Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

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Colori, profumi e sapori. Cori, esaltazione, delusione, gioia, rammarico, emozione, incredulità. Forse grazie ad un cospicuo dispiegamento di forze dell’ordine, è stato possibile evitare di sporcare la bellezza dello sport con l’infamia della violenza gratuita e del becero vandalismo, com’è purtroppo accaduto, invece, in altre manifestazioni.
Nonostante l’adrenalina a mille, a parte qualche scaramuccia passeggera, anche sul campo, il bilancio non può che essere, complessivamente positivo, se persino nei tempi supplementari si sono potuti vedere scambi di sorrisi tra giocatori di opposte fazioni, che si stavano disputando la storica possibilità di arrivare ad una finale!
Giusto per non farsi mancare nulla, non è mancata neppure una rapida e pacifica invasione di campo, durante la finale, di alcuni tifosi travestiti da poliziotto, mentre Rakitić era in possesso di palla, nella metà campo avversaria.
È stato sicuramente il Mondiale delle sorprese, che ha visto esclusioni eccellenti e qualificazioni a sorpresa, regalandoci l’emozione dell’inaspettato. Tanti campioni blasonati non hanno brillato, lasciando spazio a calciatori, spesso, rimasti in ombra nelle proprie squadre di club, che hanno saputo, invece, rispolverare le proprie potenzialità per tenere alta la bandiera della propria Nazione.
È – anche questa – la magia dei Mondiali!
Sorpresa delle sorprese, a vent’anni dallo storico terzo posto del 1998, la Croazia – questa volta di Modrić – è arrivata a giocarsi la finale più prestigiosa – quella per il primo posto, non più solo la “finale” per la medaglia di bronzo, come vent’anni fa, vincendo contro l’Olanda. Già questa notizia ha del miracoloso. Che una nazione così piccola riesca a sfornare così tanti campioni da giungere a disputare la finalissima di un Campionato del Mondo è una notizia che fa la storia. Il cuore non è bastato a vincere l’ultima partita: le energie messe in campo nelle partite precedenti hanno sfinito la Croazia, che ha dovuto mettere il numero 1 nelle partite perse, dall’inizio del torneo mondiale. Ha vinto la giovinezza della squadra francese, che ha saputo dare spazio a giovanissimi come Mbappe. I Vatreni, profughi dalla sanguinosa guerra dei Balcani hanno saputo far sognare l’intera loro piccola, meravigliosa nazione, ma anche il mondo intero (galvanizzato dal coraggio di questa piccola nazione dal grande carisma, capace di sfidare a viso aperto i “mostri sacri” del calcio), ma hanno rivelato le proprie debolezze sulle palle inattive e nello scarso rapporto tra la grande creazione di gioco a centrocampo e la pragmaticità sotto rete.
Ottimo terzo posto per il Belgio, forse persino stretto, essendosi dimostrata probabilmente la migliore squadra in assoluto, per creazione di gioco; ma, si sa, nel calcio, chi vince è chi segna un gol in più (o ne prende uno in meno, come si preferisca). Quarto posto per l’Inghilterra, ancora acerba di talenti, nonostante la grande performance personale di Henry Kane. La Francia vince la prima piazza, eppure non convince gli stessi tifosi per un gioco piuttosto carente. La Croazia diverte, ottiene uno storico secondo posto, miglior piazzamento nella sua giovane storia, stabilendo il record come squadra con il minor numero di abitanti in assoluto a disputare una finale mondiale, dal 1931.
Chiuso il sipario, complimenti e grazie a tutti gli attori di questa grande kermesse mondiale, che non può  che aver coinvolto gli amanti dello sport, in un turbinio di grandi emozioni.

Lo sport può – infatti – rivelarsi festa di popoli e culture, se vissuto con spirito di fratellanza, rispetto delle regole, dei compagni di squadra, dell’avversario e dell’arbitro.
La pratica sportiva, forse più che altri eventi, mette in luce la necessità di regole. Senza regole, si gioca male, non ci si diverte più. È necessario condividere un regolamento, un campo, un’attrezzatura, per potersi sfidare, ad armi pari, sul terreno di gioco.
Che poi, lo sappiamo bene, le armi non potranno mai essere pari. Perché non potrà mai essere lo stesso poter contare su 65 milioni di abitanti come l’Argentina o 4 come la Croazia. Perché pochi possono vantare la tradizione calcistica dell’Inghilterra, forse nessuno lo charme del Brasile, ma di certo nessuna squadra africana può contare sul budget medio delle squadre europee. Perché, pochi ne tengono conto, ma l’Islanda, alla prima partecipazione, ha fatto molto di più che qualificarsi per la prima volta alla fase finale di un Mondiale: con il movimento calcistico che si è creato tra i geyser dell’isola è riuscita, se non a debellare, quanto meno a diminuire fortemente l’alcolismo giovanile (una vittoria che vale più di una coppa!).
Se c’è qualcosa che il calcio mi ha insegnato è l’imprevedibilità della vita. Se un ragazzino, profugo di quella guerra nei Balcani che ha poco coinvolto il resto del mondo (ma sconvolto ugualmente tante esistenze) negli anni Novanta, può diventare finalista e miglior giocatore mondiale nel 2018… che cosa è davvero impossibile?

Cominciamo a credere nei nostri sogni, con tutte le nostre forze, con fiducia nella Provvidenza, a dispetto delle avversità… una volta dato il massimo, il resto verrà!


Fonte immagine: Premium Sport

Fonti:
The Guardian
Skysport
Gazzetta dello Sport

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