi chiusi, ci vedeva meglio di altri che avevano la vista aguzza sin dalla nascita. E’ legge di natura che chi è cieco sa ascoltare, chi è sordo ha una vista acuta. E’ altrettanto accertato che il centro lo si capisce meglio dalla periferia, la salute della malattia, la presenza dalla lontananza. Spinti verso l’alto, ci scordiamo che Dio ama stazionare in basso.

In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». 
Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». 
Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. 
Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada (Marco 10,46-52).

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