tradimentoE che importa se Lui è il Signore? Gliel’ha spiegato Pietro mentre pescavano col sole a picco, gliel’ha rinfacciato la donna cananea mentre chiedeva briciole di pane-fede, gliel’ha ricordato il centurione con la figlia morente. Puoi chiamarti anche Gesù di Nazareth, ma non cambia poi tanto: le promesse vanno mantenute. Sopratutto quelle che parlano dell’amore, perché i sentimenti sono una terra delicata da abitare. Nemmeno Geremia Gliele risparmia: “Mi hai sedotto, Signore, e mi sono lasciato sedurre.” “Sedotto” – dice -. Cioè attratto con un fascino irrazionale, come si circuisce un inesperto con false promesse perché stupidamente acconsenta alle manovre di chi è più astuto. E’ un Dio seduttore che conosce le regole del gioco dell’amore: scruta (sin nel grembo materno), s’innamora, parte da lontano e lentamente seduce fino a far cadere ai Suoi piedi l’umana passione. E dopo la seduzione, la responsabilità: perché Tu sei Dio e non giochi con l’uomo da Lassù. Geremia non la voleva questa promozione: l’ha accettata, se n’è fatto carico, l’ha addentata. Non è pentito: la fedeltà alla vocazione e l’attaccamento al proprio Dio non l’hanno mai seriamente abbandonato. Più semplicemente, lui avrebbe desiderato un po’ di comprensione almeno da parte del suo Dio. Ma anche da lì sembra venire la solitudine. E’ lo sfogo di un uomo che ha messo in gioco tutto se stesso, che paga, che vorrebbe che almeno Dio fosse dalla sua parte. C’è un popolo imbecille attorno che mistifica la realtà: “Tutto bene, anzi molto bene. Eppure bene non va” (6,14.8,11). E’ disarmato Geremia.

Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre;
mi hai fatto violenza e hai prevalso.
Sono diventato oggetto di derisione ogni giorno;
ognuno si beffa di me.
Quando parlo, devo gridare,
devo urlare: «Violenza! Oppressione!».
Così la parola del Signore è diventata per me
causa di vergogna e di scherno tutto il giorno.
Mi dicevo: «Non penserò più a lui,
non parlerò più nel suo nome!».
Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente,
trattenuto nelle mie ossa;
mi sforzavo di contenerlo,
ma non potevo.
(Dal libro di Geremia cap. 20 vv.7-9)

Disarmato e impotente perché Dio sembra non essere di parola. La sua amarezza sfiora la bestemmia perché Dio sembra essere un traditore: “Tu sei diventato per me un torrente infido, dalle acque incostanti” (15,18). Ci sono torrenti che alle piogge invernali sono gonfi di acque abbondanti, ma poi d’estate si disseccano: non ci si può fidare di loro. Nel momento del caldo o della sete ti abbandonano. Così sembra essere al profeta la promessa di Dio. Discute con Lui e vorrebbe mandare all’aria tutto: “Pensavo: non mi ricorderò più di lui, non parlerò più in suo nome” (20,9). E’ il picco massimo della disperazione. Una preghiera sconcertante che attesta una verità: Dio non si scandalizza quando il sofferente protesta, si dispera e lancia il suo ultimo grido. Lo vuole libero e nudo di fronte a Lui per scoprire che nel profondo della sua anima c’è una fedeltà che non gli permetterà mai di smettere: “Ma nel mio cuore c’era un fuoco ardente. Mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo” (20,9b). Non si esce mai indenni da un incontro con Lui: c’è gioia suprema e sofferenza disumana.
Geremia non è un disfattista, è semplicemente un uomo lucido. Egli vede che il peccato ha minato ogni cosa, stravolto tutte le istituzioni. Israele ha saputo persino rovinare il perdono di Dio, la sua pazienza e fedeltà. Tant’è vero che, malgrado le ripetute minacce del Signore, il popolo ha smesso di avere paura. Basta un po’ di pentimento – dice la gente – e Dio è sempre pronto a perdonare: non è forse il Dio fedele? Così la fede nella bontà di Dio è rovinata. Non è più il peccato dei deboli (che merita sempre il perdono), ma è il peccato dei furbi e questo non merita il perdono. Anziché uno stimolo al bene, la fiducia nella fedeltà di Dio si è tramutata in una falsa sicurezza che spinge al male. E’ una cosa che Dio non può sopportare. Dio è così costretto a dimostrare che la sua pazienza ha un limite. Il solito buon Dio di una certa morale borghese viene spazzato via per lasciare il posto al Dio esigente e giusto.
Che ama alla follia. Perché Lui dell’Amore è l’espressione più ardita.

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