Un nome di sorpresa, firmato da un Papa che ha fatto del concetto di «sorpresa» una delle categorie privilegiate per parlare di Dio e dei suoi segreti percorsi. Perchè è Dio ad essere così: si fa cercare e si lascia trovare. A quell’appuntamento, però, non sarai tu a fissare le date e i luoghi. Come nelle più vertiginose storie d’amore: improvvise, danno un corso nuovo alla grande storia. Stamane Padova si risveglia con un nuovo Vescovo: l’han scelto altri per noi, per evitarci il rischio di confondere la grazia di Dio con i piaceri di quaggiù.
Hanno suonato le campane a festa, tutti ignari di quale storia si costruirà assieme a don Claudio. Hanno suonato lo stesso: per un grazie, per un benvenuto, per una storia di fede che non s’arresta. La diocesi che l’attende è tutt’altro che di semplice decifrazione: mille sfide l’abitano, diversi carismi ne compongono la trama, sfumature diverse di fede convivono tra loro non senza attriti di fatica. Storie di preti da batticuore, pagine di martirio fisico e dell’anima, echi di una fede sofferta e vissuta ai bordi. Eppoi la Padova ch’è incrocio di sangue e di accenti, di provenienze e di partenze, di cultura cattedratica e contadina. La Padova e le sue tante periferie: le due patrie galere, il fiume dei disperati che fuggono dagli orrori, lo struggimento di una crisi che ha messo a soqquadro l’imprenditoria geniale dei nostri padri. Le famiglie sul lastrico, le giovani generazioni alla faticosa ricerca di un senso alle loro fatiche, il dramma di padri senza più lavoro e dignità. Una città che non fa la guerra con carri armati e contraeree: fine d’intelletto, ama far la guerra col fioretto. Di mira, sulle sfumature, con stile anche nelle situazioni avverse e avversarie. Una città di cuore e di cancelli, di mani tese e porte chiuse, di menti aperte e di slogan noiosi. Una città d’arte, di miserie e d’innato fascino.
Essere condottiero di questa Chiesa non sarà opera d’elementare fattezza: alla profezia dovrà seguire la manovalanza e il rammendo, la semplicità di Francesco e la chiarezza di Benedetto XVI, il divino non senza l’umano, e viceversa. Il cognome del nuovo vescovo, Cipolla, rimanda ad un’immagine beatifica dello scrittore Daniel Pennac, quando parla degli studenti che vanno male a scuola: «In classe entra una cipolla: svariati strati di magone, paura, preoccupazione, rancore, rabbia, desideri insoddisfatti, rinunce furibonde accumulati su un substrato di passato disonorevole, di presente minaccioso, di futuro precluso. Guardateli (…) la lezione può cominciare solo dopo che hanno posato il fardello e pelato la cipolla». Pelare la cipolla: forse è questa la chiave pastorale migliore per scrutare il cuore dei preti di Padova. Basterà pochissimo: uno sguardo, una parola chiara, una telefonata per cancellare magoni, consolare gli animi, farli sentire tutti parte di una storia comune. I gesti semplici dell’amore di casa, nulla di più: sotto le erbacce, la terra è molto buona. C’è tutto un serbatoio d’obbedienza e di manovalanza a disposizione dello Spirito. Il medesimo che, ancora una volta, ha colto l’incredula Padova di sorpresa.
(da Il Mattino di Padova, 19 luglio 2015)
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