Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

2021 12 01 22.11.34

Rito Romano ed Ambrosiano sono accomunate dalla compagnia del libro di Isaia, quale guida per la meditazione e la riflessione durante il tempo d’Avvento. 
Tipicamente d’Avvento è l’immagine che troviamo, in apertura del brano liturgico: si parla di un «germoglio del Signore», che «crescerà in onore e gloria». Un’immagine che si fa particolarmente potente ed evocativa, pensando che stiamo andando verso il periodo più freddo dell’anno. L’autunno, sublime pittore, che aveva dipinto con creatività le foglie degli alberi, tinteggiando i nostri panorami di rosso e d’arancio, di giallo e marrone, sta ormai lasciando il posto al “generale” inverno. Avvertiamo la temperatura abbassarsi e, di primo mattino, sempre più spesso, ad accoglierci è lo spettacolo delle prime brinate. Chi ha la fortuna di poter contemplare i campi, sa bene che, tranne rare eccezioni, sono tutti ‘addormentati’. Il seme, nel terreno arato, ‘dorme’ nella terra e – anche se non lo vediamo – si abbevera dell’acqua della pioggia che scroscia tra i solchi ed accoglie, avidamente, i rari raggi di sole che lo colpiscono, durante le rigide giornate invernali. 

Allora, visto che, in questi giorni, il germoglio è ben lungi dallo spuntare, dobbiamo pensare che il brano liturgico è fuori luogo? No, affatto, calza a pennello! 
È proprio in questo tempo, che dobbiamo guardare al germoglio. Se il contadino pensasse al germoglio, nel momento in cui lo vede, sarebbe ormai troppo tardi. Il suo intervento sarebbe, a quel punto, ininfluente, per le sorti del raccolto. Fare qualunque cosa servirebbe, al massimo, a placare i rimorsi. È quando il germoglio è ancora ben nascosto nella terra che il contadino è chiamato a prendersene cura, difendendolo dal rigore invernale, controllando l’integrità del campo e la sua fertilità, cosicché il seme possa trovare il terreno migliore, quando arriverà il tempo del germoglio.  

Anche i versetti successivi suggeriscono attenzione e cura, a partire dalle azioni di Dio, che «lava» e «pulisce dal sangue». Sono le azioni di una madre. Le azioni di chi, anche in questa occasione, spinge oltre lo sguardo e vede che, oltre alla bruttezza, si cela una bellezza da valorizzare, oppure, oltre al sangue sparso, c’è una ferita che, rimarginata, diventa nuovo punto di forza, nel cammino della vita. Ricordiamo, del resto, come, nella cultura ebraica, il rapporto col sangue è ambivalente: da una parte il contatto è considerato impuro, ma, in un certo senso, in questa paura atavica di contatto col sangue possiamo scorgere il sacro-santo terrore di fronte ad un territorio tanto vicino al divino, dal momento che è attraverso il sangue del parto che viene al mondo una nuova vita.  

Nel finale, troviamo poi quel riferimento ad una «nube di fumo durante il giorno e un bagliore di fuoco fiammeggiante durante la notte» (Is 4,4), che, per qualunque israelita, non può che essere significativo, evocando, inequivocabilmente, le vicissitudini nel deserto del popolo eletto, che per quarant’anni vagò, sulla scia della promessa di una terra a cui poter dare del ‘tu’.  

Anche l’ultimo versetto del brano liturgico della prima lettura ci congeda con una promessa, che può diventare la pietra angolare del nostro Avvento, ormai al “giro di boa”: 

«La gloria del Signore sarà sopra ogni cosa come protezione» (Is 4,5) 

Una garanzia che nulla sfugge allo sguardo di Dio. Ciò che può essere vissuto come minaccia dal cuore che si ostina ad un’utopistica autonomia, diventa in realtà la rassicurazione di quel Dio-con-noi, fedele alle promesse per chi “spera contro ogni speranza”(Rm 4,18), pronto a farsi Bambino perché impariamo ad abituarci ad un Dio che ci vuole concittadini del Cielo.  


Rif. Is 4, 2-5 (Prima Lettura festiva ambrosiana, nella Quarta Domenica di Avvento, anno C) 

In quel tempo. Isaia disse: «In quel giorno, il germoglio del Signore crescerà in onore e gloria e il frutto della terra sarà a magnificenza e ornamento per i superstiti d’Israele. Chi sarà rimasto in Sion e chi sarà superstite in Gerusalemme sarà chiamato santo: quanti saranno iscritti per restare in vita in Gerusalemme. Quando il Signore avrà lavato le brutture delle figlie di Sion e avrà pulito Gerusalemme dal sangue che vi è stato versato, con il soffio del giudizio e con il soffio dello sterminio, allora creerà il Signore su ogni punto del monte Sion e su tutti i luoghi delle sue assemblee una nube di fumo durante il giorno e un bagliore di fuoco fiammeggiante durante la notte, perché la gloria del Signore sarà sopra ogni cosa come protezione»  


 Fonte immagine: Pexels

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