Ignazio SiloneEscono da messa e sgattaiolano via lungo il sagrato, versione pseudo-religiosa della Trinità dei Monti mondana. Un sorriso manco a pagarlo oro. Sui volti i cartelli più vari: “Chiuso per ferie. Chiuso per abitudine. Chiuso per stanchezza. Chiuso per noia. Chiuso per qualunquismo. Chiuso per fandonie. Chiuso per allergia. Chiuso per mancanza di idee. Chiuso perché non acceso. Chiuso per sonno. Chiuso per vergogna. Chiuso per disinteresse”.
Eppure, se non s’è inceppato il play del Credo, pure loro hanno ripetuto (a vanvera o coscienti non cambia): “E di nuovo verrà nella gloria… Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen”. Sui sagrati delle chiese questa domenica sta un banchetto con dei bigliettini. Prendeteli: niente soldi e nemmeno offerta libera. Solo l’obbligo di leggerli. Sta scritto: “Sono stanco di stare con gente che dice di aspettare il ritorno di Cristo e la risurrezione dei morti con la stessa indifferenza con cui si aspetta il tram” (I. Silone).

Dimenticate per un istante il cappellano di paese, quel chierichetto paffutello che farebbe impallidire di ironia e crepacuore lo scrittore francese Bernanos: tutto clergyman e ossequi, salamelecchi e inchini, incensi, misticismi e addobbate riverenze. Con le scarpe nere perennemente luccicanti e la piega del vestito rattoppata a puntino. Confinatelo alle ortiche se per un solo istante volete assaporare il brivido folle di tuffarvi nel misterioso abisso in cui s’è infossato questa domenica il giovane Geremia profeta. Avventuratosi per conto terzi (nessun uomo cosciente accetterebbe di tentar la carriera con Lui proponendosi), ad opera appena iniziata viene malmenato dalla fatica dis-umana del chiamato. Vocazione che, dopo una sistemazione iniziale su ali d’aquila, dischiude allo sbaraglio nei cieli della storia! La strategia non prevede addestramento alcuno. Umiliato e perseguitato, sospettato e ingiuriato, allontanato, segregato e violentato interiormente: “Terrore all’intorno! Denunciatelo e lo denunceremo” (Ger 20.10-13). Un uomo isolato – dai parroci del tempo e, apparentemente, dal suo Dio -, impopolare, sempre contro, costretto a dire cose che nessuno voleva sentire, contestato da altri profeti falsi e formalmente composti che starnazzavano a memoria cose più gradite e ragionevoli. Dai pulpiti dei templi per ingrossare e ingrassare le finanze societarie. Gli amici-parrocchiani – avvertendo al loro interno una voce stonata nella melma dell’ipocrisia – ne spiavano la caduta, la invocavano, la cercavano. La ideavano… alleandosi! Magari scommettendo al bancone del bar puntando sulle mormorazioni, sulle dicerie di quartiere, sulla fantasmagoria della loro anima ingiallita e polverosa. La gente mormora: è il suo mestiere, non sa fare altro e Geremia lo sa, lo avverte, lo mette in conto nel suo curriculum di profeta non-cercato: “Tutti i miei amici spiavano la mia caduta”. E’ lacerato perché di fronte alla miseria in cui è incappato il suo piccolo gregge s’aggirano falsi medici che, precursori avanguardisti e spericolati del terrorismo talebano, affermano con superficialità studiata ad arte: “Tutto bene, anzi molto bene. Eppure bene non va” (6,14.8,11). Una superficialità che vorrebbe ammantare di silenzio pure la gola riarsa del profeta. C’è sempre qualcuno pronto a regalarti posizioni avanzate, inchini rispettosi e lauti riposi in cambio del tuo silenzio! Ieri, oggi, sempre! Ma l’apostolo-profeta non potrà tacere: non alzerà la voce, non spezzerà canne incrinate e non spegnerà stoppini dalla fiamma smorta, ma li tartasserà con la sua costanza. E sui suoi profeti Dio ha gettato un mantello del quale solo Lui è autorizzato a metterci mano: chi oserà farlo perirà. Di vergogna, di morte naturale, di irrisoria vecchiaia, di fantomatica progettualità. Perirà!  Il motivo cala diretto dalle viscere della Scrittura: “Il Signore è al mio fianco come un prode valoroso, per questo i miei persecutori cadranno e non potranno prevalere. Saranno molto confusi perché non riusciranno, la loro vergogna sarà eterna e incancellabile”. Può bastare come invito a non deridere o infangare gli innamorati del Cielo! Perché quando il popolo è distratto e illuso, Geremia e i suoi fratelli avvertono l’obbligo di gettare l’allarme!

Tetti

Agli uomini manovrati da Dio non recheranno certo fastidio le scritte ingiuriose degli uomini, l’indifferenza che verrà loro data come sostentamento, l’ignavia di chi al sale della Scrittura preferisce il miele dell’oratorio. Deviando maledettamente la rotta! Il Vangelo è drastico nella sua tenerissima precisione: “Non temete gli uomini perché non c’è nulla di nascosto che non debba essere svelato, e di segreto che non debba essere manifestato” (Mt 10,26-33). Sui discendenti di Geremia – per tutti i secoli dei secoli – scende come benedizione la rassicurazione di un DioPapà: snobbate chi vi vuol mettere a tacere, chi contrasta le vostre iniziative, chi vi minaccia con il raggiro, chi vuol farvi perdere la faccia, la coerenza, la simpatica ossessione per il Regno di Dio. Chi innalza templi e funzionari a sua immagine e somiglianza. La “sindrome di Erode”  – convinto di aver contato tutti senz’accorgersi che Uno gli era scappato (e che Uno!) – sancirà la loro triste vecchiaia: dell’anima e dei pensieri prima che del fisico. E poi cala l’asso nella manica: non lasciatevi utilizzare da funzioni e funzionari che non hanno nulla a che spartire con il Vangelo. Che del Vangelo conoscono i passaggi finanziari e strumentali, mielosi e leggeri, carezzevoli e manovrabili. Non lasciatevi usare da costoro, ma “quello che ascoltate all’orecchio predicatelo sui tetti”. Cioè: create scompiglio nel quartiere e nella città, diventate megafoni di un Dio allergico all’incenso della sacrestia, alla polvere degli euro appena contati con oculatezza venerata, alla stanchezza dei suoi giovani ministri. Predicatelo sui tetti: urlate e svegliate, strapazzate e scomponete la quiete, disturbate e smascherate, denunciate e suonate, lottate e battagliate. Slegate, opponetevi e infastidite. Non tacete il Regno di Dio, l’amore per Cristo, la passione per la Verità. “Tutto a posto, tutto regolare!”: siate dei dementi che provocano disordine, disturbatori della quiete pubblica, fastidiosi guastafeste. Si legge negli Atti degli Apostoli, la cronaca diretta della prima scintilla di follia cristiana: “gettano lo scompiglio nella nostra città” (At 16,20). Ridete in faccia a chi ha il potere di uccidere il corpo: è l’anima la scatola nera da proteggere!
Animi retti, non colli storti!
Sui muri delle chiese, collusi con l’abitudine, scarabocchieranno contro di voi la loro stupida immagine di Regno! Nel libro della vita è depositato il copyright  del vostro nome: e questo è l’Amore perché “voi valete più di molti passeri”.

Tetti

Mi vengono in mente alcune battute di Ignazio Silone – scrittore furioso e veemente nei confronti di un certo cristianesimo dell’abitudine – nel suo romanzo Vino e pane.
“T’immagini tu il Battista – dice don Benedetto a don Angelo – offrire un concordato a Erode, per sfuggire alla decapitazione? T’immagini Gesù offrire un concordato a Ponzio Pilato, per evitare la crocifissione?”
Oggi Erode e Ponzio Pilato hanno fatto carriera: sono diventati presidente e vice-presidente di troppe “succursali” del Regno di Dio!

Predicatelo sui tetti!

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