Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato
golgota

Gli uomini – e che uomini! – scappano. A rimanere è solo lei, la donna di Magdala: Maria Maddalena, quella dei sette demoni e delle tante dicerie cucite addosso. Quella della quale dissero: “E’ l’amante del Rabbì”. Non seppe nemmeno lei perchè vi rimase: ciò che fece la differenza fu la forza materna di non cedere. Agostino d’Ippona, nel suo grandioso Commento al Vangelo di Giovanni, di questi attimi scrisse: «Tornati via gli uomini, il sesso più debole rimase legato a quel luogo da un affetto più forte» (Agostino, Commento al Vangelo di Giovanni). Forse d’amore vero si trattò se non si diede pace e rimase lì: mezza intontita a metà strada tra la speranza che muore e la fede che non vuol cedere, così inebetita da non accorgersi dei due angeli lì appresso: “Donna, perchè piangi?” La voce sembra bella come l’aspetto. Pur sorpresa, non teme d’intavolare una discussione con loro: tutto ciò che poteva essere cagione di sorpresa l’aveva già vissuto in vita: “Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto”. Eccolo il suo vero strazio: il non sapere dove trovare conforto a quell’atroce dolore del cuore. L’amata che piange l’Amante, cercando disperatamente l’Amore. Di fuori c’è l’ortiglia del giardino: eppure è proprio là che gettano lo sguardo, sornioni e sorridenti quegli angeli. Come di chi voglia stare al gioco di una sorpresa, per poi d’improvviso farti trovare la presenza che meno t’aspetteresti. Anche la Maddalena si volta, se non altro per vedere chi stanno guardando quei due. C’è un uomo bellissimo che le ribatte la medesima domanda degli angeli: “Donna, perchè piangi? Chi cerchi?” Le chiede il perchè di quel pianto, ma è come se le dicesse: “Non piangere, sono qui con te”. Lei lo guarda ma non lo conosce quell’Uomo, le sembra di non essersi mai imbattuta tra quelle braccia. Lei e Lui, Lui e lei: l’Amato, l’Amore, l’Amante. Tutto è sospeso nella dolcezza di quello sguardo: “Chi cerchi, donna?” Sembra una trama d’amore.
Troppe emozioni nel cuore di Maria: è così impressionata da pensare che sia il giardiniere, venuto lì all’alba per lavorare al conto di Giuseppe d’Arimatea. “Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo”. Sembra quasi di vederla quella femmina accorata: “Vuoi che ti compri il suo corpo? Lo farò. Quanto vuoi? Sono ricca. E pure forte: lo prenderò tra le braccia e lo porterò in salvo come un bambino. Ti prego!” Farà tutto lei: le basta sapere dov’è andato quel corpo d’uomo che ha tanto amato. Forse l’angustiava il sospetto che i Giudei avessero fato rubare il corpo del Rabbì, non ancora sazi di quel che gli avevano fatto soffrire da vivo. O forse, chissà se indispettiti per tutta quell’onore riservato alla sua sepoltura, l’avevano fatto gettare nella fossa infame dei ladroni e dei crocifissi. Pensa a tutto ciò mentre guarda quel giardiniere: è così bello che s’è sentita di farle quella confidenza, senza pensare d’essere derisa: “Dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo”. E il giardiniere, stregato da quell’amore così candido e puerile, le indica il posto esatto dove l’hanno posto: “Maria!” Un nome: e dentro il nome una nostalgia, la loro storia, la memoria che si riaccende: «Era l’alba triste e senza vita, e qualcuno mi chiamò, era un uomo come tanti altri ma la voce quella no. Quante volte un uomo con il nome giusto mi ha chiamato, una volta sola l’ho sentito pronunciare con amore». Eggià, era un Uomo come nessun altro uomo: “Rabbunì” (“Maestro”). S’alza e Gli corre appresso: «prima di essere un libro scritto con l’inchiostro, il vangelo è un libro dipinto sui volti dei testimoni della Risurrezione» (S. Palumbieri). I piedi va a cercare, li vorrebbe cingere, stringere, allacciare a se medesima: per amore, perchè non fugga più, per dirgli tutto il bene che le stordisce il cuore. E’ lui, Dio mio! E’ lui davvero: “Non mi trattenere (…) ma va dai miei fratelli”.
Ho immaginato il viaggio di ritorno di Maddalena verso il cenacolo: il tempo di baciare il suolo dov’erano poggiati quei piedi e scappa. Come un razzo entra ed esplode il grida: “E’ Risorto! E’ risorto!”. E Pietro con Giovanni a darsi di gomito, come a dire: “Uhm, le solite donne, colle loro allucinazioni di femmine”. Poco importerà alla Maddalena quella derisione dagli unici, tra gli uomini, dai quali si sarebbe forse aspettata comprensione e fiducia. Gli uomini sono come Tommaso: crederanno quando avranno toccato. Come tanti uomini dopo di loro che ancor oggi dicono: “prima voglio capire, poi amerò”. Le donne, però, non sono come gli uomini: somigliano più a Dio. Forse per quel modo di ragionare che fece di loro le prime testimoni della Risurrezione: “prima voglio amare, poi capirò”. E capirono. Di più: videro quell’Uomo Nuovo, sentirono quelle dolci parole, trattennero il gusto di quella Presenza. Tant’è che ancor oggi, nel dì di Pasqua, prima del Vangelo la liturgia chiede permesso a Maddalena, quasi a chiederle scusa per quella villania – che forse non fu nemmeno tale – di non essere stata creduta quel mattino: «Raccontaci, Maria: che hai visto sulla via?» E lei, donna del sabato santo, tracolla di gioia: «La tomba del Cristo vivente, la gloria del Cristo risorto (…) Cristo mia speranza è risorto; e vi precede in Galilea» (Sequenza pasquale) Solo dopo si leggerà il Vangelo. Dopo aver ascoltato l’annuncio da una donna. Proprio quella donna, tra l’altro: quella delle dicerie, del corpo venduto per strada, degli amori di passaggio. Dei demoni e dell’amicizia con Cristo.

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Chissà se Maria si sarà data pace di quella sorpresa. O se ancor oggi, sperduta magari dentro la casa di qualche amica a fare filò, sia ancora intenta a cercar di capire perchè proprio a lei è capitato il primo incontro col Risorto. Magari a casa di Salome, una di quelle partite all’alba, a ricordare quel primo mattino che divenne la prefazione della storia più ambiziosa e paradossale di tutti i secoli a venire. E che precedettero; di quelli che poi seguiranno.
Sembra di sentirla Salome: “Maria, ogni volta che t’incontro ho bisogno che tu mi ripeta di quel mattino. Mi sembra ancora d’esser vissuta in un sogno”.
E Maria a confidarle quel cruccio mai capito, quella domanda che non potè rivolgere al Giardiniere: “Perchè proprio a me, la vecchia meretrice di Magdala. Perchè non a sua Madre, perchè non a Giovanni?” Maria sembra non darsi pace di quel gesto folle, ardito, da vecchio e ardimentoso Uomo di cuori.
La consola Giovanna di Cusa: “Lascia perdere queste cose, Maria. Raccontaci cos’è successo quel mattino, ci fa tanto bene rivivere quell’ora come stesse capitando adesso.
La storia di Maddalena inizia chissà dove: tra corpi e lenzuola, tra feste e dissipazioni, tra oscurità e nostalgie. Ma cosa t’importa! Ciò che conta è tenere memoria di dove finisce: in mezzo ad un giardino, di fronte ad un Dio che confonde col giardiniere. Ch’era forse la più sincera tra le sue confusioni di donna: quell’Uomo aveva fatto della sua vita sgangherata un giardino per il mattino di Pasqua. «Non siamo al mondo per custodire un museo – disse Giovanni XXIII – ma per coltivare un giardino». T’hanno detto e t’hanno fatto imparare che «Dio è l’essere perfettissimo, Signore del cielo e della terra» (Catechismo di San Pio X). Va bene, dai: però Dio è prima di tutto un giardiniere. E a me basta e avanza.
Andranno avanti tutta la notte a confabulare tra di loro quelle Marie: del più, del meno, della sorpresa, di quell’Uomo. Eppoi degli Angeli, degli apostoli increduli, della voglia matta di gridare a tutti che era risorto per davvero! Di quel pianto a dirotto di fronte al Giardiniere: il pianto vero, le lacrime d’amore, i singhiozzi di una presenza che sospetti perduta. Piange e non se ne vergogna: “Donna, perchè piangi?”. Ch’era come dirle: “Non piangere, donna”. Eppure per lei quel pianto era la più straziante e la più splendida tra le dichiarazione d’amore. Quasi dovesse ripulirsi gli occhi e sciacquare lo sguardo per poi scoprire che quel Giardiniere era Dio. Il suo Dio, il Rabbunì delle vecchie confidenze d’amore. Dei primi tempi quando tutto era così incomprensibile, intrigante, avvolgente. Dei primi tempi e della Risurrezione.
Della loro Pasqua. Di quell’invidiabile loro Pasqua.

Cristo è risorto, Buona Pasqua!
don Marco Pozza


(*) Per coloro che hanno camminato assieme nei mercoledì di Quaresima nella parrocchia di Cogollo del Cengio (VI), una rilettura simpatica del percorso costruito assieme. Per non essere vissuti invano.

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