Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

img archivio1362014112336Tutti seguaci di Malcolm-X, facciamo a gara per ricordare Abraham Lincoln e l’abolizione della schiavitù, rileggendo “La capanna dello zio Tom” e inneggiando alla libertà, in tutte le sue forme possibili.
Ci teniamo a sottolineare la contrarietà nei confronti della schiavitù e la ferma convinzione che la libertà sia un dono che debba essere condiviso con ciascun uomo. Poi però finiamo imprigionati, anche noi.
A partire dalla prigione delle specchio. L’ansia, l’insicurezza, la non consapevolezza delle nostre risorse ci porta a fare i conti, spesso anche tutte le mattine, con il nostro peggior nemico, che incontriamo da quando ci alziamo dal letto: noi stessi!
La crisi peggiore è quella della sfiducia, che, impadronendosi di noi, ci impedisce di vedere la luce in fondo al tunnel. Non si tratta di fede, perché la luce c’è. La fede invita a credere in ciò che non sai se c’è, la sfiducia è molto più profonda: ti porta addirittura a non vedere ciò che effettivamente c’è e lo sostituisce con i tuoi peggiori incubi, le tue fobie, le insicurezze che prendono forma e si fanno sempre più concrete.

Si sviluppano, al contempo, nuove forme di schiavitù che attanagliano il corpo e l’anima: dipendenze fisiche da sostanze di vario tipo; non parlo solo di droga e alcool, ma anche dai farmaci, che, troppo spesso, tendiamo ad assumere con eccessiva superficialità, in una fuga dal dolore e nella ricerca di una iperattività che rischia di essere innaturale. Vorremmo essere sempre attivi, sempre al top della nostra forma fisica e non siamo in grado di accettare che il nostro corpo, così come il nostro fisico, sia soggetto agli alti e bassi del nostro essere intrinsecamente imperfetti, quindi alla ricerca perenne della nostra dimensione di equilibrio in una vita che mette a dura prova la nostra stabilità. Fare pace con la nostra imperfezione, imparando ad amarla, si rivela forse l’unica soluzione possibile alla disgregazione del nostro io più profondo.
Poi vi sono schiavitù più subdole, impalpabili, ma con conseguenze devastanti sulle famiglie: penso ad esempio, al gioco d’azzardo, come sempre in aumento durante i periodi di crisi per la chimera che alimenta di poter far arrivare ad una svolta economica il bilancio familiare. si rivela, invece, un gorgo dal quale diventa difficile uscire.
Ma le possibilità di schiavitù con cui il cuore può essere avvinghiato sono davvero moltissime. La più diffusa credo sia senza dubbio quella dei pregiudizi e della superficialità, con i quali si estromette la ragione al sano giudizio e si impedisce di regalare uno sguardo attento, delicato e disponibile a quanto accade, preferendo invece rifugiarsi nelle sicurezze precostituite e mai messe realmente in discussione.
La libertà d’espressione, poi, meriterebbe un romanzo a se stante. Garantita, assicura, addirittura sancita tramite la Costituzione e una quantità industriale di documenti ufficiali, nazionali ed internazionali delle tipologie più svariate, è in realtà costantemente minacciata per vari motivi.
La pluralità non è effettivamente garantita: quelle ideologie che una volta erano bistrattate perché rappresentazione di una minoranza della popolazione, ora stanno diventando sempre più parte del “pensiero unico”, pur non essendo giustificate dall’aver raggiunto una maggioranza rispetto al totale delle persone.
Esempi concreti ci sono stati regalati dalle cronache più recenti.
Di fronte al d.d.l Scalfarotto, nominalmente contro l’omofobia ma che, in concreto si rivelava liberticida (mettendo seriamente a repentaglio la libertà d’espressione di chiunque si ritenesse contrario alla plausibilità della famiglia omogenitoriale quale opzione nei confronti della famiglia che poteva vedere al proprio interno l’esaltazione della diversità che si fa cooperazione complementare nell’unione di un uomo e di una donna che vogliono aprirsi al dono della vita), le proteste più attive sono arrivate, in modo particolare dall’associazione “Sentinelle del Mattino”.
La loro idea è semplice, pacifica, originale, ma, a giudicare dalle reazioni, piuttosto fastidiosa: tramite internet, viene diffuso un appuntamento in una piazza di una città italiana, dove si dà appuntamento a chiunque voglia partecipare; i partecipanti rimarranno in piedi, in silenzio, per la durata della manifestazione, durante la quale è consentito loro di leggere un libro.
Questa medesima scena si è verificata già 90 volte in 10 mesi in svariate città, fino a quando non è accaduto qualcosa che, in un paese civile, non avrebbe mai dovuto accadere.
Questa manifestazione, pacifica e regolarmente autorizzata, svoltasi a Lecce il 31 maggio è stata funestata e molestata dall’arrivo di alcuni facinorosi, esponenti di varie associazioni (hanno distribuito un volantino che recava la firma, tra le altre, di Associazione LeA, Arcigay Salento, Agedo Lecce, Rete antirazzista, Arci Lecce, Coordinamento Puglia Pride 2014, Unione degli studenti) che hanno infastidito e schernito i manifestanti. Ma quello che più sorprende è altro: il fatto che né la Questura né altre autorità costituite abbiano avuto il coraggio né abbiano minimamente avvertito la necessità di intervenire per garantire ed assicurare la libertà di una manifestazione, il cui svolgimento era contrastato da manifestanti di una visione opposta, che però non avevano ricevuto alcuna autorizzazione ad intervenire o a prendere parte all’evento organizzato dalle Sentinelle.
In un comunicato successivo, le Sentinelle hanno espresso il proprio pacato disappunto, sottolineando come questo episodio manifesti il lato intollerante e aggressivo del movimento omosessualista, che non accetta alcun confronto con chi esprime pareri diversi dai loro.
Come risulta poi da questa lettera non si tratta della prima volta. Testimonianza avvalorata anche da questo articolo de La Stampa, che evidenzia come episodi simili capitarono anche a Perugia e a Verona.
L’aggressività e la volgarità di questa contromanifestazione espone tutto il fastidio che può arrecare una manifestazione pacifica e per lo più passata sotto silenzio da parte dei media. Senza internet, credo sarebbe pressoché impossibile tenersi aggiornati sul calendario delle manifestazioni delle Sentinelle.
Per amore della verità, ci tengo a sottolineare che questi manifestanti appartenenti a questi collettivi non rappresentano e non rappresenteranno mai la totalità del mondo omosessuale. Basti pensare come, in Francia, molti di loro, che non si sentivano adeguatamente rappresentati si sono riuniti in un nuovo collettivo, Homovox, che è stato tra i più attivi promotori della “Manif pour Tous”, manifestazione che ha espresso il proprio dissenso nei confronti della legge Taubira sul “Marriage pour Tous” e che si è poi diramata anche in Italia.
Incredibile a dirsi, ma pare che cultura hip-hop e cattolica possano ormai contare sullo stesso principale, quando non l’unico, canale di trasmissione, per veicolare le proprie idee: il web.
Oltre tutto, seguendo questa chiave di lettura, l’intervento aggressivo contro le Sentinelle si rivela oltre tutto decisamente poco furbo, perché senza dubbio contribuisce ad amplificare la portata di un evento che, in altri casi, ha avuto risonanza decisamente minore e sotto tono. Com’è invece facilmente intuibile, di fronte alla violenza, il “morbo di Cronic” mediatico (cit. Alessandro Bergonzoni) si risveglia dall’apparente letargo e ritrova immediatamente tutta la propria morbosa energia.
Mettendo da parte questa nota di colore, constatare questi avvenimenti porta con sé una scia di preoccupazione appunto per la garanzia della libertà d’espressione. Se bastano centinaia di persone silenziosamente presenti in piazza a manifestare il proprio dissenso perché intervengano, non autorizzate altrettante persone a fare azione di disturbo con modalità da bullo di periferia, è segno che davvero si è passato un limite. Quello che consente agli uomini di essere liberi, scevri da pregiudizi figli di ideologie, così da poter ragionare con la propria testa e decidere se appoggiare o meno una legge proposta dallo Stato. Perché se lo stato non rappresenta i miei diritti o i diritti di una parte dei propri cittadini, chiunque ha il diritto di scendere in piazza a manifestare.
E maggiore sarà la calma dimostrata, maggiore sarà la credibilità messa in campo. Perché le urla e gli strilli non sono mai d’aiuto a far comprendere le proprie ragioni, si dimostrano utili unicamente a confondere le acque e alimentare il caos.
Forse è proprio questo il risultato che qualcuno vuole ottenere: perché, nel caos, le menti sono manipolabili, gli uomini impauriti, gli animi confusi. Se il cervello è spento, qualunque bugia, ripetuta all’infinito, potrebbe convincere milioni di persone che è pura verità. È già capitato, sta capitando e di sicuro capiterà.
Ma nessuno potrà avere l’ultima parola, se non glielo permettiamo.
Non abdichiamo al nostro cervello e non facciamoci intimorire quando siamo in minoranza: è la Verità che rende liberi, non la condivisione del pensiero della maggioranza!


Fonti:

Avvenire

Bussola quotidiana

Corriere Salentino

Lecce Sette

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