Vicenza:
terra d’incontro, spazio di incroci, condivisione di vite radicate in paesi tra
loro estranei. Ai piedi delle montagne annovera figli salpati per lidi lontani:
la guerra li ha dispersi, la fame li ha costretti ad incamminarsi, l’amore ha fornito loro il biglietto di rientro.
Città che conserva la fatica della partenza, la malinconia dell’incertezza, la
nostalgia di casa una volta accasatisi in terre straniere. Ma la storia inebria
ancora col suo profumo?
All’esterno
di tante fabbriche oggi ti da’ il benvenuto una scritta tanto osannata quanto
maledetta: "Outlet": garanzia che con pochi soldi puoi comprare pezzi firmati
rimasti invenduti o difettosi. Il nonno, l’altro ieri, riempiva un bisogno con
un appagamento. Magari sudato, guadagnato, inseguito. Il nipotino, oggi,
strangola il bisogno ancor prima d’avvistarne l’arrivo. Con conseguenza buffa
sotto gli occhi: rastrelliamo firme perché i vagabondi stiano a casa loro e non
c’accorgiamo che a casa nostra i vagabondi siamo noi. Ieri si ideavano
esistenze intere: annate di lavori, riposi e amori. Oggi, al massimo,
vagheggiamo sul prossimo week-end: sempre che lo stress non lo massacri ancora
prima del suo nascere. Rabbia alle stelle quando non ci fanno sentire
importanti: poi basta e avanza annoverarci tra i consumatori e gli utenti. Con
l’aggravante di non accorgerci più della nostra insignificanza tra i sentieri
dell’uomo.
L’outlet è
la fotografia in digitale del "non luogo" formulato da Marc Augé: spazio senza
identità, storia, legami: addio vecchie strette di mano, capitoli di storia
intrecciati, fotografia di volti invecchiatisi nel tempo. L’uomo è solo:
vagabondo dimentico di una storia da interpretare. Meglio: da inventare e
scrivere. Da elaborare!
Siamo ancora capaci di ascoltarci? Sentire
è un problema di acustica, ascoltare è un problema di cuore. Ascoltare è
lasciare che le parole dell’altro cadano dentro di noi, nel profondo,
nell’anima. Non si ascolta solo con le orecchie! Ascoltare è sedersi vicino.
Concentrare l’attenzione su di lui. Non sbirciare l’orologio. Si ascolta con lo
sguardo. Con gli occhi. Con le mani. Noi al massimo sentiamo!
Salvo poi scandalizzarci se i bambini
elaborano baby-prestazioni per saldare debiti da gioco. D’altronde stiamo
insegnando loro che se domani l’outlet chiude…l’occasione è persa!
Loro sono coerenti. Loro!