Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

alzatiSulla riva del lago ad Andrea quell’Uomo di Nazareth – apprendista falegname esperto di pescatori – deve aver detto più o meno questo: “Andrea, non stare a raschiare questo lago con le tue reti per tutta la vita, vuoi buttarti nell’avventura del Regno di Dio? Guarda che non sarà una vita facile, ma io ti sosterrò. Ti interessa?” Uomini non più uomini quei pescatori, i primi sacerdoti dell’umanità, uomini i cui occhi troveranno come credito la visione di cose prodigiose: “non abbiamo mai visto nulla di simile” (Mc 2,1-12). D’altronde a scoperchiare le case fino all’altro giorno era il vento tempestoso di Galilea, o qualche tormenta improvvisa ch’era infida nemica nelle loro notti di pesca. Stavolta a scoperchiare il tetto ci pensano loro: gli amici di un paralitico. E Lui a godersi questo simpatico siparietto. A dir la verità Gesù di Nazareth preferisce i miracoli “a due”, quelli che non lasciano traccia: prendere un infelice per mano e portarselo via lungo un sentiero dove non ci sia nessuno, tra nascondigli capestri, alberi e nuvole. E poi rimetterlo in piedi, ammonirlo nel segreto di tacere (monito puntualmente disatteso per troppa gioia, ndr) e tornarsene in un luogo segreto a pregare. Specializzato in questi, non disdegna però i miracoli polemici, le “cose mai viste” con le quali è necessario ribattere agli impostori e ai sofisti. E allora su in piedi, paralitico, prendi il lettuccio e vattene. E voi, gente, guardate! E’ più facile perdonare i peccati o mandar via questo paralitico con il letto in spalla? Bisogna crederci proprio per trascinare un malato inchiodato in barella su un tetto e da lì poi calarlo di peso dopo aver praticato un’apertura: più che forza di muscoli è la disarmante potenza di quel granello di senape cui è paragonata la fede. D’altronde se ci sposti le montagne, scoperchiare un tetto è un semplice allenamento per chi crede: infatti, “figliolo, i tuoi peccati ti sono stati perdonati”. Quel fardello penzolante è la cosa più concreta che ci sia: carne sfortunata e due occhi pieni di storia. Che c’è di più concreto oggi di un uomo che soffre?
Al paralitico i peccati sono stati rimessi, eppure la gente sta rattristata: dov’è la gioia? Il Maestro si guarda attorno, le facce deluse, gli occhi abbassati. E in quelle facce, ben leggibile, la mortificazione perché loro hanno scoperchiato il tetto sperando, stasera, di correre tutti e cinque lungo i viottoli dell’orto. Dei peccati nemmeno sapevano l’esistenza, la pesantezza, l’importanza. Correre con gambe guarite, sfamarci se abbiamo fame, bere se abbiamo sete. Vedere, sentire, toccare, vivere a lungo. Per questo noi cerchiamo quell’Uomo, e se c’è bisogno addirittura scoperchiamo i tetti. Ma se ci ridà l’innocenza e la pace del cuore gridiamo: “Tutto qui?”. “Andrea, guarda che non sarà una vita facile”: ci scambieranno per funamboli e maghetti, per guaritori ambulanti e venditori di pelli nuove. Tutt’al più crederanno se ci guadagneranno qualcosa. Sarà difficile spiegare loro che il miracolo dei miracoli è la pace del cuore. “Non importa, Andrea. Io ti sosterrò. T’interessa?” Tacciono tutti perché la domanda è pesante: “Che cosa è più facile?”. Nessuno ha il coraggio di rispondere. Forse ancora padroni di quella maligna contentezza: perché rimettere i peccati (è scritto nella loro sapienza di dottori) spetta solamente a Dio. Oggi ha bestemmiato: è stato colto in fallo. “Che cosa è più facile?”: rispondete! Tacciono, e oggi sarebbe lo stesso: oggi saremmo ancora tutti là, portatori di una banalità senza tempo, increduli e sbigottiti che quel silenzio, ancora una volta, sia Lui a romperlo: “Alzati e cammina”. Così dice il Signore:

«Non ricordate più le cose passate,
non pensate più alle cose antiche!
Ecco, io faccio una cosa nuova:
proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?
Aprirò anche nel deserto una strada,
immetterò fiumi nella steppa.
Il popolo che io ho plasmato per me
celebrerà le mie lodi.
Invece tu non mi hai invocato, o Giacobbe;
anzi ti sei stancato di me, o Israele.
Tu mi hai dato molestia con i peccati,
mi hai stancato con le tue iniquità.
Io, io cancello i tuoi misfatti per amore di me stesso,
e non ricordo più i tuoi peccati». (Isaia 43)

I miracoli del sabato, quelli che si vorrebbero impedire a Dio perché “è sabato”: l’idropico, la donna curva, l’uomo dalla mano secca, il paralitico di Cafarnao. Un giorno loro li racconteranno agli amici. Non uno, ma due miracoli: quello della pietà del Padre e quell’altro, non meno stupefacente, della crudeltà dei fratelli. Che alla gioia di Cristo risposero: “è sabato, maledizione!”. Cioè: “lascialo soffrire ancora un altro giorno”. Invece il paralitico stasera correrà.
Perché per l’Uomo dei Vangeli credere in Dio non è una formalità domenicale.

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