Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

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Qua Qua Qua… il pigolio sommesso arriva da una siepe nelle vicinanze. Nemmeno il tempo di occhieggiare tra le foglie, che tra i rami più bassi fiorisce d’improvviso un becco marroncino. Mamma anatra scruta i dintorni. Un’occhiata di qua, una di là, la strada verso l’acqua sarà sicura? A quanto pare sì, eccola in marcia, decisa ed al tempo stesso guardinga. Zompetta con la sua tipica andatura buffa e non è sola. Dietro di lei un gruppetto di anatroccoli, ognuno uno spettacolo più bello dell’altro. C’è l’irruento, il primo della fila, che corre più veloce degli altri. C’è il curioso, quello che va a zig-zag a destra e a manca, piccolo esploratore in erba… anzi, in piume. C’è infine anche il timido, quello che al momento di entrare in acqua aspetta che siano tutti gli altri a tuffarsi e lui resta lì, pigolante e incerto, sulla sponda. Qua Qua Qua… Mamma anatra lo richiama, la paura della novità dev’essere vinta. Nel frattempo tutt’intorno s’è formata una piccola folla di bipedi umani, fanno il tifo per il piccoletto esitante; rilasceranno all’unisono un sospiro di sollievo solo quando l’anatroccolo troverà finalmente il coraggio di unirsi ai suoi simili.
Prima o poi tutti noi abbiamo assistito ad un episodio simile nella nostra vita, tutti abbiamo sommessamente incitato l’ultimo anatroccolo di turno, ridendo un po’ per la sua indecisione. Ciò che più mi piace di questo tipo di scenette è la stupenda simbiosi tra adulto e piccolini. Il primo fa il capofila, traccia la strada, ma sa aspettare tutti, con pazienza, richiamandoli quando necessario. I piccoli seguono ciecamente la madre, fidandosi di lei, ma al tempo stesso mostrando già le proprie caratteristiche, dall’esuberanza alla timidezza.
“Dietro di me!” ha rimproverato Gesù, nel Vangelo di ieri. Che burbero autoritario, questo Maestro, che mette a tacere quel povero ingenuo e sprovveduto d’un Pietro, troppo ottimista circa le sorti del proprio Messia! Quelli che s’indignano per un Cristo troppo crudo e severo non hanno mai assistito alla scuola di vita di mamma anatra. “Dietro di me!” starnazza il genitore piumato ad ognuno dei suoi anatroccoli: se qualcuno di loro si mette in testa di guidare la fila rischia di rimetterci (letteralmente) le penne, non conosce ancora i pericoli del mondo.
“Dietro di me!”: per coloro che dipingono Dio come un burattinaio insensibile è l’esclamazione dell’autorità che fa la voce grossa con i più piccoli e inesperti. Per quelli abituati al punto di vista della Misericordia, invece, questa frase è Amore che si tramuta in sillabe: chi si prende la briga di tracciare la strada si addossa anche tutta la fatica del capofila. È inoltre un atto di sovrumana fiducia: chi segue è lasciato libero se farlo o meno, qualunque sia la sua andatura.
“Stai davanti a me, così ti posso vedere” è la frase di qualsiasi genitore umano ai propri figli piccoli. Esclamazione spesso più che giustificata: con una sola occhiata è possibile tenere sotto controllo ogni cosa, dal percorso, alla gente, ai bambini. Da adulta la comprendo totalmente, da piccola non l’ho mai sopportata, perché mi dava l’orribile sensazione di procedere da sola e quindi mi voltavo ogni attimo per controllare se mamma ci fosse ancora: era così anche per voi?
Stai dietro di me, io ti vedo sempre e comunque – afferma invece la Misericordia – qualunque sia il tuo passo. È proprio perché mi fido di te che ti traccio la strada migliore. E ti lascio libero di seguirmi, così non dovrai mai aver paura che io ti perda di vista.

 

Fonte immagine: Pixabay.

Vicentina, classe 1979, piedi ben piantati per terra e testa sempre tra le nuvole. È una razionale sognatrice, una inguaribile ottimista ed una spietata realista. Filosofa per passione, biblista per spirito d’avventura, insegnante per vocazione e professione. Giunta alla fine del liceo classico gli studi universitari le si pongono davanti con un bel dilemma: scegliere filosofia o teologia? La valutazione è ardua, s’incammina lungo la via degli studi filosofici ma la passione per la teologia e la Sacra Scrittura continua ad ardere nel petto e non vuole sopirsi per niente al mondo. Così, fatto trenta, facciamo trentuno! e per il Magistero in Scienze Religiose sfida le nebbie padane delle lezioni serali: nulla pesa, quel sentiero le sembra il paese dei balocchi e la realizzazione di un sogno nel cassetto. Il traguardo, tuttavia, è ancora ben lontano dall’essere raggiunto, perché nel frattempo la città eterna ha levato il suo richiamo, simile a quello delle sirene di omerica memoria. Che fare, seguire l’esempio di Ulisse e navigare in sicurezza o mollare gli ormeggi e veleggiare verso un futuro incerto? L’invito del Maestro a prendere il largo è troppo forte e troppo bello per essere inascoltato, così fa fagotto e parte allo sbaraglio, una scommessa che poteva sembrare già persa in partenza. Nei primi mesi di permanenza nella capitale il Pontificio Istituto Biblico sembra occhieggiarla burbero, severo nei suoi ritmi di studio pazzo e disperatissimo. Ci sono stati scogli improvvisi, tempeste ciclopiche, tentazioni di cambiare rotta per ritornare alla sicurezza del suolo natio. Ma la bilancia della vita le ha riservato sull’altro piatto, quello più pesante, una strada costruita passo dopo passo ed un lavoro come insegnante di religione nella diocesi di Roma. L’approdo, più che un porto sicuro, le piace interpretarlo come un nuovo trampolino di lancio, perché ama pensare che è sempre tempo per imparare cose nuove.

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