Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

GUadagnare 

Guadagnare è verbo-di-commercio: “Guadagnare mille euro al mese. Con il suo lavoro guadagna fior di quattrini”. Anche un verbo figurato: “A stare zitti, ci si guadagna. A esser gentili, con certa gente non si guadagna proprio nulla”. Da qualunque parte lo si guardi, è verbo d’arricchimento, anche quando è declinato nell’accezione dell’impoverimento: “Facendolo, non ho guadagnato una lira”. In quest’ultima accezione – che pare sminuire il verbo: “Hai perso solo tempo con quell’uomo!” – troneggia il vero profitto dell’economia: il gratis. Che, anche solo per assonanza, rimanda direttamente alla grazia: «Ti saluto, o piena di grazia» (Lc 1,28). Guadagnare, insomma, abita il campo semantico dell’investire: anche quando è mancato, è alla parola “guadagno” che si bussa per raccontare di noi.
Il Vangelo è il più splendido trattato-sul-guadagno. Trovate un uomo, la cui destinazione ultima gli stia a tremendamente a cuore, che non si pieghi all’urto di quella frase: «Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde o rovina se stesso?» (Lc 9,25). Che non s’innervosisca di fronte all’annunciazione di ciò che pare assurdità: «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te». La condizione di partenza, il cuore di tutta la trattativa, è da capogiro: siccome è l’altro a fare qualcosa di storto verso di me – mi viene da dirgli “Convertiti, caro, chiedimi scusa” – allora sono io che devo andare verso di lui per tentare in tutti i modi di raddrizzarlo. Mai, prima dell’avvento di Cristo, si era sentito qualcuno dire che l’offeso dovesse compiere il primo passo nei confronti di chi gli procura l’offesa. Eccola l’inaudita genialata Sua: (Ti ha offeso?) «Va’, ammoniscilo fra te e lui solo». Siccome ti ha offeso lui, fai tu il primo passo-di-cucitura. Sono robe da matti, oppure sono robe-da-Dio, robe da santi. Perché riconoscere un fratello in chi ti offende è sola-grazia: «Se tuo fratello», recita il Vangelo. Non è roba di poco conto quel particolare d’identificazione: siccome scorgo in lui le sembianze del fratello – pur cafone, offensivo, farabutto – allora farò di tutto per cercare di non rimanere figlio-unico. Essere-figlio-unico: nessun sogno supera questo, il privilegio di dire che Dio è padre-mio. Siccome, però, quando si bussa alla sua porta occorre professare la parola in codice Padre nostro, allora il mio fratello, pur burbero, me lo devo tener caro. Quando mi offende – e certe offese sono omicidi – ad offenderlo non ci guadagno nulla. A sorprenderlo con una porta-aperta, se mi ascolta, ottengo l’impensabile: «Avrai guadagnato un fratello».
“La solita passività cristiana”, dirà qualcuno quando ode quest’apparente assurdità del guadagno. Lo è, visto che solo l’Assurdo ci potrà ormai salvare: a ragionar da uomini, il perdono è debolezza. Che poi mica è scontata la buona-riuscita. Una, due, tre carezze: «Se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano». “Che cosa avete guadagnato, gente? Avete perso tempo e basta con quell’uomo?” Eccolo l’inaudito del Vangelo: a tentativo fallito, siccome ci hai messo tutto l’amore, rimarrà la bellezza d’averci provato. E “provarci”, nel gergo di certe città, è verbo-amante: “Ci hai provato con quella ragazza, con quell’uomo, vero?” Ci si prova anche col fratello che offende: per certi amori vale l’arte del rammendo, cucitura con ago-e-filo. Strappati, sono da recuperare al più presto. Che nessuno dica “è tempo perso”: «Voi sorridete della mia ripetizione, tanto è chiara la cosa. Ma sono appunto le verità chiare che non sono capite» (Primo Mazzolari). Nel peggiore dei casi – «Se tu avverti il malvagio della sua condotta perché si converta ed egli non si converte, morirà per la sua iniquità, ma tu ti sarai salvato» (Ez 33) – a salvarci sarà il tentativo.
Certi Vangeli sono da vertigine: non si può leggerli due volte senza rider-dietro a Cristo. Poi, però, penso che Lui non mi svergogna mai sul palcoscenico della storia. E la vertigine raddoppia: temo faccia così perché impari il mestiere.

(da Il Sussidiario, 9 settembre 2017)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 
«Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. 
In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.
In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Matteo 18,15-20).

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