Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

Si: sono
fortunato perché – come canta Jovanotti – "m’hanno regalato un sogno". Il sogno
d’essere prete: tra la gente e per la gente. Fortunato perché d’estate la mia
parrocchia è "senza fissa dimora" grazie alle attività che, spinte dal genio e
dall’inventiva, respirano aria a diverse latitudini. Vivere tre settimane a
Foza con 150 bambini della mia parrocchia di Sacra Famiglia m’ha rispolverato una
vecchia pubblicità che da bambino m’accendeva il sorriso sul volto. Tonino
Guerra, in uno spot della Unieuro, gridava: "Gianni, l’ottimismo è il profumo
della vita"
. E chi, meglio di un bambino, conosce l’arte d’essere ottimista?
Tutti siamo stati bambini una volta – ci ricorda A. de Saint-Exupery – ma
quanti di noi se lo ricordano? Meglio ancora: quanti di noi non si vergognano
ad ammetterlo? Eppure ogni uomo nasconde dentro di se il bambino che è stato:
le mani sui gomiti, i riccioli sui capelli, la paura d’essere pescati,
l’incredulità per una scoperta, lo stupore di un incantesimo. E poi le mille
espressioni che i bambini regalano: dubbi, paure, preoccupazioni, richieste di
perdono, tenerezza, grazia, bramosia. Bramosia soprattutto: di diventare grandi,
capaci, geniali. Sono venti giorni che ogni mattina, al sorgere del sole, li
sento sgolare sulle note di una melodia: "Ma che senso ha ascoltare e non
cambiare. Regaliamo al mondo quella pace che non può aspettare più"
(L.
Pausini).
Proprio!
Che senso ha ascoltare e non cambiare? Per un prete. Per un elettricista. Per
un maestro. Per uno scienziato. Per uno scolaro. Per una mamma. Per un papà! Ma
che senso ha ascoltare un bambino e non cambiare? Li guardi e pensi a che mondo
arrabbiato stiamo facendo trovare loro: insofferenti, con sorrisi di
circostanza, aggomitolati di formalità, allegri fuori e disperati dentro.
Persino la tv e i comizi inseriscono le risate pre-registrate perché non
riusciamo più nemmeno a ridere. Guarda se non aveva ragione Povia qualche
estate fa: "i bambini fanno ohhh… i cretini fanno boh!".
Cacciare
gli aquiloni a Kabul era il gioco preferito dai bambini. E cacciando gli
aquiloni dipingevano il cielo di colori sgargianti, di acrobazie e di misteri.
Ma K. Hosseini nel suo romanzo Il
cacciatore di aquiloni
c’avverte che non sempre il tempo guarisce le
ferite! E se per tutta la vita dovessimo rincorrere il bambino che siamo stati
e che abbiamo abbandonato?

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