Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato
abbraccio

Alla fine ha deviato – rompendo per l’ennesima volta il rigido protocollo di Santa Romana Chiesa – e s’è avvicinato a quell’uomo tinto di bianco e con il zucchetto in mano, quasi in segno d’ossequio. Ne è nato l’abbraccio che il mondo attendeva da così tanto tempo che nemmeno più l’immaginava possibile, tant’è discreto quel filo d’amicizia e di reciproca simpatia che da sempre li unisce: Francesco e Benedetto si cercano per abbracciarsi. E’ stato forse il momento più imbarazzante del Concistoro di domenica scorsa: ancor più di quei diciannove cardinali di novità vestiti e chiamati dai posti più inaspettati, più insperati, meno quotati. Ancor più dei loro volti, delle loro storie e traiettorie, di quel vento di sorpresa che da quasi un anno sta scompigliando le carte e i brogliacci di chi nemmeno immaginava di cosa fosse capace lo Spirito d’Iddio quando firma qualche colpo d’ali, nel gesto più tipico dell’amore. Francesco e Benedetto, il passato e il presente, la lucida introspezione e l’ardire dell’esploratore. Due Papi e un’unica sollecita occupazione, fors’anche preoccupazione: rimettere Cristo al centro della Chiesa. Lui e non altri. Altro.
In quell’abbraccio sta nascosto il sapore e la sapienza di ciò che in troppi vorrebbero sciacquare. Tutti presi dal fare paragoni, dall’incallita voglia di smascherare le differenze e inventarsi le divergenze, dalla luciferina passione d’infittire di sospetti ciò che per sua natura è fontana di luce forse hanno smarrito il vero significato di quel reciproco cercarsi: non è vero che l’unica cosa che conta è dove uno riesce ad arrivare. E’ vero il contrario: importa solo da dove uno proviene. E Francesco proviene da Benedetto, come Benedetto proviene da Giovanni Paolo II e quest’ultimo da Giovanni Paolo I. Poi giù, a dar di conti fino a Pietro, colui che provenne dal Cristo di Nazareth. E’ la catena ininterrotta di una storia che viene da lontano e che reca nel suo cuore il sapore di migliaia di anni e di fiumi di sangui, di un album di martiri e di splendide intuizioni di pensiero, di santi capaci di ragione e d’altri capaci di manuale passione. Di uomini d’Iddio ai quali il Cielo ha affidato l’ardita scommessa d’essere voce e sorriso di un Cielo mai stanco d’inseguire l’uomo nel dare il meglio di sé. E questo Francesco lo sa: lo sente, lo offre, lo incoraggia.
S’abbraccia con Benedetto, ed è questa forse la vera “rottura” che da mesi tanti cercano di celebrare: la rottura di chi non firma uno strappo ma di chi è capace di raccogliere un testimone per tentare d’esplorare con più ardire il futuro, forte di una memoria sulla quale un altro ha costruito le fondamenta di tale possibilità. Al Papa delle periferie di Buenos Aires toccherà il coraggio d’andare incontro all’uomo dov’esso vive, e assieme portarci la sua Chiesa: per conoscere e farsi conoscere, toccare e lasciarsi toccare, visitare e farsi visitare dai poveri che ancor oggi odorano di Vangelo. Ma per partire occorre prima sapere chi siamo, da dove veniamo, di quale amore siamo capolavori: il cristianesimo non racconta un’avventura di vagabondaggio ma la storia di un pellegrinaggio, alle sorgenti dello stupore. Francesco s’è messo i calzari ai piedi e s’è incamminato spedito, persino imbarazzante nella sua velocità; eppure in mano tiene una cartina – la geografia di un viaggio – che gli ha lasciato in dono il Papa pensatore. Che ha tracciato un percorso, ha individuato una mèta, ha studiato il tempo migliore per partire senz’arrischiarsi d’impantanarsi. Uno intraprende il viaggio, l’altro l’ha pianificato. Un Altro ancora l’ha approvato.
Due Papi che s’abbracciano: umili, discreti, evangelici. Più di tante parole vale quel gesto, improvviso com’è improvviso il balenare fulgido di una cometa. Un gesto nel quale memoria e futuro s’abbracciano per dipingere il presente.

(da L’Altopiano, 1 marzo 2014)


Per i cercatori di Dio, segnalo che giovedì 27 febbraio 2014, presso la Parrocchia del Sacro Cuore di Schio, VI (via Pietro Maraschin, 79 – 0445 520564) ci sarà una serata di riflessione e di provocazione dal titolo La sorpresa di Francesco. Ad un anno dall’elezione a Pontefice di Jorge Mario Bergoglio, il ritratto scompigliato di una Chiesa di frontiera firmato a un Papa col nome del giovane folle di Assisi, Francesco.

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