Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

A Pasqua crolla il mondo.
A Pasqua succede la fine del mondo (il finimondo!).
Se si “fa Pasqua”, niente più va avanti come prima.
Tutto cambia.
Non si fa Pasqua senza una decisa rottura con il passato. Una rottura che trova la sua espressione più evidente nella confessione, attraverso la quale manifestiamo di voler morire al peccato e risuscitare alla vita, alla fede, alla pace, al perdono, all’amore, alla gioia, alla speranza.
Nell’Eucarestia non si trangugia una medicina amara, ma ci si accosta al Pane che alimenta la vita nuova: un pane di fraternità, di sincerità, di giustizia, di solidarietà, di condivisione.
Forse è proprio questo il paradosso della Pasqua: ritrovare le stesse cose di prima, ma nuove, “diverse”.

E bisogna che anche noi Lo risuscitiamo. Lo facciamo uscire dal sepolcro in cui l’abbiamo relegato. Lo liberiamo dalle bende dei nostri pregiudizi, dei nostri rancori, delle nostre delusioni, delle nostre frustrazioni. Lo ripuliamo dalle immagini caricaturali con cui abbiamo deformato il suo volto. Gli permettiamo di frantumare gli schemi e le visioni meschine in cui l’abbiamo imprigionato.
Dio segregato in chiesa. Ostaggio dei nostri riti formali. Addormentato dalle nostre nenie lamentose. Sorvegliato speciale perché non disturbi la quiete pubblica e si attenga strettamente al programma delle “onoranze” che abbiamo stabilito noi.
Vogliamo permettere a questo Dio di ridiventare Dio in noi?
Vogliamo consentirgli di manifestarsi, non come pretendiamo che sia, ma come è?
Vogliamo accordargli la libertà di compiere, non le cose che decidiamo noi – e che noi stessi, spesso, saremmo in grado di fare -, ma quelle “impossibili” che soltanto lui è capace di realizzare?
Accettiamo che si riveli molto migliore di quanto noi siamo soliti descriverlo, più tenero di quanto riusciamo a immaginare?
Accettiamo che ci regali una gioia, una pace, una qualità e un’ampiezza e un’intensità del vivere quali non osiamo neppure sospettare?
Forse la Pasqua è anche questo.

Nel giorno dopo il sabato, Maria di Magdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand’era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!” Uscì allora Simon Pietro insieme all’altro discepolo, e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti. I discepoli intanto se ne tornarono di nuovo a casa.
Maria invece stava all’esterno vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: “Donna, perché piangi?” Rispose loro: “Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto”. Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù. Le disse Gesù: “Donna, perché piangi? Chi cerchi?” Essa, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: “Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo”. Gesù le disse: “Maria!” Essa allora, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: “Rabbuni!”, che significa: Maestro! Gesù le disse: “Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”. Maria di Magdala andò subito ad annunziare ai discepoli: “Ho visto il Signore” e anche ciò che le aveva detto.
(Gv 20, 1-18)

Possiamo immaginare il suo passo. È quello tipico di chi si reca al cimitero. Non si corre di certo quando si ha un appuntamento con la morte. Così come non si corre allorché si è intruppati in un corteo che segue una bara. Non si corre quando uno va a versare lacrime sulla tomba di colui nel quale si erano investite tutte le proprie speranze, che si era amato più di tutto e di tutti.
L’andatura di Maria Maddalena verso il sepolcro è quella, pesante, faticosa, dolente, rassegnata, di una che si è vista strappare via l’amore, l’avvenire, e si porta addosso soltanto i ricordi e i rimpianti del passato.
Ma ecco che diventa all’improvviso testimone di un incidente. L’incidente più incredibile che si possa immaginare.
Ecco l’imprevisto, l’incidente inatteso. Quello che cambia tutto. Se questa pietra, che sigilla una tomba, non sta al suo posto, più niente è al suo posto.
Se non c’è ordine neppure in un cimitero, allora davvero ogni cosa è sconvolta.
Ha ragione il mio amico A. Maillot: “La Pasqua è Anarchia”.
La Pasqua getta lo scompiglio in tutto, confonde, sconvolge ogni cosa: gioia, tristezza, ragionevolezza, speranza, possibilità.
Il mattino di Pasqua si realizza un capovolgimento generale, uno sconquasso, uno scombussolamento totale: abitudini, tradizioni, leggi, necessità, esigenze.
Inutile voler riprendere il controllo della situazione secondo i moduli collaudati.
Dobbiamo accettare il disordine di Pasqua.
Se una pietra tombale non è più al suo posto, se nemmeno un cadavere sta più là dove era stato sistemato, se Maria di Magdala ha la sensazione di perdere due volte (da vivo e da morto) Colui che ama, allora l’unica maniera per essere ragionevoli è quella di perdere la testa.
La Maddalena perde la testa.
In seguito all’incidente di cui è la prima testimone, si lancia in una corsa frenetica, che contagerà anche altri.
Sì, il mattino di Pasqua si va all’incontro con Gesù… di corsa.
Maria di Magdala corre verso la casa dove stanno gli amici del Maestro. 
A loro volta, Pietro e Giovanni, informati dell’incidente, si mettono a correre in quella direzione.
Tutti corrono, si incrociano, fanno perfino un po’ di confusione, come quando succede una disgrazia, cercano di rendersi utili in qualche modo.
Ma qui una disgrazia irreparabile è toccata alla Morte, dopo essersi azzuffata con la Vita: “Morte e Vita si sono affrontate in un prodigioso duello…” (Sequenza del giorno di Pasqua).
Ed è successo qualche cosa di grave, di irreparabile, alla Morte. Proprio a lei, che sembrava padrona assoluta del campo, dominatrice incontrastata da sempre, abituata ad avere immancabilmente l’ultima parola.
Amico, per caso hai disimparato a correre? Ti vergogni, adducendo come pretesto il fatto che non sei più un ragazzino, e che certe cose sono disdicevoli per un uomo posato?
Sei diventato anche tu saggio, prudente, controllato, come chi sa che non vale la pena affannarsi, bisogna abituarsi alla morte?
Anche tu vai in chiesa col tuo passo abituale, tranquillo, un po’ legnoso, disposto ad assistere a una calma liturgia, ad ascoltare un sermone rassicurante.
C’è gente che va a “fare Pasqua”, o si reca abitualmente in chiesa, magari tutti i giorni, come si va a un funerale. Con una certa compostezza, compunzione, cercando di darsi un certo contegno, assumere una certa aria perbene, apparire cortese, garbata.
Non succede niente. Tutto in ordine, previsto, regolamentato. Nessuna sorpresa.

Amico, lasciati portare via il tuo Dio triste.
Non contribuire anche tu a mettere in circolazione l’immagine di un Dio triste, di una Chiesa cupa e severa, di un cristiano mesto e annoiato.
Lascia che altri vadano a trovarlo, con passo lento e ritmato, al cimitero…
Tu, come Maria di Magdala, apriti alla sopresa di un Dio “irriconoscibile” rispetto a quello del passato.

Sul Calvario avevano trionfato le solite logiche, le solite complicità: l’odio, la violenza, il fanatismo cieco, la stupidità, gli interessi dei poteri coalizzati, il tradimento, il complotto, la corruzione.
Tutto era rientrato nell’ordine dopo il sussulto provocato da Gesù di Nazareth. Il germoglio della speranza, da Lui fatto crescere, era bruciato. La terra, dopo quel sussulto, tornava a rotolare come prima.
Eliminato il disturbatore, colui che pretendeva rovesciare le strutture consolidate e i riti collaudati, reinventare le regole del gioco (gli ultimi che diventano i primi e i primi gli ultimi; i miti che possiedono la terra; i superbi, gli altezzosi rovesciati dai troni e gli umili innalzati; i peccatori e le prostitute che precedono nel Regno le persone perbene), adesso qualcuno tornava a dormire tranquillo…
Invece, ecco che il mattino di Pasqua tutto viene rimesso in discussione. Vengono cambiate le regole del vecchio gioco. Anzi, è apparso un mondo nuovo. A Pasqua ha vinto l’amore, non la violenza. Ha vinto la debolezza, non la forza. Ha vinto, paradossalmente, la carta perdente. Ha vinto il perdono e non l’odio.
Una vittoria possibile anche per noi oggi.

(Alessandro Pronzato)

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Questi gli ultimi contributi pubblicati:


Gli Appuntamenti della Settimana

MARTEDÌ 7 APRILE 2015

  • Dalle 9 alle 10, don Marco sarà ospite della trasmissione “Bel tempo si spera”, in onda su Tv2000 (Canale 28 – Sky Canale 140 –  tivùsat 18).

 

MERCOLEDÌ 8 APRILE 2015  

  • A Thiene (VI), presso la Scuola di Formazione Teologica del Centro Parrocchiale “Antonio Ferrarin” (Parrocchia San Vincenzo, Piazza del Giubileo, 6 – Thiene), continuano le lezioni: dalle 9 alle 11 ci sarà la dodicesima lezione del corso di don Marco Pozza, dal titolo «Gesù di Nazareth. I passi scalzi della Bellezza».

 

VENERDÌ 10 APRILE 2015

  • A Thiene (VI), presso la Scuola di Formazione Teologica del Centro Parrocchiale “Antonio Ferrarin” (Parrocchia San Vincenzo, Piazza del Giubileo, 6 – Thiene), continuano le lezioni: dalle 20.30 alle 22.30 ci sarà la dodicesima lezione del corso di don Marco Pozza, dal titolo «Gesù di Nazareth. I passi scalzi della Bellezza».

Buona Pasqua di Resurrezione e Buona Settimana!

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