Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato
Asini

Il loro raglio può arrecare simpatia o antipatia. Come quelle orecchie lunghe e irriverenti che colorano spesso e volentieri le minacce dei genitori e le prospettive degli insegnanti. Eppure – per uno di quegli strani casi della vita – fu proprio a lui, orecchie lunghe e pelo folto, che il Dio Altissimo chiese uno “strappo” in direzione di Gerusalemme. Non cambiò più di tanto nell’immaginario comune da quell’autostop divino: ma nel suo curriculum può vantare un Cliente di tutto rispetto. E’ davvero un peccato che sotto il cielo degli uomini se nasci asino tutti ti debbano guardare con sospetto e ignominia: «Purtroppo la mia previsione è che sarete pecore, che vi piegherete completamente alle usanze, che vi vestirete come vuole la moda, che passerete il tempo come vuole la moda (…) Rifletteteci! Ne avete l’età» (don L. Milani, Una lezione alla scuola di Barbiana).
Nelle strade di paese c’è la sagra del cinghiale, dei bigoli e dell’anitra, delle castagne e dell’uva. Delle ciliegie, della trebbiatura e dell’asparago: ogni occasione è buona per fare festa, perché nessuna casa deve essere senza la festa del cuore. Questo se lo raccomanda pure il Creatore. E allora, fra poche ore, zaino in spalla e matite colorate all’interno, si dà inizio alla “sagra dell’asino”, l’unica sagra che dura quasi trecento giorni all’anno. Dopo mesi di transumanza in giro per il mondo – chi a spaparanzarsi al sole, chi a studiare una lingua nuova, chi semplicemente a macinare vasche nei centri di villeggiatura – la campanella detterà l’inizio di una nuova avventura. Che per gli asini sarà tutta in salita, ma che per i docenti non sarà certo una passeggiata. Perché faticare e sudare sui libri per trasmettere cultura ad una testa d’asino non è poi il sogno migliore che alberga nel cuore di chi fa della scuola una ragione di vita. Loro arriveranno scanzonati e festanti, fischiettando il loro raglio e scalpitando nei corridoi delle scuole: si racconteranno di nuovi amori, di qualche veloce lettura, di simpatiche ed estroverse intuizioni partorite al chiaror di luna. Loro, i docenti-pastori, magari già da domani inizieranno a colorare l’orizzonte d’interrogazioni e di supposizioni, di esami ormai prossimi e di test da verificare: «E allora il maestro deve essere, per quanto può, profeta, scrutare i segni dei tempi, indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani. E che noi vediamo solo in confuso» (L. Milani). Inizierà quella strenua battaglia che, simpaticamente o meno, durerà fino all’approssimarsi della prossima estate. “Maledetti asini” – s’ostinerà a gridare qualcuno.
Eppure pensa che tristezza se – armato di registro, programmi e appunti – un docente entrasse in classe e la trovasse vuota. O, peggio ancora, piena di teste geniali: a che cosa servirebbe il suo insegnamento se non ad inanellare una gara di prestazioni tra geni che cercano gloria e docenti che vogliono saperne più dei loro geni: perché chi nasce docente deve sempre mantenere la linea di demarcazione con il resto del mondo. Per fortuna, rimangono loro, quegli asinacci da penultima fila a destra: laddove il termosifone si erge a compagno e confidente di chissà quante mattinate spese per vedere scorrere il tempo sull’orologio. Sono proprio loro la ragione della presenza del prof sulla cattedra: mancassero, a cosa servirebbe insegnare se tutti sanno già tutto? Sono loro la scommessa più bella: perché, se accesi, il raglio di un asino può oltrepassare la noiosa perfezione della melodia di chi è nato genio: «Spesso gli amici mi chiedono come faccio a far scuola. Sbagliano la domanda, non dovrebbero preoccuparsi di come bisogna fare scuola, ma solo di come bisogna essere per poter fare scuola» (don L. Milani).
Il confine è molto sottile, come nei pascoli d’altura: se l’asino è l’ignoranza, la scuola rimarrà una “riserva per geni”. Se l’asino è la possibilità di stupire, allora dal penultimo banco a destra arriveranno le risposte più inaspettate. Perché può anche darsi che, per qualcuno, nascere asino in un mondo di geniacci, più che un’offesa, sia una posizione fortemente custodita. Non c’è scuola più grande che pagare di persona.
Il maniscalco ha avvisato.

Buon anno scolastico a tutti i ragazzi/e!
don Marco



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