Come nota stonata nello spartito di un mandato presidenziale di tutto rispetto. Tanto che ha chiesto pubblicamente scusa per la dimenticanza: quella d’essersi scordato, nel mezzo di un manipolo di “saggi”, di aver inserito anche la figura di qualche donna. Quasi la conferma di un maschile sospetto: che le sorti del mondo e di uno stato poggino esclusivamente sul maschile; che, però, senza il femminile mai avrebbe potuto esordire nel palcoscenico dell’esistenza. Nota stonata se, appena qualche giorno prima, quattro uomini – passati alla storia con l’appellativo di evangelisti – hanno addossato alle donne la prima testimonianza della Risurrezione. E’ il paradosso dei Vangeli: nell’epoca in cui la voce della donna e dei bambini era ritenuta inaffidabile, lo stupore di quel primo mattino pasquale è stato tutto stampato sul volto delle quattro donne accorse al sepolcro. Quasi un voler dare loro ragione di tutta quella trepidazione e insonnia che abitava nel loro cuore: sono state loro, capeggiate da Maria di Nazareth, a tenere viva la fiammella della speranza nel lungo sabato del silenzio. L’impero della Speranza era tutto in quei passi silenziosi e femminili che mai si diedero per vinti quando la storia sembrava capitolare nella disperazione.
La Pasqua profuma di femminilità: solo alla sera di quel primo giorno arrivano i passi degli uomini. Ci sono mattine in cui le donne arrivano sempre e tremendamente prima degli uomini: sono le mattine che seguono al dramma di una perdita, di un fatto nefasto, di un’agonia notturna o, forse, di una lunga disperazione. Sempre là, di corsa verso qualsiasi sepolcro della storia perchè in loro è stata posta la custodia della vita fin quando Dio tornerà. Le donne e Dio: un connubio che rende gelosi noi uomini. Le donne dimenticate da Giorgio Napolitano sono le stesse donne cantate da Papa Francesco: a loro – due a rappresentanza di tutte – ha lavato i piedi nel giovedì santo. Quasi a ricambiare l’affettuoso gesto della donna peccatrice quand’era ospite quella sera nella casa di Simone. Ne ha tessuto le lodi mercoledì scorso, a Pasqua avvenuta, ricordando all’umano come siano state loro le prime spettatrici del Risorto. Semplicemente donne, ad un passo dal divino. Il cristianesimo nacque dall’incontro col Risorto il mattino di Pasqua: le prime ad incontrarLo furono le donne. Bastò forse lo spazio di uno sguardo e tutto fu chiaro: alle sorgenti del fatto cristiano ci sta il femminile. Le guardi mentre s’adoperano a tenere accesa la vita: nelle sale parto degli ospedali come nei sepolcri delle carceri, negli spazi in cui l’uomo cede come nelle croci più insopportabili, nell’errore e nel dolore, nell’angoscia e nell’amore. Quando tutto sembra mancare e la luce spegnersi, appaiono loro: indomite, forzute, inarrestabili. Se si spostano è per discrezione, quando s’intestardiscono è per amore, quando scompaiono non sono donne.
La saggezza è il saper valutare in modo corretto, prudente ed equilibrato tra le varie opportunità. Escludere dal parlamento dei saggi chi, per natura, è così corretta da assumere su di sé la fatica del parto per fare spazio alla vita è come brevettare la ricetta per una morte veloce. Consola che un Papa della porta accanto come Francesco abbia ridato loro lo spazio che spetta a chi, per prudenza, ha atteso qualche ora prima di firmare l’avvenuta disfatta della speranza. L’uomo ha paura della donna, forse per quella predilezione maschile alla sicurezza che ogni tanto fa dimenticare che, almeno nei Vangeli, le chiamate non prevedono addestramento ma esigono lo sbaraglio. Lo sbaraglio di chi, nata col femminile addosso, ha raccontato al mondo la vera saggezza: quella di non darsi mai per vinte. Per loro è stato il primo profumo di Pasqua.
(da Il Mattino di Padova, 7 aprile 2013)