“In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.” (Vangelo di Giovanni cap. 2 vv. 1-12)

Nella vita tutti serbano il ricordo in uno scorcio di tempo cui legano la loro maturità.
Tutti! Anche Gesù.
Oggi lo zoom dell’evangelista si pianta a Cana di Galilea. Pranzo di nozze. C’è festa, allegria, serenità. Come dovrebbe essere sempre nella vita. Però, come sempre nella vita, capita l’inghippo: viene a mancare il vino. Oh, attenzione: manca il vino! Non il pane, il companatico, i sottaceti o e tartine. Il vino! Uno potrebbe dire: “Che vuoi che sia! Meglio, così non si ubriacano e non cominciano a fae gli scemi”. Senonchè nella Scrittura Sacra il vino è il simbolo della gioia. Già, don Marco, cos’è la vita senza gioia? Un castigo, un macello, un disastro. Un quadretto di vita familiare commovente, quindi. E qui, al calare del vino, s’accende un siparietto tutt’altro che lineare intessuto tra una madre e un figlio. La madre spinge per un piccolo miracolo – d’altronde in lunghi anni di silenzio ha intuito le sue potenzialità – il Figlio tiene nascosta la sua ora in cui intervenire come un bracconiere che s’apposta con pazienza per afferrare la preda. “Che c’è tra me e te, o donna?” Risposta che avrebbe scoraggiato chiunque. Non Maria che, come niente fosse, dice ai servi: “Fate quello che vi dirà”. Sa che Gesù farà ciò che gli chiede. Sia perché è venuto apposta per portare la gioia, sia perché sa che a chi accetta le sue rotture e si fida di lui (ma sul serio) non dice mai di no.
Sullo sfondo “sei giare di pietra per la purificazione del Giudei”. Necessarie per la purificazione. Squallide nella loro immobilità, ingombranti nella loro ampiezza, gelide perché di pietra. Giare “panciute, maestose… come una badessa” – direbbe Pirandello. Sei, tra l’altro. Non sette: simbolo malinconico di ciò che non giungerà mai alla perfezione. Ebbene, di fronte a questa immobilità che somiglia al cibo avariato, Maria avverte che la Legge ha fatto la sua storia, che la legge di Mosè è importante ma non è più tutto, che il passato è stato fotocopiato quanto basta, che la novità deve irrompere, che gli argini vanno spaccati per irrorare i terreni vicini. E sollecita il cambiamento.
Scrivilo!

Mi sembra di vederla questa madre: premurosa, preoccupata, orgogliosa di poter intervenire sul Figlio. Non hanno più vino! La storia d’amore di questa giovane sposa inizia con un’umiliazione, sono parenti. Un piccolo miracolo e la festa continua. E sembra di vedere questo Figlio che vuol rimanere ancora un istante nell’anonimato, che vorrebbe rimanere ancora per qualche attimo il falegname di Nazareth. Possedere una madre, un angolo di silenzio, un letto in cui abbarbicarsi al tramontar della luce. Se lo riconosceranno sarà la fine della sua privacy.
Ma le donne non cedono.
Le mamme: figurati, non si rassegnano, decidono che anche l’impossibile si può sciogliere. Il vino serve: è proprio convinta Maria. E stavolta il Figlio cede. E in questo suo cedere firma l’inizio di mille miracoli, di altrettanti stupori e ravvedimenti, di infinite gioie e insperati recuperi. Maria ha vinto: per la prima volta. Poi Maria non vincerà più. Meglio ancora: non parlerà più in tutti i Vangeli. Vedessimo il volto di Maria, lo vedremmo raggiante: guarda il Figlio (il suo bambino), scava gli occhi dei commensali che bevono un vino dal gusto insperato. E’ felice, Maria. Così felice che vorrebbe che tutto si fermasse qui, alla tavola imbandita di Cana di Galilea: questo sotterfugio di gioia, questo piccolo trionfo, questi piccoli uomini che s’accodano come discepoli. Maria non sa che ha anticipato tutto. La macchina dei miracoli è partita, è stata lei a scegliere l’ora. Lei l’ha mossa e non immagina dove la porterà! Non sa dove la porterà, ma conosce la fatica d’aver acceso questa partenza.
In un villaggio si organizzò una festa. Tutti furono invitati a contribuire con un fiasco di vino da versare in una grande botte. Quando cominciò la festa si aprì il rubinetto e ne venne fuori acqua. Ciascuno aveva detto: “Se metto un fiasco di acqua in una botte di vino, nessuno se ne accorgerà”, ma non aveva pensato che tutti avrebbero fatto come lui.
Giocando al risparmio l’acqua rimane acqua!
Dovrò ripetermelo spesso. Prima di tutto tra i muri di casa mia questa settimana.
GOD BLESS YOU!
Buona settimana