Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

scimpanzè

Molto più che ad una ciurma d’amori, assomiglia ad una tribù di scimpanzè la prima Chiesa nascente: quando si ubriacano del potere, tendono a perdere il controllo. Il potere – il vero potere – quand’era in vita il Maestro, seppur a fatica, glielo lasciarono: bastava, però, iniziare a proiettarsi nel tempo senza-Cristo per andare via di testa completamente. Tutto nella norma, tutto come accade nella vita quaggiù: mentre è ancora vivo un padrone – padre di famiglia – invece che stare chini a rubargli i segreti di tanto lusso (d’animo), sgomitando si allenano i gomiti per farsi strada. E farsi trovare pronti nell’attimo in cui il padrone partirà. Sono manovre pericolosissime, sorpassi azzardati, il limite di velocità è infranto: se si accorge il padrone si rischia una lavata di capo (“Volete farmi morire prima del tempo?”), se si accorgono i fratelli iniziano le guerre intestine dentro casa. È storia feriale: certe scelte si fanno in pochi secondi, ma si scontano poi per tutta la vita. Rischiando di smarrire la rotta, così navigati eppure così naufraghi: «Il colonnello Aureliano Buendia, smarrito nella solitudine del suo immenso potere, cominciò a perdere la rotta» scrisse Gabriel Garcia Marquez. Non solo lui.
Anche gli apostoli-scimpanzè, i miei diretti antenati: «Maestro, vogliamo tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Detto così, con nonchalance, anteponendo l’arroganza al buon senso. Giacomo e Giovanni – chiamali stupidi! – han fiutato di aver trovato la gallina dalle uova d’oro: “Appena avrete l’occasione – sembra aver detto la madre, visto che il frutto cade poco lontano dall’albero – vedete di sistemarvi la vita, finch’è in vita quel vostro Amico”. Amico che, in quanto amico, fa pure finta di starci al gioco: «Che cosa volete che io faccia per voi?» risponde a quei due arrampicatori-ecclesiali. Che, senza la minima vergogna, la sparano altissima: «Di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». Il fatto, dunque, s’era fatto serio: non solo il potere assoluto nelle mani di due di loro, ma che quel potere concedesse loro d’apparire così superiori agli altri dieci da avere la quota di maggioranza nel Regno dei Cieli. Cristoddio, non è poi difficile immaginarlo, con le mani nei capelli: “Diommio, che disastro! Questi non vogliono proprio capire che chi diviene potente non potrà più amare. Che quanto più grande è il potere, tanto più pericoloso l’abuso. Come spiegarglielo, Padre?” L’agitazione sale, la ciurma si spacca in due-contro-tutti: «Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono ad indignarsi con Giacomo e Giovanni». Ovvio, cos’altro avrebbero potuto fare se non allarmarsi nell’immaginarsi eredi di un’eredità già azzerata con il Padre ancora in vita? La cosa chiara, in quella faccenda scura, era che quei due fratelli stavano tentando un colpo di stato. Il colpo gobbo a Dio.
Che, pian-piano, per l’ennesima volta, prova a lavar i panni sporchi dentro casa: «Li chiamò a sé, e disse loro». In casa, che nessuno ascolti il rimbrotto: la delicatezza di Cristo, certi giorni, pare persino ingenua, tant’è bambina. Eccolo, a cercare di far germogliare fiori tra le rocce di cuori di cartapesta: «Voi sapete che i governanti dominano (…) Ma tra voi non sia così». Pare di vederlo mentre è all’opera nel calmare gli animi, nel ricucire i rapporti, rimettere pace tra fratelli: “Come uomini – avrà pensato guardandoli – non andranno mai giudicati, questi miei amici, dalle scelte giuste, ma da come riusciranno a venirne fuori da quelle sbagliate”. Non li umilia affatto per quel loro desiderare il potere, semplicemente corregge il loro desiderio: “A governare comandando son capaci tutti. Come ieri vi avrò detto che a pescar pesci son capaci tutti. Ci trovate gusto? Noi andremo a governare servendo, così li metteremo tutti in ginocchio. Se vi fidate, rischiate di diventare i primi della classe!” Ti immagini i volti, vedendosi garantire il potere assoluto, ma opposto ai loro sogni? Partì Lui, diede il (buon) esempio: «Il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire» (cfr Mc 10,35-45). L’altro potere non farà mai le cose giuste, farà solo la storia. Lui, invece, voleva vincere (sul)la storia.

(da Il Sussidiario, 16 ottobre 2021)

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».
Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Marco 10,35-45).

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