seminare

Meno male che l’ha chiarito Dio, togliendoci superbia e angoscia: superbia d’essere noialtri gli artefici del Regno, angoscia d’esser noi i realizzatori (finali) della sua costruzione. Più chiaro di così! «Dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce». Come dire: una volta che Dio mi ha messo incinto con il suo sogno su me – «Come un uomo che getta il seme sul terreno» –, non c’è più nulla che io potrò fare per toglierne le tracce. Anche l’abortissi, nessun aborto cancellerà la memoria dell’ucciso. Novella (più che) buona del Vangelo: “Ai miei sogni – dice Dio – l’uomo potrà opporre tutto, opporsi a tutto, mettersi persino perpetuamente di traverso. Potrà zittirmi, rifiutarmi, rinnegarmi: anche bestemmiarmi. Non potrà, però, impedirmi di stare sempre in direzione di chi amo”. L’uomo bestemmia Dio, Dio magnifica l’uomo: come «egli stesso non lo sa». Mistero oscuro di Dio: parole spaventose anche solo da accarezzare, se soltanto «non fossimo abbruttiti, figlio mio, obliterati, annullati, intontiti, abituati, smussati da anni, secoli di insegnamento catechistico più o meno ecclesiastico, generalmente scolastico» (Ch. Péguy). Parole da intendersi alla lettera, a tiro radente, senza sfumature o sospetto che debbano interpretarsi: “Che t’impegni o non t’impegni – sembra dire il Cristoddio – la sostanza non muta: crescerò in te, farò di te una cosa stupenda, il mio Regno s’innalzerà contro il tuo opporti”.
Era dall’eternità che, Iddio in persona, s’era messo in testa di imbarcarsi in quest’affare. Da tutta l’eternità la sua decisione era stata presa: “Dio nell’uomo” era il suo sogno assurdo. Satàn-giamburrasca, mentendo spudoratamente, agli albori aveva promesso all’uomo ciò che non era nelle sua possibilità mantenere: «Sarete come Dio». Fu così che fregò la prima coppia, appena dopo che aveva finito il primo corso per fidanzati, quell’unico tenuto da Dio stesso. Dopo quella grande truffa, messa in piedi dal re-della-fuffa, Dio tentò il tutto per tutto: giurò, al contrario, che si sarebbe fatto uomo. “Dio nell’uomo, proprio come l’uomo”: fu la sua risposta al dòmino del Male. Si sporse così pericolosamente sul ciglio del burrone – si fece in tutto simile all’uomo, eccetto il peccato – che da quel tempo fu chiaro a tutti che, contro i sogni di Dio, l’uomo potrà recalcitrare come il mulo, fare i capricci come i bambini viziati, minacciare di non fare i compiti per casa, starsene fuori casa pure per qualche giorno. Non per questo, però, l’amore di Dio verrà meno: «Dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia, cresce».
Il tempo, dunque, può essere un problema, ma il ritmo è una scelta. Penso a me: in quante occasioni, pur non riuscendo ad arrestare completamente Iddio nel suo venirmi sempre più appresso, l’ho costretto ad andare a zig-zag: a fare gli straordinari, calcolare la necessità dei tempi supplementari, decelerare per non accelerare la mia condiscendenza. Io, ad esser sincero, le provo tutte, ogni giorno, per fare sì che il suo Regno non divampi. Eppure, lo sento, in me il suo Regno c’è, batte-forte il cuore, è resistente alla mia resistenza, resiliente ai miei strappi. Mi accorgo, tra l’altro, di quanto buffo sono, forse ridicolo: con le azioni ritardo la venuta del Regno, con le preghiere cerco d’affrettarne l’arrivo, quasi non riuscissi a starne senza: «(Padre nostro), venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà». Il cortocircuito di un cuore, il mio, sempre incredulo alla cocciutaggine innamorata che Dio mi riserva: “Sei piccolino – mi dice – ma già intravedo cosa diventerai quando io prenderò completamente il largo su di te, Marcommio: farai rami così grandi che gli uccelli del cielo potranno fare il nido alla tua ombra”. Un pensiero così il mio cuore non lo regge: tenta un’operazione di rimpicciolimento. Forse è solo questa la differenza tra chi crede e chi dice di non riuscire: sapere che l’esito finale della mia storia non dipenderà solo da me. Avrà doppia-firma: nulla toglie il fatto che, spesso, Dio mi sembri così sfrenato da sentirmi sepolto vivo sotto il suo amore. Io come figlio, però, ho il potere di cambiargli il ritmo del suo cuore.

(da Il Sussidiario, 11 giugno 2021)

In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».
Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa (Marco 4,26-34).

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