Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

kungIn un suo saggio polemico, Hans Küng discute le contraddizioni dell’opera di Wojtyla che hanno portato milioni di credenti ad una drammatica “crisi di speranza” denunciata dal cardinale Walter Kasper. Una crisi che, a giudizio di Küng, può risolversi solo tornando ai valori autentici del concilio. Questo teologo cattolico dissidente, infatti, vede il futuro della Chiesa nell’impegno verso la direzione indicata da Giovanni XXIII e Paolo VI, attraverso il dialogo e l’apertura alla società.
Secondo Küng questo Papa è stato una “star” della comunicazione, il suo influsso mediatico è stato più importante dei contenuti: così ha raccolto attorno a sé solo i giovani cha hanno meno capacità critica. Giovanni Paolo II ha predicato il dialogo, ma ha isolato la Chiesa; le sue idee di fede e di morale hanno cancellato il Concilio Vaticano II.
Gli oltre ventisei anni di Pontificato di Karol Wojtyla sono stati una conferma delle critiche che Küng aveva già espresso dopo un anno del suo Pontificato. Secondo la sua opinione, egli non è stato il Papa più grande ma il più contraddittorio del XX secolo. Un Papa dalle molte, grandi doti, e dalle molte decisioni sbagliate. La sua “politica estera” ha preteso da tutto il mondo conversione, riforma, dialogo. Però, in tutta contraddizione, la sua “politica interna” ha puntato alla restaurazione dello status quo ante Concilium, ad impedire le riforme, al rifiuto del dialogo intra-ecclesiastico e al dominio assoluto di Roma. Questa contraddizione si evidenzia in undici ambiti problematici.

Prima contraddizione. Giovanni Paolo II predica i diritti degli uomini all’esterno, ma li ha negati all’interno, cioè ai vescovi, ai teologi, e soprattutto alle donne. Il Vaticano, un tempo nemico convinto dei diritti dell’uomo ma ben disposto oggi ad immischiarsi nella politica europea, continua a non poter sottoscrivere la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo del Consiglio d’Europa: troppi canoni del diritto ecclesiastico romano, assolutistico e medievale, dovrebbero prima essere modificati. La separazione dei poteri, principio fondamentale del diritto moderno, è sconosciuta alla Chiesa Cattolica romana, nel cui comportamento non vi è nessuna lealtà: nei casi di disputa l’autorità vaticana funge nel contempo da legislatore, accusa e giudice.

Seconda contraddizione.
Grande ammiratore di Maria, Wojtyla predica gli ideali femminili, vietando però alle donne la pillola e negando loro l’ordinazione. Per molte donne cattoliche tradizionali (soprattutto appartenenti agli ordini religiosi), l’aspetto più apprezzato di questo Papa è il suo respingere le donne moderne, in quanto le ha escluse da tutte le consacrazioni e considera la contraccezione appartenente alla “cultura della morte”. Tuttavia, molte donne che partecipano alle manifestazioni di massa del Papa, rifiutano la sua dottrina che si oppone ai metodi contraccettivi.

Terza contraddizione. Questo pontefice ha predicato contro la povertà di massa e l’indigenza del mondo ma, al tempo stesso, con la sua posizione in merito al controllo delle nascite e all’esplosione demografica, si è reso colpevole di quest’indigenza. In occasione dei suoi numerosi viaggi e anche di fronte alla Conferenza delle Nazioni Unite su Popolazione e sviluppo tenutasi ad Il Cairo nel 1994, questo Papa ha preso posizione contro l’uso della pillola e del profilattico e, pertanto, potrebbe essere ritenuto responsabile più di qualsiasi uomo di Stato della crescita demografica incontrollata in alcuni Paesi e del dilagare dell’Aids in Africa.

Quarta contraddizione. Karol Wojtyla ha propagandato una figura sacerdotale maschile caratterizzata dal celibato ed è, quindi, il principale responsabile della catastrofica carenza di sacerdoti, del collasso dell’assistenza spirituale in molti Paesi e dello scandalo della pedofilia del clero, ormai venuto alla luce. Agli uomini che si sono dichiarati pronti al servizio sacerdotale nelle comunità viene proibito il matrimonio. Questo è solo un esempio di come anche questo Papa abbia ignorato la dottrina della Bibbia e la grande tradizione cattolica del primo Millennio in cui non vi era alcuna legge sul celibato per i sacerdoti. I quadri si sono ridotti, il reclutamento è fermo e fra poco, non solo nell’area di lingua tedesca, quasi due terzi delle parrocchie rimarranno senza sacerdote e la stessa celebrazione domenicale dell’eucaristia non potrà più essere assicurata, nemmeno con l’importazione di parroci e il raggruppamento delle parrocchie in “unità pastorali”. Il clero fedele al celibato è dunque in crescente pericolo d’estinzione.
Gli scandali della pedofilia, verificatisi dagli Stati Uniti all’Austria, hanno inoltre gravemente danneggiato la sua credibilità, portando sull’orlo della bancarotta grandi diocesi degli Stati Uniti.

Quinta contraddizione. Il Papa polacco ha praticato un numero elevatissimo di canonizzazioni, ma al tempo stesso ha ignorato l’inquisizione attuata nei confronti di teologi, sacerdoti e membri di ordini malvisti dalla Chiesa. I beati, strumentalizzati politicamente e commercialmente con spese ingenti e conseguenti profitti per la Curia, sono soprattutto pie suore, fondatori d’ordini religiosi o papi come l’antidemocratico, antisemita, autoritario Papa Pio IX (controbilanciati dalla beatificazione di Giovanni XXIII). Alla gloria degli altari sono stati elevati anche l’imperatore asburgico Carlo I e il ben poco pio fondatore dell’Opus Dei Josémaria Escrivà. Uomini e donne (anche appartenenti ad ordini religiosi) che si sono distinti, per il loro pensiero critico e per la loro energica volontà di riforme, sono stati invece trattati con metodi di Inquisizione. Come Pio XII fece perseguitare i più importanti teologi del suo tempo, allo stesso modo si comportano Giovanni Paolo II e il suo Grande Inquisitore Ratzinger con Schillebeeckx, Balasuriya, Boff, Bulànyi, Curran, Fox, Drewermann e anche il Vescovo di Evreux Gaillot e l’Arcivescovo di Seattle Huntington.
Nella vita pubblica mancano oggi intellettuali e teologi cattolici della levatura della generazione del Concilio. Questo è il risultato di un clima di sospetto, che circonda i pensatori critici di questo Pontificato. I vescovi si sentono governatori romani invece che servitori del popolo della Chiesa. E troppi teologi scrivono in modo conformista oppure tacciono.

Sesta contraddizione. Il Papa elogia spesso e volentieri gli ecumenici, ma al tempo stesso ha pesantemente compromesso i rapporti con le Chiese ortodosse e con quelle riformate ed evita il riconoscimento dei suoi funzionari e dell’Eucaristia. Il papa avrebbe dovuto consentire – come suggerito in molti modi dalle commissioni di studio ecumeniche e come praticato direttamente da tanti parroci – le messe e l’Eucaristia delle Chiese non cattoliche e l’ospitalità eucaristica. Avrebbe anche dovuto ridurre l’eccessivo potere esercitato dalla Chiesa nei confronti delle Chiese dell’Est e delle Chiese riformate e avrebbe dovuto rinunciare all’insediamento dei Vescovi romano-cattolici nelle zone delle Chiese russe-ortodosse. Avrebbe potuto, ma non ha mai voluto. Ha voluto invece mantenere e ampliare il sistema di potere romano. La politica di potere e di prestigio del Vaticano è stata mascherata da discorsi ecumenici pronunciati dalla finestra di Piazza San Pietro, da gesti vuoti e da una giovialità del Papa e dei suoi cardinali che cela in realtà il desiderio di “sottomissione” della Chiesa dell’Est sotto il primato romano e il “ritorno” dei protestanti alla casa paterna romano-cattolica.

Settima contraddizione. Come Vescovo suffrageneo e poi Arcivescovo di Cracovia, Karol Wojtyla ha preso parte al Concilio Vaticano II. Una volta diventato papa, ha però disprezzato la collegialità del pontefice con i vescovi decretata proprio al Concilio. Questo Pontefice ha più volte dichiarato la sua fedeltà al Concilio, per poi tradirlo nei fatti attraverso la sua “politica interna”. I termini conciliari come “aggiornamento, dialogo, collegialità e apertura ecumenica” sono stati sostituiti da parole quali “restaurazione, magistero, obbedienza, ri-romanizzazione”. Il criterio per la nomina dei Vescovi non è affatto lo spirito del Vangelo e l’apertura mentale pastorale, bensì la fedeltà assoluta verso la condotta romana. I sostenitori del Papa tra i vescovi di lingua tedesca come Meisner, Dyba, Haas, Groer e Krenn sono solo gli sbagli più eclatanti di questa politica pastorale devastante, la quale fa pericolosamente scivolare in basso il livello morale e intellettuale dell’episcopato. Un episcopato reso ancor più mediocre, rigido, conservatore e servile, è forse l’ipoteca più pesante di questo lunghissimo Pontificato.

Ottava contraddizione. Questo Papa ha cercato il dialogo con le religioni del mondo, ma contemporaneamente ha disprezzato le religioni non cristiane definendole “forme deficitarie di fede”. In occasione dei suoi viaggi o “preghiere di pace”, il papa ha radunato con piacere attorno a sé dignitari di altre chiese e religioni. Non vi erano tuttavia molte tracce reali della sua preghiera teologica. Anzi, il Papa si è presentato in sostanza come un “missionario” di vecchio stampo.

Nona contraddizione. Il Papa polacco ha assunto la funzione di rappresentante della fede in un’Europa cristiana, ma il suo ingresso trionfale e la sua politica reazionaria hanno involontariamente favorito l’inimicizia nei confronti della Chiesa, se non addirittura l’avversione contro il Cristianesimo stesso. La campagna d’evangelizzazione del papa, il cui punto centrale è rappresentato da una morale sessuale poco adeguata ai tempi, ha discriminato soprattutto le donne: quelle che in questioni controverse, quali la contraccezione, l’aborto, il divorzio, l’inseminazione artificiale hanno dimostrato di avere opinioni diverse da quelle della Chiesa, sono state definite portatrici di una “cultura della morte”. Attraverso interventi politici – come è accaduto in Germania contro il Parlamento e l’episcopato nel caso del conflitto sul tema della gravidanza-, la Curia romana ha dato l’impressione di rispettare poco la separazione giuridica tra Stato e Chiesa. Il Vaticano cerca ( attraverso il gruppo parlamentare del Partito Popolare europeo) di esercitare delle pressioni anche sul Parlamento Europeo, incentivando l’ingaggio di osservatori particolarmente vicini alle idee di Roma per questioni relative alla legislazione sull’aborto. Invece di farsi ovunque fautrice di soluzioni ragionevoli che consentano la mediazione, la Curia romana con i suoi proclami acutizza, di fatto, al livello mondiale la polarizzazione tra oppositori e sostenitori dell’aborto, moralisti e libertini.

Decima contraddizione. Come carismatico comunicatore e “star” mediatica, questo papa fino alla sua veneranda età ha fatto presa in particolare sui giovani, ma si è appoggiato soprattutto ai “nuovi movimenti” d’origine italiana, all’Opus Dei di casa in Spagna e ad un pubblico acritico e a lui fedele. Tutto ciò è sintomatico del rapporto del papa con la laicità e della sua incapacità di dialogare con un pubblico critico. I grandi raduni mondiali dei giovani sostenuti a livello regionale ed internazionale, sotto la sorveglianza della gerarchia dei nuovi movimenti laici (Focolarini, Comunione e Liberazione, Sant’Egidio, Legionari di Cristo, Regnum Christi, etc.), hanno attirato e attirano centinaia di migliaia di giovani. Molti di loro volonterosi, troppi del tutto acritici. Il carisma personale di Wojtyla è quasi più importante dei contenuti da lui trasmessi. Inoltre viene messa in discussione la fiducia un tempo accordata all’ordine dei gesuiti: prediletti dai Papi precedenti, ora vengono percepiti come sabbia negli ingranaggi della politica di restaurazione del Papa a causa delle loro qualità intellettuali, dei loro teologi critici e delle opzioni teologiche di liberazione. Invece Wojtyla, già ai tempi in cui era arcivescovo di Cracovia, concesse la piena fiducia all’Opus Dei, potente sia dal punto di vista finanziario che in termini d’influenze, ma antidemocratica e in passato compromessa con regimi fascisti.

Undicesima contraddizione. Giovanni Paolo II ha offerto nel 2000 una pubblica confessione per gli errori della Chiesa nel passato, senza però trarne alcuna conseguenza pratica. La confessione dei peccati ampollosa e barocca inscenata a San Pietro per gli errori della Chiesa è rimasta vaga ed ambigua. Il Papa ha chiesto perdono solo per gli errori dei “figli e delle figlie della Chiesa” ma non per quelli del “Santo Padre”, per quelli della Chiesa stessa e dei cardinali e vescovi presenti. Il Papa non ha mai preso posizione in merito agli intrighi delle varie sedi della Curia in affari mafiosi e ha contribuito più all’occultamento che alla rivelazione di scandali e crimini (Banca Vaticana, l’omicidio avvenuto nell’ambiente del corpo delle guardie svizzere…). Anche con la rivelazione degli scandali della pedofilia dei sacerdoti, il Vaticano è stato straordinariamente titubante. Nonostante alcune richieste, il Papa non ha mai dato udienza ad alcuna vittima. Anzi, ha riempito d’elogi un insigne criminale nel corso di una fastosa cerimonia al Vaticano: il messicano Marcial Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo (500 sacerdoti e 2000 seminaristi) e del movimento laico Regnum Christi, diventato ormai concorrente ancora più conservatore dell’Opus Dei.

Conclusioni. Per la Chiesa cattolica questo pontificato si è rivelato una grande speranza delusa, in fin dei conti, un disastro, perché Wojtyla, con le sue contraddizioni, ha profondamente polarizzato la Chiesa, allontanando i suoi innumerevoli uomini e gettandoli in una crisi epocale. Contro tutte le intenzioni del Concilio Vaticano II, il sistema romano medioevale – un apparato di potere caratterizzato da tratti totalitari – è stato restaurato grazie ad una politica personale e dottrinale tanto astuta quanto spietata: i vescovi sono stati uniformati, i padri spirituali sovraccaricati, i teologi dotati di museruola, i laici privati dei diritti, le donne discriminate, le iniziative popolari dei sinodi nazionali e delle Chiese ignorati.
La grande credibilità della Chiesa Cattolica, cioè quella ottenuta da Giovanni XXIII e dal Concilio Vaticano II, ha lasciato il posto a una vera e propria crisi della speranza.
Questo è il risultato della profonda tragicità personale di questo Papa: la sua idea cattolica di stampo polacco (medioevale, controriformista e antimoderna) in qualità di Pontefice Karol Wojtyla l’ha voluta portare anche nel resto del mondo cattolico.


Chi è Hans Kung? Un ritorno alle radici del Nuovo Testamento che ispiri una riforma radicale della Chiesa: questo il centro della predicazione di Hans Küng, il più noto teologo del dissenso del mondo cattolico. Nato a Lucerna, in Svizzera, nel 1928, fu ordinato sacerdote nel 1954 e diventò professore di Teologia all’Università di Tubinga nel ’60. Due anni dopo divenne consigliere nel Concilio Vaticano II, nel quale ebbe un rilevante ruolo intellettuale. In seguito, il rifiuto della dottrina dell’infallibilità del Papa valse a Küng la censura della Congregazione per la dottrina della fede. Quando nel 1970 gli venne revocata la qualifica di teologo cattolico romano, continuò ad insegnare presso l’Istituto per la ricerca ecumenica di Tubinga. Küng sostiene la necessità di introdurre il sacerdozio femminile e di creare un consiglio dei vescovi elettivo per porre fine al culto della personalità papale. La sua ventennale critica a Wojtyla non gli ha impedito di tributare al Pontefice il “plauso più grande” per la contrarietà espressa riguardo alla guerra in Iraq. Tra i suoi libri “Vita eterna” (Mondadori) e “Cristianesimo” (Bur).

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