IL QUARTO RE

E i sapienti dell’Oriente gli portarono oro, incenso, e mirra pura.
Il primo è Gaspare, porta la sua offerta: l’oro, un calice; forse un angelo se ne servirà per raccogliere il sangue delle mani crocifisse.
Dietro di lui è inginocchiato Melchiorre: il suo nome richiama Melchisedech, il Re di Salem che offrì il sacrificio del pane e del vino al tempo di Abramo. Fa ondeggiare l’incensiere davanti a Gesù Bambino come fa il sacerdote all’altare.
Ma dietro di loro c’è il nero Balthasar. Quale sole ti ha reso nero Balthasar, dai capelli crespi e dalle labbra spesse? Sei forse venuto da Saba, come fece la famosa regina, per vedere qui colui che è più grande di Salomone? Hai attraversato deserti e raccolto questa mirra che Maria conserverà sul suo cuore fino al giorno in cui il figlio sarà appeso alla croce.

Ma una vecchia leggenda racconta che quando, dopo il vostro viaggio, avete deposto i vostri tesori davanti al fanciullo e sua madre, il bambino non ha sorriso e non tese le mani verso l’oro luccicante. Il fumo dell’incenso fece tossire i suoi piccoli polmoni. Allontanò lo sguardo dalla mirra e, con gli occhi pieni di lacrime, si strinse a sua madre. I tre santi Re si alzarono e presero congedo, con la sensazione di persone che non sono state apprezzate secondo il merito.
Ma quando i loro dromedari scomparvero dietro le montagne, quando il tintinnio delle loro bardature si spense sulla strada di Gerusalemme, allora apparve il quarto Re. La sua patria era il paese bagnato dal mare del golfo persico: e di là aveva portato tre perle preziose, doveva donarle al Re nato in Occidente e di cui aveva visto la stella, la sera, nel roseto di Shiraz. Si era alzato e aveva lasciato tutto. Il Re di Persia prese il suo tesoro più raro, le sue tre perle bianche che erano grandi come uova di piccione, le mise nella cintura e decise di cercare il posto sopra il quale brillava la stella. Lo scoprì, ma arrivò troppo tardi. I tre Re erano venuti ed erano già partiti.

Arrivava troppo tardi, e con le mani vuote… Non aveva più le perle. Aprì lentamente la porta della stalla dove c’era il figlio di Dio, la madre di Dio e Giuseppe. Il giorno si spegneva e la stalla diventava scura, un leggero profumo d’incenso era lì sospeso, come in una Chiesa dopo i vesperi. San Giuseppe rivoltava la paglia della stalla per la notte. Il Bambino Gesù era sulle ginocchia di sua madre. Ella lo cullava dolcemente e a mezza voce cantava una di quelle ninna-nanne che si odono di sera quando si passeggia per le strade di Betlemme.
Lentamente, esitando, il Re di Persia si fece avanti e si gettò ai piedi del bambino e di sua madre. Lentamente, esitando, cominciò a parlare: “Signore, disse, io vengo separatamente dagli altri santi Re che ti hanno reso omaggio e di cui tu hai ricevuto i doni. Anch’io avevo un dono per te: tre perle preziose, grandi come un uovo di piccione, tre vere perle del Mare Persico.
Ora non le ho più. Sono rimasto indietro e mi sono fermato in un alberghetto lungo la strada. Ho avuto torto. Il vino mi tentava, un usignolo cantava, e decisi di passar lì la notte. Quando entrai nella sala degli ospiti, vidi un vecchio tremante di febbre. Nessuno sapeva chi fosse, la sua borsa era vuota: non aveva più soldi per pagare il dottore e le cure che gli erano necessarie. Signore, era un uomo molto vecchio, scuro e secco, con una barba bianca inselvatichita.
Allora presi una perla dalla cintura e la diedi all’albergatore, perché procurasse un medico e gli assicurasse le cure, o se morisse, una tomba in terra benedetta.
L’indomani ripresi il viaggio. Spinsi il mio asino il più possibile per raggiungere i tre Re. I loro dromedari avanzavano lentamente e speravo di raggiungerli. La strada seguiva una vallata deserta dove enormi rocce si ergevano sparse tra siepi di terebinti e ginestre dai fiori d’oro. All’improvviso udii delle grida che provenivano da un vallone.
Saltai giù dall’asino e trovai dei soldati che si erano impadroniti di una giovane donna. Erano in parecchi e non potevo pensare di battermi con loro.
O Signore, perdonami ancora una volta! Misi mano alla cintura, presi la seconda perla e comprai la sua liberazione. Lei mi baciò e fuggì sulle montagne con la rapidità di un capretto.
Adesso non mi restava che una perla sola, ma almeno quella volevo portartela, o Signore.
Era passato il mezzogiorno: prima di sera potevo essere a Betlemme, ai tuoi piedi. Fu allora che vidi un paesino al quale i soldati di Erode avevano attaccato il fuoco e che ormai era tutto in fiamme. I soldati stavano uccidendo tutti i bambini dai due anni in giù. Vicino a una casa in fiamme un enorme soldato faceva roteare un piccolo bambino nudo tenendolo per la gamba.
Signore, perdonami, presi la mia ultima perla e la diedi al soldato e questi riconsegnò il bambino a sua madre che fuggì via stringendolo forte sé.
Signore, ecco perché ho le mani vuote. Perdonami, ti chiedo perdono!”

Quando il Re ebbe terminata la sua confessione, ci fu nella stalla un grande silenzio. Egli stette per un po’con la fronte appoggiata per terra. San Giuseppe aveva finito di rivoltare la paglia e si era avvicinato. Maria guardava suo figlio tenendolo stretto al seno. Stava dormendo? No! Il Bambino Gesù non dormiva. Lentamente si girò verso il Re di Persia. Il suo volto era raggiante. Maria gli fece un cenno di avvicinarsi. Lui si fece avanti imbarazzato. Maria depose dolcemente il bambino tra le braccia del Re che era a mani vuote.

Buongiorno!

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