Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

ramendare

“Aggiustare” è verbo di riparazione, viene dopo una rottura, rievoca la più bella manovra umana: quella di pronto-soccorso. E’ un verbo che piace a pochi: troppo gravoso, è un verbo flemmatico, anticipazione d’infinita pazienza. Meglio un tutto-nuovo, da eliminare in fretta: ormai non si ha manco più la pazienza di aggiustare un apriscatole, figuriamoci un rapporto umano. Cristo, invece, anche stavolta è bastian contrario, scarabocchiando un memorandum ai discepoli: «Il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli» (Mt 18,14). Malandrini, prostitute, ruffiani, assassini: tutti piccoli nell’anagrafe di Dio, tutte storie nelle quali rivoltare la disperazione in speranza. Ci vuole grande cuore a fare questo, un po’ come amare: ci vuole coraggio per innamorarsi, ma ci vuole ancor più coraggio per tornare indietro e riparare quello che si è rotto. Ci sono troppe persone in circolazione, tutte seriose, che vorrebbero cambiare la vita alla gente quando, più semplicemente, basterebbe solamente aggiustare. Mi piacciono gli aggiustamenti, la riparazione: sia per le colpe, che per le suole delle scarpe. Cristo è contro la rottamazione, schifa l’usa e getta. È Dio: se può, finchè può, ripara. Anche, prima, mettendo al riparo se serve. Poi, vale bene la regola d’oro della libertà: non puoi aggiustare ciò che vuol rimanere rotto.
Le istruzioni per la riparazione – «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te» – son quasi materia da ridere, non fosse che escono dalla bocca del Dio-Riparatore: prima un’ammonizione da solo, poi con due-tre persone, poi con la comunità intera. Gradualmente, però: sempre dal basso, da uno, poi due fino alla comunità. Nessuna gogna, dunque, per chi è caduto nel peccato. Solo l’augurio d’incappare in una presenza riparatrice: «Si deve arrossire per un errore commesso e non per la sua riparazione» (J.J. Rousseau). Chi ripara, poi, è consapevole che i casi sono due: o si riesce ad aggiustare, o non si riesce. In caso che la rottura s’aggiusti – dice Cristo con una concretezza senza eguali in materia d’economia – «avrai guadagnato il tuo fratello» “Guadagnare” è verbo di arricchimento, la paga di chi lavora, sogno proibito di chi investe, magari gioca. E’ verbo di fratellanza, ha una sfumatura di valore: come da alcune cose non trai nessun guadagno ma ci ricavi una percentuale di valore, così dalle persone. Il guadagno, stavolta è sangue del tuo sangue: un fratello perduto l’hai ritrovato. E’ plus-valore: «Ma allora che ci guadagni? – chiede il Piccolo Principe alla sua volpe – “Ci guadagno il colore del grano”, disse la volpe» (A. de Saint-Exupéry). Nessuna moneta, signori: il saldo avverrà tramite bonifico di colore, quello del grano. Il colorito degli occhi di un fratello ch’era rotto ed è stato aggiustato.
Ci vuol grazia, però, per correggere senza mortificare. Sarà un po’ come il corteggiamento di una donna: corteggiarla è saper correggere gli errori che han fatto gli uomini venuti (andati via, mandati via) prima di te. Adoro i giapponesi quando si mettono a riparare: nell’oggetto rotto esaltano la crepa riempiendo la spaccatura d’oro, convinti come sono che quando qualcosa ha subito una ferita diventa ancora più bello. Una riparazione colore dell’oro! Cristo, comunque, non è affatto ingenuo, calcola anche che la riparazione non vada a buon fine: «Se ti ascolterà (…) Se non ti ascolterà». Con mancato ascolto – non puoi aggiustare ciò che vuol rimanere rotto – «sia per te come il pagano e il pubblicano». Il che, badate bene, non significa affatto avere perso tempo per nulla: resta la bellezza di averci provato, anche stavolta, per l’ennesima volta, credendoci come fosse la prima volta. Gli intelligenti, prima d’arrendersi, ci riproveranno settanta-volte-sette: sanno bene che ci sono uomini a cui occorre più tempo per scrivere che per correggere. Eppoi ci sono altri ai quali serve più tempo per correggere che per scrivere: nessuno è uguale all’altro. “Qui si fanno riparazioni personalizzate” ha affisso Cristo alla porta della sua bottega, ch’è la Chiesa. Nessuno la tolga.

(da Il Sussidiario, 5 settembre 2020)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano.
In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.
In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Matteo 18,15-20).

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Dal 3 giugno in tutte le librerie I gabbiani e la rondine. La Via Lucis di Papa Framcesco (Rizzoli), il nuovo libro di Marco Pozza

La sofferenza, la rinascita, la bellezza nella Via Crucis che ha commosso il mondo.
Roma, 10 aprile 2020, Venerdì Santo. Nel pieno della pandemia, la Via Crucis celebrata dal Papa non si svolge in mezzo alla folla, nel Colosseo, ma nella piazza San Pietro deserta, sotto lo sguardo dell’antico crocifisso della chiesa di San Marcello al Corso. Le parole che risuonano nella notte della morte e del dolore provengono dalla parrocchia del carcere di Padova: a meditare sulle quattordici stazioni della Passione di Cristo è un’intera comunità di uomini e donne che abita e lavora in questo mondo ristretto. “Mi sono commosso” ha scritto Papa Francesco. “Mi sono sentito molto partecipe di questa storia, mi sono sentito fratello di chi ha sbagliato e di chi accetta di mettersi accanto a loro per riprendere la risalita della scarpata.” In questo libro, partendo dalle meditazioni sulla Via Crucis raccolte e scritte insieme alla giornalista e volontaria Tatiana Mario, don Marco Pozza ha costruito un racconto sulla fede e la risurrezione dei viventi: la Via Crucis di Gesù diventa così una Via Lucis degli uomini, la cui sofferenza è stata riscattata da Cristo in persona. “Mai celebrata una Via Crucis così” scrive l’autore. “Pareva davvero d’attraversare l’Odio desiderando l’Amore.”
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