Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato
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«Se, con una testa d’asino, Sansone ha sconfitto i Filistei, cosa potrà fare il Signore, con un asino tutto intero?» amava dire, di sé, Giovanni Maria Vianney, famoso come il Santo Curato d’Ars, alludendo alla propria – non esattamente brillante – intelligenza, che lo fece sudare non poco sui banchi di scuola e del seminario.
Quante volte abbiamo bistrattato quest’animale, attribuendo a scarso intelletto una delle caratteristiche principali che lo ha reso, nel tempo, servitore fedele ed instancabile nelle fatiche umane e, in alcune regioni del mondo, ancora oggi prezioso ed insostituibile compagno di viaggio: la sua innata mansuetudine, testimoniata dai suoi occhi dolci e buoni.
L’asino risulta essere originario delle steppe comprese tra i mari Caspio e d’Aral. In Palestina, gli asini, animali robusti, servivano a lavorare la terra, ma erano anche utilizzati per girare la mola (macina), più voluminosa di quella girata invece a forza di braccia. Diversi popoli (Egizi, Greci, ma, in parte anche gli Ebrei) gli attribuivano una certa sacralità. Del resto, come nota lo studioso tedesco Marius Schneider, «nel raglio dell’asino, in questo grido duplice che si solleva e poi precipita in un rantolo crudele, c’è un simbolo di vita e di morte, c’è un suono primordiale che contiene tutti gli archetipi».
Questo animale, ricco di significati simbolici, compare altre volte nella Bibbia. oltre al già citato Sansone (che però utilizza solo una testa dell’asino, quindi già morto).
Particolarmente famosa è l’asina di Balaam, distolto nei suoi nefasti propositi da un “muto giumento”, che aveva parlato con voce umana: così è a sua volta citato nel Nuovo Testamento (2Pt 2, 16). Nel libro dei Numeri (Nm 22, 22-35) si racconta infatti di questo mago, che volle avvicinarsi al popolo ebraico, con l’intenzione di maledirlo. Dio intervenne, inviandogli incontro un angelo, di cui però l’uomo non si avvide: prima l’asina cambiò strada, poi fece innervosire il proprio cavaliere, causandone il ferimento contro un muretto di pietre eretto dall’angelo stesso per impedirne il passaggio, ed infine si sdraiò a terra, quando l’angelo le impedì di andare oltre. A quel punto, Balaam la percosse, rabbioso. L’asina allora parlò, spingendolo a ragionare, ricordandogli la sua fedeltà e facendogli notare che se lei, ora, si comportava diversamente dall’usuale, doveva evidentemente esserci un valido motivo. Allora gli occhi di Balaam si aprirono ed anche lui vide l’angelo e comprese. Al di là dell’episodio in sé, a noi rimane l’insegnamento che ne consegue: «La verità può benissimo uscire dalla bocca di un asino, e anche questo non dovrebbe meravigliarci: la verità non dipende dalla presunta grandezza [….] delle nostre intelligenze. La verità possiede una sua luce in se stessa, non in colui che la dice. […] La verità non è mai così grande come nell’umiliazione di colui che l’annuncia» (C. Bobin).
L’asino compare poi nella greppia di Betlemme, insieme con il bue, nella tradizione popolare, durante la narrazione della Natività: interpretata alla luce delle parole di Isaia («il bue conosce il suo proprietario e l’asino la mangiatoia del suo padrone, mentre Israele non conosce, il mio popolo non comprende» – Is 1,3), i padri della Chiesa, più o meno concordemente, hanno individuato nel bue il popolo giudeo (puro), che si affianca al popolo pagano (impuro); a ciò, complice la posizione del Bambino, abitualmente collocato nella mangiatoia, Gregorio Nazianzeno vede in aggiunta la simbologia di Gesù, quale alimento che nutre (e unifica) Giudei e pagani.
A commento dell’episodio dell’ingresso trionfale di Cristo in Gerusalemme, Origene riprende il nesso tra la cavalcatura del Messia e l’asina veterotestamentaria, commentando: «l’animale che prima portava Balaam, ora porta Cristo». Nel brano di Marco (Mc 11, 1 – 7), appare evidente che l’asino non sia trovato, ma scelto appositamente dal Cristo, che, in tal modo, realizza pienamente la profezia di Zaccaria, quella di un re che viene con intenti di pace, poiché l’asino era la cavalcatura quotidiana anche per i ricchi, per le vie tortuose e ripide della Giudea: Esulta grandemente figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina (Zc 9, 9). Nel medesimo episodio, narrato però da Matteo, l’accento è posto invece sulla presenza di due cavalcature, «un’asina legata e con essa un puledro» (Mt 21, 2). Da una parte, simbolica, questo dettaglio riprende il parallelismo di un Messia – ponte tra il popolo giudeo e quello pagano, dall’altro, riprende invece una caratteristica strettamente legata alla realtà animale: se, nel brano di Marco, resta l’ambiguità su quale sia l’animale cavalcato, nel brano di Matteo si chiarifica che l’asina accompagna il puledro perché l’animale, così giovane da non essere stato cavalcato, probabilmente, non si sarebbe lasciato condurre.
«Beati i miti, perché erediteranno la terra!» (Mt 5,5) ha modo di dire il Maestro, durante il discorso delle Beatitudini, evidenziando la fortezza insita nella vera mitezza. «Imparate da me, che sono mite ed umile di cuore» (Mt 11,29) aggiungerà. Conoscendo, dalla Parola, come si comportasse Gesù, sappiamo che era un uomo libero e schietto, capace di parole di tuono, come di gesti di tenerezza verso i più fragili e bistrattati. È chiaro quindi che la mitezza non va assolutamente confusa con la becera condiscendenza, magari addirittura per soddisfare i propri comodi.
L’asino, che in questa domenica, con discrezione, accompagna Cristo nel suo ingresso in Gerusalemme, ci sia da monito per ricordarci la dignità di servire senza chiedere di essere necessariamente al centro dell’attenzione e la preziosità di saper essere “portatori di Verità”, in quanto veicolo per essa, senza avanzare richiesta di privilegi per i nostri meriti.

Buona Settimana Autentica!


Fonti:

  • “La figura dell’asino nel cristianesimo delle origini”, tesi di laurea in Lettere Classiche di Emilio Brambilla (1994)
  • “Gli animali del Vangelo raccontano…”, Alessandro Pronzato, Gribaudi editore (2007)
  • Toscanaoggi
  • Bergamopost

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