2810311523 sparatoria-palazzo-chigi-foto-10Di fronte alla violenza cieca e insensata, si rimane sempre un sgomenti, annichiliti, annientati. Un po’ a disagio in ogni caso, inadeguati, impotenti e persino un po’ storditi.
Quando capita lontano, pur non essendo giusto, istintivamente ci viene da pensare che sia troppo lontano per poterci riguardare davvero. Che è un problema sì, ma che riguarda altri. E se riguarda noi è solo in parte, solo un pochino. Non ci sentiamo davvero toccati, insomma.
Questa volta però si tratta di Roma, la Capitale, proprio nel cuore della città, a un passo dalle istituzioni. Ma le vittime sono forze dell’ordine. Viviamo in un mondo talmente al contrario, che invece di avere una Piazza Tien an Men, da noi a rimanere feriti sono i soldati, colpiti da civili.
Alcuni spari in una piazza di Roma. A cadere sono due carabinieri, mentre una donna incinta rimane ferita di striscio. Ma avrei potuto essere io. O tu.
Sette i colpi esplosi, in una tranquilla domenica d’aprile, uguale a tutte le altre mattine, non fosse per la simbolica importanza, dovuta al giuramento sulla Costituzione che i Ministri stavano prestando proprio in quelle ore.
L’uomo che ha confessato di aver sparato è un uomo di 49 anni, calabrese, muratore a Predosa (Alessandria), sposato, un figlio, da poco aveva perso il lavoro, si era separato dalla moglie ed era tornato in Calabria. Suo fratello afferma con forza che non è infermo di mente, è solo disperato.

Queste le parole dell’attentatore in questura:

“Io avevo perso il lavoro; vedevo tutti questi politici che rubavano, mangiavano e bevevano. Sono dovuto tornare a vivere a casa dei miei genitori a cinquant’anni. Non è giusto, non è possibile. Volevo fare un gesto eclatante. Ho visto una divisa, per me rappresentava le istituzioni e ho aperto il fuoco. Ho sparato ma non ce l’ho con i carabinieri ma con questi stronzi che ci hanno ridotto alla fame. La gente è disperata. Avete visto quella mamma che ha strangolato il figlio a Bergamo?”. 

Non è una situazione così difficile da immaginare, in un periodo di crisi economica, com’è quello attuale, in cui i suicidi sono all’ordine del giorno, a evidenziare l’ampiezza e la gravità del dolore che provoca la perdita di dignità.Ma qui ci sono dettagli importanti che portano in ben altra direzione. Difficile parlare di disperazione, quando c’è una premeditazione tale che la pistola usata ha la matricola abrasa. Non si può parlare di raptus, come si fa per gli omicidi dettati dalla gelosia. È evidente come non abbia agito d’impeto, essendoci anche immagini che testimoniano come abbia avuto tutto il tempo di prendere la mira, puntare e fare fuoco. Il cambio di obiettivo (non un politico, ma i carabinieri) quello sì, può essere stato dato dall’aver perso la pazienza, dall’essersi stancato di aspettare e, una volta fermato, ha deciso di fare fuoco.
Complesso quindi interpretare questo gesto, così inaspettato da lasciare senza parole né possibilità di replica.
Ma ciò che più lascia interdetti ed esterrefatti è leggere commenti in cui addirittura si trova un risvolto positivo in questo atto ed il massimo che si trova da ridire è uno “sbaglio di mira”. Questa frase è molto grave, perché giustifica la violenza come forma di protesta. E questo è decisamente molto, molto rischioso. Perché autorizzare la violenza significa sostanzialmente dare il via a una spirale senza fine, che tocca tutti e non risparmia nessuno. È una follia cieca, che cambia continuamente il proprio obiettivo, perché riuscirà sempre a trovare nuovi motivi di rancore. Senza contare che il rischio di sbagliare il bersaglio è oltretutto troppo alto perché si possa anche solo pensare di esaurire nella violenza il desiderio di ribellione e di cambiamento che una situazione difficile come quella odierna può scatenare nell’animo delle persone.
Posso comprendere la più che condivisibile apatia e insoddisfazione di fronte ad una classe dirigente che si dimostra incapace di fare gli interessi del Paese, ma che sembra vivere in un mondo tutto suo, incapace perfino di vedere le reali esigenze delle persone. È allora più che immaginabile la rabbia, la frustrazione e la delusione di vedere inascoltato il grido d’aiuto di una nazione intera, mentre i politici paiono del tutto inefficienti e inadeguati, estremamente rallentati anche nello svolgimento delle funzioni più elementari da una burocrazia lenta e farraginosa.
Tuttavia, nulla di tutto ciò può né potrà giustificare il ricorso alla violenza. Dovrebbe bastare, come monito, il ricordo della Rivoluzione Francese. Da alcune rivendicazioni sostanzialmente giuste e comprensibili, si è a poco poco sfociati in un clima di terrore che ha trovato la sua conclusione nell’assurda uccisione degli stessi fautori del cambiamento e dell’innovazione.
In ultimo, ma decisamente non meno importante, è da sottolineare il dramma di una famiglia. Non per cercare pietismo, innanzitutto perché già dall’immagine pubblica che ha scelto di mostrare arriva un grande sentimento di dignità e compostezza, ben lungi dal vittimismo mediatico cui siamo ormai assuefatti. Dobbiamo tuttavia guardare a questo dolore, perché è necessario. Perché potrebbe essere il nostro. Non c’è alcuna differenza. Negli occhi di quella ragazza di 23 anni che, a pochi mesi dalla morte della mamma, si trova ad affrontare questo dramma c’è la stessa sofferenza che c’è negli occhi di tante altre persone, con l’aggiunta di un pizzico di incredulità. Perché nulla poteva far presagire, quella domenica mattina, un rischio maggiore di altri giorni.
E invece, il brigadiere Giangrande si è trovato riverso a terra, sanguinante, ferito dai colpi di pistola. “Segni di danno midollare ai quattro arti”: così recita il bollettino medico. Il militare è sedato e ventilato, ma corre fortemente il rischio di rimanere paralizzato a tutti gli arti, a seguito di questa sparatoria.
Dopo questa tragedia (perché episodi del genere lasciano – sempre e in ogni caso – un segno profondo) siamo tutti un po’ più poveri, un po’ più soli, un po’ più insicuri. Perché se in pieno centro, a Roma, è possibile che esplodano sette colpi di pistola, contro due carabinieri e una passante, in pieno giorno, una domenica mattina, significa che potrebbe succedere dovunque, in qualunque posto, a qualunque ora del giorno.

Alcune Fonti:

Video con le parole del fratello

Grillino shock

Video – conferenza stampa della figlia del brigadiere Giangrande

Convalida dell’arresto

Preiti prende la mira

La traiettoria dello sparo

You Reporter

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