Era
il 18 febbraio 1940 quando Fabrizio de Andrè musicò parole altissime: "Ave Maria, adesso che sei donna / ave alle
donne come te, Maria, / femmine un giorno per un nuovo amore / povero o ricco,
umile o Messia. / Femmine un giorno e poi madri per sempre / nella stagione che
stagioni non sente". La madre: il capolavoro zampillato dall’ingegno di Dio
per pubblicizzarne la sua tenerezza. Nel mese della Madre per eccellenza, donna
Maria Nazarena, viene impressa la parola fine ad uno dei processi più terrificanti
degli ultimi anni: il delitto di Cogne. Una mamma, Anna Maria Franzoni,
condannata a 16 anni di galera per l’uccisione del figlio Samuele Lorenzi. Era
il 30 gennaio 2002. Tutto il mondo fissava la villetta di Montroz, ai piedi di
quei monti tristi testimoni di gestualità folli. Sei anni di dibattiti e
processi. Di perizie psichiatriche, ambientali e capovolgimenti di scena. Di
pianti, sorrisi e perplessità. Più di 2000 giorni che firmarono la fortuna di Porta a Porta e del Maurizio Costanzo Show, di istant book e interviste stra –
doppiate. Di passaggi televisivi, contropartite e smentite.
In
un’epoca storica che ci presenta in mondovisione la spettacolarizzazione dei
sentimenti – ai quali assistiamo spesso e volentieri sgranocchiando noccioline,
masticando pop-corn e deglutendole con un goccio di buon torcolato – nemmeno il
dramma di un bambino riesce a fermare uno show-business destinato a quotare
nella borsa dei media i sentimenti più puri. Alla sgommata delle gazzelle dei
carabinieri che l’altra sera hanno prelevato la madre-assassina, i paesani
hanno risposto con applausi beffardi ai giornalisti. Il modo migliore per
ringraziarli di sei anni di pubblicità sfacciata offerta loro in cambio di
confidenze fatte al riparo di orecchie indiscrete, di occhi attenti, di
microfoni accesi. La Madre
di Nazareth rimase sotto la croce, assaporò la bellezza struggente del Figlio Crocifisso,
stette immobile a fissare quel volto sanguinante. E per lei il Michelangelo
scultore strappò al marmo forme di appassionata serenità. E di onesta
tribolazione materna. Strano mestiere quello della mamma: Dio la destinò a
fedele custodia dei confini della vita in sua assenza. Cioè vicinissima al
ragionar di Dio. Vicinissima e responsabile!
Forse
Lassù, oltre le bianche vette, qualcuno s’imbatterà in quell’angelo prematuro –
che in terra fu fanciullo massacrato – e gli dirà: "Lo sai che assomigli tanto a tua madre?"
Chissà
i pensieri di quel bambino…
Foto tratta da www.tgcom.it