Dorme sulla barca. Lui, l’Aizzatore di popoli, il conquistatore delle genti, il Dio d’agguati: stavolta dorme, forse ronfa, addirittura russa. Spaventa un Dio così: muto, assonnato, incurante di quella tempesta che cala a picco su quella povera barca di pescatori. Loro tentano di arginare la furia del mare, lo vorrebbero anche lasciar riposare quell’Amico Ebreo così stanco e senza pietra dove posare il capo. Quella tempesta, per, li spaventa stavolta. Loro, uomini di mare, conoscono i venti, l’insidia della corrente contraria che scombina qualsiasi rotta, sanno cosa significano le mani forate dagli uncini, i volti abbrustoliti dal sole. Hanno facce scavate, solcate da fatica e sudore. Buttare la rete è il loro mestiere, riempirla è un affare del mare.
Pur uomini avvezzi alle mareggiate, stavolta tracollano dalla paura. Lo svegliano quell’Amico stravaccato e dormiente nel fondo della barca: «Maestro, non t’importa che moriamo?» (liturgia della XII^ domenica del tempo ordinario). Detta così: senza acrimonia o ripicca, col solo spavento che si capotti la barca e finiscano tutti sott’acqua. Loro, pescatori; anche me. Forse pure qualcun altro. Perchè sapevi che esistono le tempeste, ma pensavi che non fossero tue. La tua barca era la più sicura, la meglio oleata per i giorni della pesca. Non pensavi che la tempesta potesse arrivare per te all’improvviso, non te l’aspettavi. Ma resisti. Vuoi resistere. Le vele non ti sono più compagne, le gomene non ti rassicurano, il timone è fuori uso. E allora, sul legno di una barca o su un letto di corsia aspetti che il miracolo avvenga. Ti hanno detto che c’è un Dio esperto in tempeste, conoscitore di venti, navigante di uragani. E allora lo aspetti, cantando le parole di un salmo: “Affondo nel fango e non ho sostegno. Sono sfinito dal gridare, i miei occhi si consumano nell’attesa del mio Dio” (Sal 69,3-4). L’intera Scrittura è una gola fumante che rinfaccia a Dio la sua assenza. Certuni giorni il suo apparente menefreghismo.
Che fare: bestemmiare il mare? Bestemmiare pure Dio? Bestemmiare quell’antico mestiere che appartiene alla tua famiglia da intere generazioni? Rinnegare quell’essere uomini e donne impastati di terra e di acqua? No, a tutto ciò i pescatori non ci stanno. Loro a quell’Amico hanno imparato a dare del tu, a vederlo spartire con loro tutto: gioia e dolore, salute e malattia, venti a favore e burrasche contrarie. Prima di bestemmiarlo, lo tirano in ballo: «Maestro, non t’importa che moriamo?» “Datti da fare, Maestro. Batti un colpo, salvaci tu che sei capace. Tu che puoi tutto ciò che vuoi”. Stranissima richiesta: uomini di pesca ed esperti di maree chiedono aiuto ad un Uomo falegname, che di lì a poco sarebbe stato appeso alla Croce, di stare aggrappati a Lui per non affondare. Si sveglia Dio, mica era addormentato: li teneva nel mirino. Parla a loro, parla al mare come fosse la cosa più normale: «Perchè siete così paurosi? Non avete ancora fede?» Basta la Sua parola, non scapperanno più di fronte all’uomo che chiederà loro “Perchè succede questo?” Non offriranno risposte magiche, s’alleneranno sbattendo contro l’eterna domanda delle genti che li incontreranno: “A Dio, al tuo Dio, non importa nulla se noi moriamo?” Lui non fugge dalle sue responsabilità: accetta quel grido muto, si lascia provocare. Non teme la bestemmia, non cerca la vendetta. Sta sulla barca pure Lui: c’è una Croce a disposizione per attraversare il mare in tempesta, se servirà.
Somigliava ad un leone addormentato sotto il mezzogiorno della savana: là sul fondo, nel mentre gli amici pescatori litigavano con la furia del mare. Fece finta d’essere assente, li lasciò remare un po’ sa soli: li tenne d’occhio, li mise nel mirino, ne ascoltò le voci e le voci di rivalsa. Fin quando Lo toccarono negli affetti più profondi: «Maestro, non t’importa che moriamo?» Lì, in quell’attimo d’amore e d’orgoglio, non potè esimersi dalla risposta. S’alzò e comandò al mare di stare zitto un attimo, al vento di tacere. Era il suo modo di rispondere: “M’importa di te, m’importa di loro, m’importa di ogni creatura sotto il cielo. Non scappo dalle mie promesse”.
Altro che un Dio amante del sonno.