Mi piace quest’incontro, ai margini di un pozzo, che reca il marchio del quotidiano. Niente di programmato. Non c’è alcuna traccia di schemi di azione pastorale elaborata in qualche ufficio studi.
Gesù si ferma, non perché aspetta qualcuno da convertire, ma perché è stanco, accaldato, ha fame ed è tormentato dalla sete.
E la donna arriva al pozzo non perché è stata informata che nei paraggi c’è il famoso rabbi di Galilea, ma perché deve attingere acqua. Il suo problema è l’acqua, non la confessione dei peccati.
Risulta insolita soltanto l’ora. A mezzogiorno, in Medio Oriente, la gente preferisce restarsene in casa.
Ma la donna – molto chiacchierata in città – ha scelto quell’ora scomoda probabilmente per evitare di imbattersi nelle comari che non le risparmierebbero le frecciate maligne.
Il Maestro non esita a infrangere le barriere, rompere gli schemi, infischiarsene delle convenienze, buttare all’aria i pregiudizi. Appare disdicevole per un rabbi interpellare una donna per strada (una come quella, poi!), discutere con lei di teologia, rispondere alle sue domande. Gesù, maestro di libertà, disattende tranquillamente queste regole codificate da secoli di discriminazione. Trasgredisce i divieti imposti dai fanatismi. Il suo è un comportamento scandaloso per la mentalità corrente.
E la donna intuisce fin dal primo momento che quell’incontro può diventare pericoloso. Quell’uomo non è come tutti gli altri, intende portarla dove lei non vorrebbe. E fa di tutto per sfuggirgli, sottrarsi alla sua presa, eludere astutamente le sue trappole, dirottare il discorso su argomenti non troppo impegnativi, evadere dalla vera questione.
Aspetti il Messia? Ebbene: «Sono io, che ti parlo». Il futuro sperato – o temuto – è già iniziato. Gesù costringe la donna – e noi insieme a lei – all’incontro col presente, qui, ora.
Un cibo rifiutato. Eppure il Maestro aveva fame.
Una brocca abbandonata. Eppure la donna era andata al pozzo per attingere acqua, era questa la cosa più urgente per lei. Ora ha scoperto un compito più importante cui dedicarsi.
Ecco i segni inconfondibili dell’incontro. Adesso non resta che coniugare, fino alle estreme conseguenze, il verbo “cambiare”. Un verbo impegnativo, esigente. Che ama la compagnia di un avverbio: “subito”.
Il passaggio da convertita a missionaria è quasi obbligato.
Reca la propria esperienza, butta lì un interrogativo, insinua un dubbio, sollecita a mettersi in cammino. Non offre una soluzione prefabbricata. Il vero testimone si limita a suggerire, lascia intravvedere una realtà affascinante.Testimone è colui che è in grado di accendere una scintilla. Quella scintilla risveglia un’attesa, fruga dentro a una nostalgia, a un desiderio segreto.
Le due doti fondamentali del testimone sono la passione e la discrezione. Capacità di illuminare, ma anche capacità di cancellarsi.
(Le donne che hanno incontrato Gesù, Alessandro Pronzato)
Buongiorno!