Piccoli Corona crescono: dimodochè dal capostipite che presto divenne l’emblema di chi ricatta per estorcere soldi – anche se lui si giustificava di rubare ai ricchi per dare ai poveri, come un novello Robin Hood – la moda è andata impercettibilmente attecchendosi fino a diventare uno stile oggi comune, strumento idilliaco per fare soldi minacciando la figura e la credibilità di chi presto diviene vittima e carnefice di se stesso. Giorni fa è toccato ad un prete divenire vittima di un presunto amante gay, pronto a smascherare una storia – presunta o reale – di omosessualità nel caso non avesse ricevuto soldi per comperare il suo silenzio. Si ricattano i politici, gli sportivi e gli sposi. I compagni di classe, le maestre e pure le fidanzate. Nulla stupisce che si ricattino pure i preti. Anche se la loro sorte – per fortuna o purtroppo – difficilmente passa inosservata quando ad entrare di mezzo è il lato affettivo – scandalistico. Ma questa potrebbe essere la classica medaglia dalle due facce.

estorsione

La faccia di chi estorce. Fin troppo semplice “sparare sulla croce rossa”: in tempi tristi in cui il lato affettivo e intimistico del sacerdote è diventato preda di gossip e millanterie varie (alcune delle quali giustificate dalla realtà), oggi ricattare un prete è forse la cosa più semplice e banale: una mossa da dilettante. Quale altro aspetto è così difficile e delicato da trattare e giustificare come la vita affettiva di un sacerdote? Oggi basta dire – o solamente insinuare – che un prete abbia strane frequentazioni perchè la sua credibilità venga infangata in eterno. Se è vera nulla giustifica l’insabbiamento, ma se talora una notizia fosse solo frutto di invidia e gelosia chi ricostruisce la credibilità di un sacerdozio dato in pasta ai luoghi comuni? Oggi chi per conto di Dio è chiamato ad essere sacerdote è cosciente che questa è la nuova forma di martirio: quello che un tempo andava sotto il nome di graticole, esecuzioni e lapidazioni oggi è stato sostitutito dalla derisione, dal sospetto e dal ricatto. Perchè raccontare le storie belle di qualche prete non fa notizia: e allora meglio distruggere per il solo gusto di distruggere. Non sapendo mai, però, i mandanti di tale persecuzione: cosicchè si finisce col vivere sospettosi tra le mura di casa. O della propria chiesa.
Ma c’è anche il volto di chi è vittima dell’estorsione. Un giorno accusarono il buon Oreste Benzi d’essere andato “a puttane”. Lui comparve al TG5 e disse: “Sono gli alberi più alti quelli che nella foresta sono sbattuti dal vento”. Le voci scomparvero e lui sulle strade continuò ad andarci fino in punto di morte: grazie al coraggio di mostrare la sua coscienza pulita. Perchè, dunque, accettare di pagare per anni soldi se si sa di avere la coscienza a posto? Ci sono gli appositi uffici, le dovute modalità di denuncia, persone preposte a questa forma di tutela: che non significa mancare di bontà nei confronti di persone magari più deboli – come possono essere gli estorsori – ma essere coscienti che l’immagine infangata di un prete è l’immagine della Chiesa stessa che si sporca. E a questa Chiesa noi dovremmo cercare di riservare l’attenzione più pulita possibile. Se chi estorce vince la prima volta, difficilmente smette la seconda. E un’azione partita magari per troppo buon cuore, finisce per tramandare alla storia il suo esatto contrario.
Essere giusti è dare a ciascuno il suo, c’hanno tramandato i latini. E dare a ciascuno il suo significa forse aprire gli occhi e non temere l’uso della giustizia se ad essere messa alla berlina è la credibilità di una Chiesa che – vittima e carnefice – viaggia già con il fiatone sul collo. Poi chi sbaglia veramente paghi: ma non saranno i soldi dell’estorsione bensì la penitenza che, sola, redime.

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