Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

Bosniak 4. Parte 1

Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché Tu sei con me (Sal. 23,4)

 PRIMA

L’altro giorno, martedì 4 settembre 2018, ho scoperto di avere un amico, un ospite inatteso, dal nome singolare, filorusso, di stampo sovietico sicuramente. Pare il nome in codice di uno degli agenti che si potrebbero trovare su uno dei tanti film o libri di spionaggio.
Mi stava sempre addosso, senza farsi vedere, pungolandomi la schiena, da dietro, ma vai tu a sapere che è uno che si vuole far conoscere.
Il mio amico qua, si chiama Bosniak 4 ed è un tumore renale, a questo stadio maligno all’ 85-100%.
Ora, sentirsi dire di avere un tumore è certo una delle cose più terribili che possano capitare, tuttavia… c’è una buona notizia: il tumore è cistico, le cellule tumorali, se l’esame istologico lo confermerà, sono chiuse lì dentro; inoltre non ha invaso il rene, quindi non me lo toglieranno, forse solo quel tanto che basta per rimuovere la ciste; pertanto, una volta estratto l’amico Bosniak, dovrei avere chiuso, nemmeno radio o chemioterapia mi hanno detto.
Io, se non fosse per il mal di schiena, mi sento in gran forma, in ottima forma direi. Dieci giorni fa ho camminato per tre giorni, 40km in tutto, in alta montagna, sul Lagorai, con il mio amico Stefano e l’altro amico, quello che non sapevo ancora essermi così vicino.
Voglio dire una cosa: non ho pensato un solo istante “perché Dio?” e qui si aprirebbe tutta una discussione di carattere teodiceo che non finirebbe più. Quesiti, dilemmi, tentativi di risposta sul male.
Il male non ha risposte. “Perché, Dio?”, qui Dio non c’entra niente, questo sento e testimonio, perché se Dio è buono, e non potrebbe essere altrimenti se no non sarebbe più lui, allora il male non lo riguarda, è un’altra cosa, che non dipende da lui. Se lo accusassimo, come fanno alcuni, di non aver partorito una creazione perfetta ma soggetta al male e che quindi il male stesso dipenderebbe da lui, allora non staremo più a parlare di Dio, ma di un essere malvagio, perché nella sua onnipotenza non è riuscito ad evitarlo.
“Sì, ma lui potrebbe evitarlo”, dicono alcuni, e a volte lo penso anche io, turbato e con i denti stretti, ma nel mio caso sento solo questo: Dio non c’entra niente, anzi, Dio è con me. Sento che con il male lui non ha nulla a che fare, non so spiegarlo, non so andare a fondo del problema, ma sento chiaramente che il male è a lui estraneo.
Non sono arrabbiato, né deluso, né depresso. Qualche superpsicologo potrebbe dirmi: “È l’uomo che si attacca con forza alla vita.” E sia! Di certo non voglio deprimermi, né andare in giro con la faccia triste. Ho un tumore sì, però c’è gente che sta molto peggio, gente che lotta con tumori più gravi, gente che è già in metastasi. Non solo. Ci sono mamme che oggi hanno visto morire i loro figli, uomini e donne che non mangiano da giorni, ragazze yazide o rohingya che vengono stuprate da orribili uomini in qualche squallida prigione. C’è una mia amica, che dopo tanti anni è stata lasciata dal fidanzato perché voleva un figlio. C’è mio zio, che da anni soffre di diabete e ogni giorno si deve iniettare quattro o cinque volte insulina nelle vene.
No, il mio male non è così grave. Nonostante questo chiodo piantato nella schiena, non posso e non devo lamentarmi di nulla… forse era peggio il mal di gola che l’inverno scorso mi ha debilitato per un mese.
Sono fiducioso, sereno, mi sento più forte, mi dico “potresti morire presto”, ma in fondo al cuore mi rispondo (o è qualcun altro a suggerirmelo?) “è impossibile, stai tranquillo”.
Ma ecco gli occhi lucidi di mia moglie, quel volto preoccupato, ma saldo, fisso con la mente e con il cuore all’episodio evangelico della tempesta sedata, nostro cavallo di battaglia da mesi.
Nel miracolo della tempesta sedata gli apostoli sono preoccupati che la barca vada a fondo, mentre Gesù dorme tranquillo… Ma dormiva davvero o metteva alla prova la loro fede?
Lo svegliano… Ma perché lo svegliano? Sono preoccupati, eppure confidano in lui, che possa placarla, mettendo fine a quel terrore, altrimenti non l’avrebbero svegliato. È una fede strana la loro, una fede preoccupata che, per Gesù, non è abbastanza grande… “Non avete ancora fede?”, dirà loro dopo aver fatto tornare il sereno. Sono uomini di poca fede, il maestro glielo ribadisce numerose volte nel Vangelo.
Confidano, ma non si fidano totalmente, lo svegliano pensando “vediamo se lui può qualcosa” e allora Gesù, con quel briciolo di fede, fa tacere il vento.
Ci verrebbe da dire: “Che stolti! Non si fidavano?! Gesù era lì con loro!”. Ma così dicendo, dimentichiamo che per loro era tutto nuovo. Gesù era certamente un uomo ma, nonostante i miracoli, era davvero Dio? In molti ci crederanno solo dopo la Risurrezione.
Cosa capivano di lui? Cosa potevano capire, loro, che erano come lattanti all’inizio di una nuova vita?
Noi abbiamo la fortuna di essere venuti dopo, duemila anni più tardi di quel Maestro. Questo ci aiuta, ci avvantaggia a capire meglio quello stesso mistero, perché sappiamo già come va a finire; è questo il Vangelo, la buona notizia. Per gli apostoli e tutti gli altri discepoli la strada non era nemmeno tracciata, bisognava solo fidarsi e mettersi dietro ai passi di quell’uomo divino.
Per cui se noi, oggi, duemila anni dopo, non impariamo nulla dall’episodio della tempesta, allora possiamo buttare il Vangelo, perché non serve a nulla, non migliora la mia vita, né fa crescere in me una maggior fiducia in Dio.
Se gli apostoli avessero letto la storia della tempesta da qualche parte, avrebbero avuto ancora paura, loro, che avevano Gesù a un palmo di mano?
Ma d’altra parte per cosa è stato scritto il Vangelo, se non per insegnarci a non aver paura di nulla, nemmeno della morte?
È così che voglio affrontare la tempesta, o quantomeno questo mare grosso. Voglio immaginarmi su quel pezzo di legno, con le onde che sbattono da ogni lato, il vento furioso, disteso su una mezza stuoia a dormire, a provare a dormire, con il sorriso di chi è sicuro, tanto lui è lì, dall’altra parte della barca, a un palmo di mano.
Mi pare di vedermi, dall’alto, disteso con le mani dietro la nuca. Il maestro sta dall’altra parte. Abbiamo gli occhi chiusi e un sorriso ebete. Le onde sembrano rovesciare la barca. Il gioco è questo: ti fidi o no?
Non affonderò e se affonderò, perché la volontà del Padre era un’altra, allora affonderò con lui e dopo tre giorni…
Qualche giorno fa sono stato da un donna, una signora anziana con dei doni particolari, mi limito a dire questo. Mi ha consigliato alcune preghiere che non conoscevo e l’utilizzo dell’olio benedetto, perché la materia non è staccata dallo spirito, almeno nel cristianesimo, anche se molti non ne sono convinti.
Mi faccio il segno della croce nelle parti del corpo in cui ho più male e recito quelle preghiere che già sento così potenti. La preghiera è potenza, energia, non una nenia al vento per vecchie e ignoranti.
Sapevo che sarei stato operato i primi di ottobre, forse verso la metà, ma non ne ero così certo, dovevo aspettare la telefonata da urologia. Mi è arrivata questa mattina, mentre ero in classe. Il telefono vibrava con insistenza, così ho guardato: era l’ospedale. Ho risposto, chiedendo scusa ai bambini e pregandoli di far silenzio. La segretaria mi dice che la data è fissata per il primo di ottobre, fra dieci giorni circa.
Tornato a casa mi arriva un messaggio da mio papà, sempre attento ai santi del giorno, in cui mi dice che il primo di ottobre è santa Teresa di Lisieux. Santa Teresa di Lisieux è una santa che io amo. Ci sono alcune foto di lei, una in particolare di quando è piccola, in cui il suo volto di bambina è così penetrante, che ti fissa forte ed è così dolce che non si può non amare.
Bene, quando mio papà mi ha detto che quel giorno si ricorda santa Teresa, subito mi è venuto da piangere, spontaneamente e ho percepito che questa santa mi ha preso sotto la sua protezione. Lo sento davvero, la sento vicinissima e mi sembra che il mio corpo vibri di queste parole: “Non preoccuparti, ci sono io, ti proteggo io”. Che sensazione strana ed eccezionale! Non avevo mai provato nulla di simile prima d’ora… la vicinanza concreta di un santo! di Dio sì, lui lo sento sempre, ma di un santo no, quello non mi era capitato.
Non mi vergogno di dire queste cose, che per alcuni possono sembrare delle stupidaggini o al massimo delle suggestioni. Io credo nella potenza e nell’intercessione dei santi. Perdonami Lutero, ora sarai d’accordo anche tu con queste mie affermazioni
Oggi mi hanno richiamato da urologia dicendomi che l’intervento sarà il tre ottobre, non più il primo. Va beh, un po’ mi dispiace, ma ciò non toglie che continuo a sentire santa Teresa vicinissima.
Nuova telefonata da urologia: intervento rispostato al primo ottobre. Ancor più forte sento la presenza di questa meravigliosa donna e mi torna alla mente un fatto avvenuto la sera in cui tornando dall’ospedale, dopo che mi fu annunciato il tumore, andai a messa con Greta. Ancora provato da quella notizia, da quell’urto che mi aveva fatto traballare, durante la consacrazione mi affidai completamente a Dio, dicendogli che facesse lui, che la sua volontà, per quanto potesse risultare misteriosa e assurda, doveva necessariamente essere la migliore.
A quel punto vivo un’esperienza che qui tralascio, perché troppo intima, troppo forte. A spiegarla a parole si rischierebbe di far pasticci, di essere fraintesi, di far sorridere qualcuno, mentre la faccenda è estremamente seria.

DOPO

Ora che sono a casa, rientrato dall’ospedale, i miei pensieri vanno ai giorni che precedevano l’intervento.
Man mano che si avvicinava la data, aumentava in me la sensazione dell’abbandono, o meglio, dell’abbandonarsi. Iniziavo a capire di trovarmi nella tempesta, benché fuori fosse sereno. E tuttavia, pur nella tempesta, lì, in mezzo al mare, avevo una grande luce dentro di me, per cui il sole brillava comunque, sia fuori che nell’ animo. Scrutavo l’orizzonte con il volto di chi non ha più nulla da temere, nemmeno la morte, perché una forza superiore lo guida, lo sostiene, più esplicitamente lo tiene per mano, come un padre o una madre.
Ricordo che da piccolo i miei genitori mi tenevano per mano, papà da una parte e mamma dall’altra e mi facevano dondolare e fare capriole… e non avevo paura di niente, di niente! Perché c’erano loro. La morte non esisteva, il dolore era una cosa lontana, la povertà era la normalità, non avevo alcun desiderio, alcuna brama di possedere cose, ma solo di vivere al riparo sotto le loro ali. E mi bastava, era tutto quello che potessi volere, allora. Poi si cresce e molte cose cambiano.
Ma proprio durante questa malattia, consapevole di avere in me un motivo in più di morte, una doppia bomba pronta ad esplodere, ecco tornare quella sensazione, di essere protetti, non soli, non abbandonati. Certo tutto il mio ragionare, il sapere accumulato negli anni, i libri letti, lo studio, a volte mi sono d’intralcio a questo lasciarmi andare. Spesso vorrei non sapere, restare un ignorante per non farmi pare mentali, inganni raziocinanti, elucubrazioni infinite e superbe, che suppongono di dare un senso al tutto o quantomeno di cercarlo, e so bene che c’è, ma so anche che non mi appartiene, che è più in là di me. E tutto questo sapere gravoso, benché tante volte mi avvicini al buon Dio (anzi, posso affermare senza ombra di dubbio che la teologia e lo studio delle sue materie hanno aumentato la mia fede), questo sapere a volte mi è d’intralcio, come una corda tra i piedi che m’impedisce non solo di correre, ma anche solo di camminare al suo fianco, di diventare, tornare bambino pur da adulto.
È stata proprio la tempesta a liberarmi dei troppi orpelli, delle troppe paranoie. Il mare è grosso e vasto, immenso rispetto all’uomo… Quante volte diciamo: “Una goccia in mezzo al mare”? Eccomi lì, una goccia nel mare e una goccia non può opporsi alle onde del mare! può solo diventarne parte. Per cui nessuna rabbia mi spingeva contro le onde grosse, che non avrei saputo affrontare, che mi avrebbero tirato giù; ma la coscienza di lasciarmi andare, di abbandonarmi a quella massa d’acqua contro cui non potevo nulla, quello sì che mi faceva galleggiare.

Alberto Trevellin (Padova 1988), laureato in scienze religiose prima a Padova, poi a Venezia, è insegnante di religione. Sostiene che i bambini salveranno il mondo e che senza di essi non potrebbe vivere. La mattina, quando si sveglia, guarda verso il monte Grappa, per il quale ha un amore smisurato. Ama camminare tra le alte cime delle Dolomiti, correre in mezzo ai boschi, andare per sentieri sconosciuti. È sposato con una donna che crede affidatagli da Dio e ha due bambine bellissime quanto vispe.

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