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«Abortito da 24 ore: sgambettava ancora»Il drammatico racconto del cappellano dell’ospedale. Il piccolo abbandonato vivo per un giorno. Parte l’inchiestasylvester-stallone-rocky-photograph-c12142815
di Antonio Capano, da “Avvenire”, 27 aprile 2010, pag. 4

DA ROSSANO (COSENZA) – Ha dell’incredibile quanto accaduto all’ospedale di Ros­sano (Cosenza) dove un feto, ufficialmente alla ven­tiduesima settimana di gestazione, espulso durante un aborto «terapeutico», è sopravvissuto per circa 24 ore no­nostante il neonato non abbia ricevuto alcun tipo di assistenza dopo aver visto la luce. È sta­to il cappellano ad accorgersi, il giorno dopo, che il bimbo era vivo («sgambettava ancora»), ma la corsa in un ospedale più attrezzato non è bastata a salvarlo. Una vicenda che lascia in­creduli e apre una serie di interrogativi. Il sot­tosegretario alla Salute Eugenia Roccella ha già fatto sapere che saranno inviati ispettori «per accertare che cosa sia effettivamente accaduto, e verificare se sia stata rispettata la legge 194».
Sabato mattina la gestante era stata ricoverata per l’intervento di interruzione della gravidan­za, decisa per una malformazione del feto. Ma, secondo quanto si è appreso da fonti sanitarie, sembra che, dopo essere stato «espulso», il neonato sia stato lasciato in un locale nei pressi della sala parto e che, a distanza di ore dall’intervento, nessuno abbia verificato l’effettivo de­cesso. E domenica mattina – a quasi 24 ore dall’aborto e sen­za che nessuna cura fosse stata praticata al neonato – il cap­pellano dell’ospedale civile, don Antonio Martello ha sco­perto che bimbo era vivo. «Ho raggiunto il reparto di mater­nità – racconta – per pregare, come di consueto dopo gli a­borti, vicino al feto. Subito mi sono accorto che quel piccolo era vivo, respirava e sgambettava. Di qui la mia segnalazione al medico di guardia che ha provveduto ad attivare l’assistenza necessaria, in seguito alla quale si è però reso indispensabile il trasferimento presso il centro di neonatologia dell’ospeda­le dell’Annunziata di Cosenza, dove in nottata (tra domenica e lunedì), purtroppo, è avvenuto il decesso».

La gravità del fatto – aggiunge don Martello – risulta dall’ap­parente inottemperanza della legge 194, che prevede che il me­dico assista il feto nato vivo. Non è pertanto, sostiene il sa­cerdote, un problema etico o religioso, ma quanto accaduto tocca la sfera della professione medica e quella del rispetto della legge. La malformazione del feto, emersa dall’ecografia – conclude don Martello – che aveva indotto a interrompere la gravidanza riguarderebbe il viso, anche se il corpicino sem­brava non presentasse altre anomalie». Nonostante le solle­citazioni, nessuna dichiarazione finora da parte dell’Azienda sanitaria.
«Se le notizie dovessero corrispondere al vero – commenta il sottosegretario Roccella – si tratterebbe di un gravissimo ca­so di abbandono terapeutico di un neonato fortemente pre­maturo, probabilmente anche con una qualche forma di di­sabilità: un atto contrario al senso di umana pietà ma anche a qualsiasi pratica medica deontologica». Gli ispettori del mi- nistero dovranno verificare eventuali violazioni della legge 194 «che vieta l’aborto quando ci sia possibilità di vita auto­noma del feto e lo consente solo se la prosecuzione della gra­vidanza comporti un pericolo di vita per la donna. Ricordia­mo che un bambino, una volta nato, è un cittadino italiano come tutti gli altri, che gode dei diritti fondamentali – tra cui il diritto alla salute e quindi ad essere piena­mente assistito».
Un’inchiesta è stata aperta subito dopo il ri­trovamento del feto ancora in vita. Le indagi­ni sono coordinate dal procuratore capo del­la Repubblica di Rossano, Leonardo Leone de Castris e dal sostituto procuratore Paolo Re­mer, e condotte con la collaborazione del per­sonale del locale Commissariato diretto da Gerardo Di Nunno: pare che alcune persone siano state già iscritte nel registro degli inda­gati. Nei loro confronti, già nella giornata di oggi, potrebbero partire gli avvisi di garanzia, anche perché appare ormai certo che si pro­cederà con l’autopsia sul corpicino del neo­nato, che dovrebbe tenersi domani, una volta conferita la pe­rizia tecnica. Dopo il sequestro della cartella clinica, sono pro­seguite anche nella giornata di ieri le audizioni di persone informate sui fatti, al fine di individuare le eventuali respon­sabilità dell’accaduto, anche perché con la morte del neona­to, potrebbe profilarsi l’ipotesi di un’accusa di omicidio.



Su quel minuscolo neonato lo sguardo che sa vedere un uomodi ASSUNTINA MORRESI, da Avvenire, 27 aprile 2010, pagina 2
Non ce l’ha fatta, ma ce l’ha messa tutta, il piccolo sopravvissuto a un aborto a ventidue settimane di gravidanza a Rossano Calabro: il primo giorno di vita – sabato – l’ha passato da solo, dimenticato da tutti, abbandonato in un angolo, avvolto in un fagottino da qualche parte nell’ospedale in cui era stato abortito, finché un prete, venuto la mattina dopo a pregare per lui, si è accorto che era ancora vivo e ha dato l’allarme, ma non è bastato a salvarlo. Ed è morto la notte stessa, in un altro ospedale dove era stato trasferito per tentare un salvataggio tardivo, ormai impossibile.
Nel diffondere la notizia, ieri, i media hanno cercato di mascherare l’orrore usando un linguaggio surreale: si tratterebbe di un «errore» del personale sanitario che «non ha monitorato il feto dopo l’espulsione». Ma un essere umano lo chiamano ‘feto’ finché sta nella pancia della sua mamma: una volta che ne viene fuori è un neonato. E poiché l’aborto a ventidue settimane è in sostanza un parto indotto, la verità è che sabato scorso è venuto al mondo un piccolissimo neonato fortemente prematuro, e nessuno si è accorto che era vivo perché non doveva esserlo: era ‘solo’ un aborto.
E invece avrebbero dovuto far di tutto per salvargli la vita, addirittura secondo quella stessa legge 194 invocata per abortirlo: se c’è possibilità di vita autonoma per il nascituro – si legge all’articolo 6 – la gravidanza si può interrompere solo se la madre è in «grave pericolo di vita» – si badi bene, solo in questo caso – e il medico deve «adottare ogni misura idonea» per salvare il figlio. Sostanzialmente, la legge dice che se una donna con una gravidanza avanzata rischia di morire, ma il figlio che ha in grembo ha qualche possibilità di sopravvivere, l’aborto è vietato e il medico la fa partorire per salvarle la vita, cercando di salvare pure il piccolo. Un parere recente del Comitato nazionale per la bioetica – che riguardava le cure riservate ai grandi prematuri, cioè ai nati molte settimane prima del termine naturale della gravidanza – invitava a una adeguata applicazione di questa parte della 194, ribadendone la forte indicazione per una salvaguardia della vita del nascituro, quando ce n’è la possibilità Sembra però che l’aborto sia stato effettuato perché il piccolo era malformato: una pratica eugenetica, quindi, che non è consentita dalla legge ma che purtroppo pare essere la realtà della stragrande maggioranza degli aborti tardivi.
Sicuramente bisognerà verificare con il massimo rigore se la legge è stata rispettata. Ma non è solo questo il punto che ci interessa: la gravità assoluta di quanto successo, se tutti i fatti fossero confermati, è che quando il piccolo è nato, a quanto pare, non l’hanno neppure guardato. L’hanno lasciato in un angolo, come un oggetto senza valore. Forse un minuscolo essere umano, pur abortito e malformato, non merita attenzione? Non a caso, ad accorgersi che era vivo è stata una persona che era andata a pregare per lui, e che voleva farlo accanto a lui: quel sacerdote era andato a pregare per un altro essere umano. Gli è andato vicino, lo ha guardato, e ha visto che era un proprio simile.
Piccolissimo, ma esattamente come lui.
Non è stato un clinico particolarmente abile a riconoscere i segni di vita del piccolo, ma un uomo che ne ha guardato un altro e che lo ha riconosciuto, così diverso e al tempo stesso così uguale. Non servono specialisti per ‘vedere’ il prossimo, né leggi severe, o pareri pensosi: è sufficiente l’umana pietà, che forse è morta ieri notte, insieme a quel neonato.
Quando è venuto al mondo non l’hanno guardato, un oggetto senza valore. Forse un essere umano, pur malformato, non merita attenzione?

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