Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

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Una mamma attraversa la strada. Per mano, il figlio, sul monopattino. Al guinzaglio, il cane. Gli occhi al telefono. La testa? Chissà dove… tant’è vero che il monopattino (e il figlio con esso) scivolano per terra.
La madre sembra quasi più seccata dei possibili sguardi della gente e del loro giudizio sul rallentamento al passaggio pedonale, piuttosto che sincerarsi delle condizioni del figlio e del motivo per cui è caduto. Forse, perché lei per prima è soggetta alle stesse forze che hanno spinto il figlio a cadere. La distrazione e la costante ricerca di qualcosa che vada al di là di ciò che stiamo vivendo.
È solo un episodio. Non conosco né la donna, né il bambino, né il cane. Né intendo mettere in discussione l’affetto, la cura e l’impegno con cui lei, così come tante nostre mamme fanno i salti mortali per conciliare famiglia, lavoro e tempo libero.
Tuttavia, mi ha fatto riflettere, perché rappresenta, in modo esemplare, il morbo della contemporaneità.
Facciamo tante cose, a volte troppe, ma, spesso, diventiamo incapaci di assaporarne ciascuna fino in fondo, per quanto siamo già protesi verso qualcos’altro, che ancora non è iniziato, ma verso cui, ormai, tendiamo già il nostro essere, i nostri pensieri, le nostre intenzioni e le nostre programmazioni.
Questo modo di fare rischia di rovinarci quella “parte migliore” che Gesù garantisce che, a Maria come a noi, non verrà tolta. A patto che accettiamo di prendercela, questa parte migliore.
A patto che decidiamo di vivere con intensità, invece di lasciarci vivere, abbandonati a quello che verrà dopo, senza però abitare in pienezza quel momento presente, irripetibile, che ci è offerto e non tornerà più indietro, nuovamente disponibile per noi.
La vita è fatta di piccoli attimi, che, inanellati uno dietro l’altro, danno forma a quel “tesoro inestimabile” che è il tempo a nostra disposizione.
Quante volte ci siamo lasciati irretire dalla realtà virtuale, ormai così diffusa e, così facendo, ci siamo persi frammenti non replicabili?
Un sorriso, uno sguardo, guardare un figlio che cresce, dedicare del tempo esclusivo ad un anziano, nonostante non riteniamo il tempo speso con lui interessante od avvincente: sono tutte attività che richiedono l’esclusività del nostro tempo, senza che sia frammentato e condiviso fra azioni di differente natura.
Siamo circondati da macchine che propongono il multitasking come il non plus ultra dell’offerta del nostro secolo. In realtà, se non siamo in grado di fermarci un attimo, fissando lo sguardo su un dettaglio per volta, il rischio è quello di aumentare l’estensione del nostro sguardo sul reale, ma senza aumentarne di un micron la profondità di sensazione e, conseguentemente, di speculazione.

 


Fonte immagine : Pexels

 

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