Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

michele-misseriWow. Accipicchia. Cristosanto: una di queste tre potrebbe essere stata la risposta del popolo semplice. Perchè se il dramma di una morte infame viene appreso in diretta televisiva, variegate possono essere le esternazioni. Non capita tutti i giorni di contemplare in tempo reale il volto di una madre doppiamente massacrata: dall’orrore infame di scoprire che l’assassino abita tra le mura di casa e quello altrettanto infame di contribuire a fare audience mettendo la faccia in pasto alla barbarie d’inchiesta. Cosa sia una madre solo una madre lo potrebbe raccontare: il grembo che tesse la vita, la femminilità dell’attendere, l’ansia di una maternità che sboccia. E poi la vita che cresce, il sopraggiungere delle preoccupazioni e quel pizzico di bellezza e di fascino che a quindici anni rende tutto più complicato e rischioso. Nove mesi d’attesa contro nove secondi in cui le telecamere hanno inchiodato il viso tragico e tagliente della donna di Avetrana: quanto basta per capire che il massacro è stato vivisezionato in mondovisione. Ma si sa che “bad news are good news” (le cattive notizie sono buone notizie) è uno dei motti del giornalismo: e allora salviamo almeno il salvabile da questo grande carrozzone che volente o nolente deve continuare. E che ci costringiamo ostinatamente a chiamare ancora vita.
Le quote rosa un giorno ci dovranno dire quanto vale il corpo di una donna. Perchè Avetrana è l’emblema massimo (e si spera sempre non duplicabile) di una barbarie che quotidianamente si sta consumando sotto il cielo degli uomini. Molestie sessuali, piacere a pagamento, godurie sponsorizzate, tentativo di stalking e violenze domestiche che hanno per protagoniste donne giovani e meno giovani stanno ormai diventando l’alfabeto di una lingua che paurosamente non ci spaventa quasi più. Fino al giorno in cui un tentativo non andato in porto ci mostra l’effetto massimo conseguente: che non è solo la morte, ahimè, ma anche la violazione sessuale di un cadavere morto. Cosicchè nemmeno dopo morta una donna non recupera il diritto d’essere protetta. Magari fosse solo questione di follia quella di Michele Misseri perchè forse la si potrebbe curare. In quel gesto se ne sta nascosto il cinismo, la freddezza, lo studio, l’appostamento, le previsioni, il fiuto del cane che sbava sulla preda, la violenza cieca di un animale feroce. Le donne e i bambini sono difesi persino dal popolo del carcere, quello che grida vendetta e morte ai pedofili, ai violentatori e agli stupratori. Peggio dei gironi danteschi dell’Inferno, perchè qui l’uomo ha riacceso l’animale che era. E che forse rimarrà in alcuni frangenti della vita.
Questa sia una storia che vada letta dal mondo intero: non per pura passione d’indagine, ma per immaginare quali possano essere stati gli ultimi scatti apparsi nella mente di Sarah. Le ansie e forse i sospetti, le avance rifiutate le prime volte, il terrore di un corpo cattivo a distruggere un terreno giovane, la vergogna di parlarne a casa. La convinzione che dietro il cappello da “ritratto di Van Gogh” di quel contadino lavoratore ci stesse un killer pronto a freddarla in caso di rifiuto. E forse una frase che avrebbe rubato allo scrittore americano Colum McCann: “con tutto il rispetto per il cielo, a me piace quaggiù”. Perchè una ragazza ha tutto il diritto di sognare a colori a quindici anni.
Chissà domande senza risposta in questi giorni. Domande che serviranno solo a chi rimane, per cercare di sopravvivere. Perchè certe porte una volta aperte non possono più essere chiuse.

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