Si sposarono perché ci credevano: l’amore li aveva rapiti, i loro occhi s’erano stretti, nei loro sguardi s’alzava timida una vita da colorare. Poi vennero i primi giorni da sposi: tramontata la poesia del fidanzamento, iniziò ad albeggiare il “caso serio” della quotidiana passione. Gli occhi di un bambino e le mani di una bambina a suggello di una lunghissima storia. Che avea messo come sigillo ognuno sul cuore dell’altro. Poi scese la nebbia: la tristezza s’impadronì dei loro colori, la loro storia s’avvolse nella malinconia, il cuore inciampò nella pietra del tradimento. Lungo la strada si cade e ci si rialza, s’inciampa e ci si stringe, si ama e ci s’innamora. Dietro il volto, una storia di sofferta ri-composizione dei cocci, di laceranti tentativi di riannodare fili dispersi, di umiliante e improvvisa separazione.
Capita che a trent’anni la vita sia diversa dai sogni del bambino. Ma si dovrà pur correre: la vita va avanti! E ci si re-innamora, o almeno si prova. Chiedendo magari aiuto a quel Dio che avea legato il loro primo amore.
Stefania si risposa: l’emozione dell’amore torna a rinfrescare l’aridità di anni massacranti. Lo vorrebbe fare davanti al suo Dio. E in una chiesa di via della Conciliazione lo confessa ad un sacerdote, perfetto funzionario di Santa Romana Chiesa. La risposta è piena d’amore: “Lei non può accostarsi ai sacramenti”. Il cuore fatica a respirare.
Se ne esce ingobbita. Davanti a lei, tra giovinezza e mondanità, Briatore sposa la Gregoraci. A benedirli… un cardinale.