Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

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Se c’è una cosa che ho imparato dalla fede cattolica è la possibilità di conciliare ciò che (in apparenza) corre il rischio di apparire inconciliabile.
Le Letture della VII domenica dopo Pentecoste ci suggeriscono due riflessioni: la prima, legata al libro di Giosué, sull’importanza del fare memoria ; la seconda, strutturata sulla lettura apostolica e sul Vangelo, è un invito a lasciare la porta alla… sorpresa.
Sono passati ormai 40 anni, Mosè è morto in vista della Terra Promessa, Giosuè è stato chiamato a prenderne il posto. «E ora?» è la domanda che occupa la mente alla fine di ogni viaggio, che sia pellegrinaggio, gita o semplice passeggiata: la conclusione di ogni percorso, porta con sé un interrogativo sul senso di quello che si è vissuto.
E la prima risposta è far memoria. Così, è richiesto a dodici uomini di dodici tribù di raccogliere dodici pietre e di lasciarne altrettanti, in memoria di quanto accaduto, per le generazioni future. Perché si ricordino che, su comando di Dio, anche il Giordano si è ritirato, per consentire al Popolo d’Israele di passare. Segno e monito che il Dio d’Israele si prende cura del proprio popolo e lo aiuta a superare gli ostacoli che incontra sul proprio cammino.
E noi? Cosa lasciamo alle generazioni future? Intanto, a fronte dei dati ISTAT  , c’è da domandarsi se diamo una possibilità alle generazioni future. Si conferma infatti i dati negativi delle nascite, in proporzione ai decessi, non più mitigati neppure dalle nascite degli immigrati residenti in Italia (fenomeno del tutto naturale, perché ormai siamo in molte città alla seconda generazione, che tende ad assumere la cultura e i fenomeni di costume del territorio in cui sono ospitati, al di là della cultura d’origine). Tutto ciò obbliga ad una riflessione, personale e collettiva. È più o meno dagli anni Settanta, che si è andata diffondendo una cultura, di fatto, ostile all’accoglienza della vita, specie la più fragile, che ha visto il figlio come ostacolo da rimuovere, più che come opportunità da cogliere. Abbiamo preferito grembi vuoti e carriere luminose, inseguendo un’uguaglianza tra sessi che ha però, spesso (pur se a volte, a seguito di necessità economiche oggettive e non per scelte effettivamente positive e consapevoli al riguardo), di fatto, livellato le meravigliose differenze, che, in un salutare rapporto di complementarietà, diventano ricchezza e forza. Ora ci domandiamo non solo che mondo lasciamo alle generazioni futura, ma se riusciranno ad esserci generazioni futura, dato il saldo demografico sempre più negativo. Prima ancora della politica, molto può una cultura che guardi con fiducia e speranza al futuro, anche quando il presente sembra non garantire promesse particolarmente rosee.

 

Fratelli, forse Dio è Dio soltanto dei Giudei? Non lo è anche delle genti? Certo, anche delle genti! Poiché unico è il Dio che giustificherà i circoncisi in virtù della fede e gli incirconcisi per mezzo della fede. Togliamo dunque ogni valore alla Legge mediante la fede? Nient’affatto, anzi confermiamo la Legge. (Rm 3, 29 -31)
La lettera paolina, in questo suo estratto particolarmente, corre il rischio di essere un po’ criptica. Questo brano va inserito nel suo contesto: nella lettera ai Romani, troviamo due filoni principali, che si collegano tra loro e possiamo riassumere in due domande fondamentali: possiamo parificare circoncisi ed incirconcisi (cioè: Ebrei e non Ebrei)? Che ruolo ha la Legge, dopo il Sacrificio di Cristo?
Entrambi sono sintetizzati nel piccolo estratto. Paolo è ebreo, istruito da Gamaliele, a capo di una delle più importanti scuole rabbiniche. Eppure, ha avuto l’intuizione e la convinzione che anche i pagani avevano il diritto di conoscere la salvezza, portata da Cristo. E tutto ciò non è affatto pacifico, anzi: è stato motivo di discussione, all’interno della Chiesa primitiva. Da una parte, dunque, si riconosce l’opportunità che anche i pagani possano diventare cristiani, senza che si chieda loro la circoncisione, dall’altra, in un certo senso, a garanzia dei fedeli di origine giudaica, si garantisce la fedeltà alla Legge. Questa scelta è molto più di un compromesso. È fedeltà a Cristo stesso. Che, pur consapevole di essere venuto innanzitutto “per le pecore perdute della casa d’Israele”, riconosce, anche con grato stupore, la fede dei pagani che si avvicinano a Lui quasi in punta di piedi, con grande discrezione, ma con altrettanta fede.

 

«Signore, sono pochi quelli che si salvano?» (Lc 13,22)

Questa la domanda che caratterizza il Vangelo.
Se ci pensiamo bene, è una domanda che raggiunge, talvolta, anche noi. La salvezza è per tutti? Ma, soprattutto è “abbordabile”?
Queste sono le domande più profonde, sottese alla prima, che sottolineano la visceralità del quesito posto da un illustre sconosciuto, che sembra quasi spuntare dal nulla ed interrogare il Maestro.
La preoccupazione non è tanto nel numero, ma è innegabile: potrò farne parte anch’io? È un po’ come quando, nei campetti improvvisati, per la strada, si organizzano le squadre. I più carismatici (o i più arroganti) finiscono con l’essere i capitani. A loro spetta decidere chi giocherà. E agli altri prende un rimescolamento nelle viscere, nel dubbio che potrebbero non essere scelti.
Ecco, forse, con un’immagine, questa è la sensazione che ci comunica il tale del Vangelo.

«Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi» (Lc 13, 30 )

La conclusione del brano ci suggerisce che il Regno di Dio non è una chimera, un sogno irraggiungibile, destinato a pochi, bensì un atto di fiducia, di Dio, nell’uomo. Tenendo a mente, però che non dice che tutti gli ultimi saranno primi: ve ne saranno. Come a suggerire che ci saranno sorprese, che, quando c’è Dio di mezzo, nulla è banale e scontato. A noi non è chiesto molto, ma tutto; tuttavia, a chi dà con generosità, Dio è disposto ad aumentare il credito, a dispetto persino dei meriti, se sussiste la volontà – sincera – di aderire a Lui!

 

Rif. Letture festive ambrosiane nella VII domenica dopo Pentecoste (Anno A) – Gs 4,1-9; Rm 3 29-31; Lc 13,22-30


Fonte immagine: Brandmilano.org , di Olycom S.p.A. (Creative Commons: attribuzione – non commerciale – non derivate)

Per approfondire:

Avvenire: Bassetti, senza figli l’Italia non ha futuro
Parole Nuove, don Raffaello Ciccone

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