Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

una vignetta sulla crisi finanziariaLe recenti vicende italiane vedono il professor Monti candidato alle prossime elezioni, “salito” in politica (come ha amato precisare egli stesso) collocandosi nello schieramento di centro, quindi con Fini (FLI) e Casini (UDC) al suo fianco1.
Questa sua salita ha ricevuto pure una sorta di avallo (anche se non troppo esplicitato) da parte di alcuni esponenti delle gerarchie ecclesiastiche, come dimostrano alcuni articoli apparsi negli ultimi mesi sul quotidiano CEI “Avvenire” e in particolare uno anche su “L’Osservatore Romano”.
In primo luogo, penso sia dunque bene analizzare l’operato e le intenzioni future del professore per capire se e quanto bene possa ancora fare la sua candidatura, così da prendere le necessarie contromisure.
In secondo luogo, è giusto valutare l’opportunità di alcuni slanci di generoso apprezzamento rivolti da una parte della Chiesa, in modo forse un po’ troppo avventato, nei confronti dell’attuale premier.

1. Risultati reali e virtualiInizio valutando alcuni dati sull’andamento politico-economico del 2012, cosa quanto mai neces­saria, specie quando un Presidente mai eletto (ma deciso da terzi) decide di chiedere tramite elezioni una riconferma dell’incarico ricoperto fino a quel momento.
Questo è lo sconfortante quadro che ci presenta La Retrovia, che mostra gli effetti di quella che chiama la “cura- Monti”:

 

  • 11,1% di disoccupazione (2,7% peggio dell’anno scorso, 10,6% della popolazione compresa tra 15 e 24 anni)
  • Prodotto interno lordo al -2,3% (era al +0,4% l’anno scorso)
  • Rapporto debito PIL al 126,7% (era al 120,7%)
  • Spesa per interessi/pil al 5,4% (era al 4,6%)
  • Domanda interna -5% (era al -1%)
  • Tasso d’interesse sui mutui 4,8% (era al 4,6%)
  • Pressione fiscale al 55% (era al 51,6%)

Queste sono invece le stime provenienti dall’Ocse:
«A Partire dalla stima di un deficit/Pil pari al 3% del Pil nel 2012 e al 2,9% nel 2013, secondo cui l’Italia potrebbe avere bisogno di una nuova stretta fiscale nel 2014 per rispettare l’obiettivo di una riduzione del debito al 119,9% del Pil nel 2015.[…] L’economia del paese nel 2013 calerà dell’1%, contro la flessione dello 0,4% stimata in precedenza. Per il 2013 il governo ha previsto invece una contrazione del Pil pari ad appena lo 0,2%.[..] Il tasso di disoccupazione in Italia, stimato al 10,6% nel 2012, e’ destinato a salire all’11,4% nel 2013 e all’11,8% nel 2014. E’ quanto prevede l’Ocse. Il tasso di disoccupazione nell’Eurozona e’ invece previsto all’11,1% quest’anno, all’11,9% nel 2013 e al 12% nel 2014».2

Riassumendo, abbiamo un’economia in calo molto più di quanto diminuisca il famoso rapporto deficit/Pil e una disoccupazione che galoppa verso un aumento sempre più considerevole.

Tramite Libero, veniamo a sapere che l’associazione “Nuova economia nuova società” (centro di studi fondato da Pier Luigi Bersani e Vincenzo Visco), propone uno studio in cui evidenzia la necessità di «una correzione dei conti pubblici pari ad almeno lo 0,5% del prodotto interno lordo: più o meno 7,5 miliardi di euro. Un’altra spremuta fiscale è in arrivo per tappare un vero e proprio ‘buco’ nei conti che trae origine da una serie di errori scovati da Visco nelle stime e nelle previsioni del Governo Monti». «Il peggioramento del quadro maturato in soli quattro mesi è piuttosto netto», ammette senza mezzi termini. In pillole, gli errori tecnici individuati sarebbero i seguenti:

1. ripresa dell’evasione fiscale e inutilità dell’aumento dell’Iva: «è stato recentemente osservato come la riduzione del gettito Iva nel corso del 2012 sia avvenuta in misura nettamente superiore alla riduzione osservata degli aggregati macroeconomici cui dovrebbe naturalmente collegarsi l’andamento dell’Iva. Questo divario sembra spiegabile solo con l’incremento dell’evasione, soprattutto se si tiene conto dell’avvenuto incremento dell’aliquota ordinaria Iva»;

2. il gettito delle imposte indirette è inferiore alle previsioni: «Mentre nel caso delle imposte dirette l’aumento del rapporto potrebbe derivare dalla dinamica prevista per l’IMU (in cui la seconda rata in molti casi sarà superiore alla prima), non è chiaro per quale ragione il Governo preveda che il gettito delle imposte indirette subisca un’accelerazione così forte nella seconda metà del 2012»;

3. Pil in calo con una stima realistica di decrescita economica intorno allo 0,5%;

4. Aumento del debito pubblico: («l’indebitamento netto raggiungerebbe un valore compreso tra il 2,9 e il 3,1 del Pil – contro il 2,6 previsto dal Governo -»).

5. Fallimento del tanto declamato pareggio di bilancio: è questa la sintesi dei dati raccolti e analizzati da Visco.3

Per finire, le recenti stime di Bankitalia hanno riveduto la variazione del PIL per il 2013 dal -0,2%, come stimato durante l’anno passato, al -1%.

Qualcuno si sta in questi giorni svegliando dal torpore, a quanto pare: non solo il Pd ma anche voci dal Centrodestra si stanno alzando a riguardo,iniziando a far trapelare ufficialmente notizie che per poterle percepire in modo palpabile basterebbe vivere l’economia reale.
D’altra parte questo fenomeno è solo apparentemente un paradosso: «I professori – commenta un economista di area Pdl – hanno fatto finta di ignorare la curva di Laffer. In una economia dove il livello di pressione fiscale è già troppo elevato, l’aumento delle aliquote si rivela controproducente perché fa calare anziché aumentare le entrate fiscali».4

2. Il cattolico dov’è?NEWS 71048Qualcuno, specialmente dopo l’esternazione di alcuni alti prelati, vede addirittura Monti quale ideale candidato “cattolico” (le virgolette non sono mai casuali).
Prima incongruenza, piuttosto palese e macroscopica, è la predominanza dell’aspetto economico su tutti gli altri, compreso quello valoriale-assiologico su cui dà segno, sia nei fatti che a parole, di latitare vistosamente.
Innanzitutto, partiamo da una visione finanziocentrica da parte del Professore, che in più punti sottolinea di badare alle finanze e ai bilanci statali senza precisare quali siano o possano essere i costi umani, nonostante parli effettivamente di voler ridurre le tasse (una mossa ineluttabile, sia dal punto di vista economico sia da quello politico, volta alla ricerca del consenso dell’elettorato). Basti pensare del resto come, parlando a proposito della giustizia, ad essa è richiesta piena efficienza in quanto «elemento chiave per la competitività delle imprese». Non si parla di onestà, di ricerca della verità o d’altro: l’importante, o quanto meno la priorità assoluta è – sempre e comunque – vista secondo una prospettiva economica.
Per contro, il Papa – nell’enciclica “Caritas in Veritate” – dice a chiare lettere che «Il profitto è utile se, in quanto mezzo, è orientato ad un fine che gli fornisca un senso tanto sul come produrlo quanto sul come utilizzarlo. L’esclusivo obiettivo del profitto, se mal prodotto e senza il bene comune come fine ultimo, rischia di distruggere ricchezza e creare povertà». Questo principio pur potendosi applicare al Terzo Mondo è quanto mai attuale in tempo di crisi e, dopo i risultati dell’attuale governo, considerando che l’enciclica è datata 2009, ha perfino quasi un sapore profetico. La lungimiranza del Pontefice si spinge più in là, a notare l’altra faccia della medaglia di una politica che, troppo volta verso l’aspetto economico, rischia di dimenticare il proprio popolo: «i sistemi di sicurezza sociale possono perdere la capacità di assolvere al loro compito, sia nei Paesi emergenti, sia in quelli di antico sviluppo, oltre che nei Paesi poveri. Qui le politiche di bilancio, con i tagli alla spesa sociale, spesso anche promossi dalle Istituzioni finanziarie internazionali, possono lasciare i cittadini impotenti di fronte a rischi vecchi e nuovi; tale impotenza è accresciuta dalla mancanza di protezione efficace da parte delle associazioni dei lavoratori»5.
Del resto, pur essendo la famiglia definita «cuore pulsante della società italiana» sembra che il professore se ne ricordi un po’ troppo in fondo al suo documento: ciò avviene infatti solo a pagina 19 su un totale di 25. Per altro, aggiungendo prontamente (tanto per non smentirsi) che svolge «una funzione insostituibile ed una risorsa fondamentale per la coesione sociale ed economica», avendo poi la faccia tosta di evidenziare che è «grazie alla famiglia se alcuni problemi – la disoccupazione giovanile, la non autosufficienza, gli anziani – non sono diventate delle vere e proprie tragedie», senza contare poi come, a pagina 20, la preoccupazione primaria rispetto alla non autosufficienza sia di togliere allo Stato l’oneroso compito di occuparsene (quando poi ciò è piuttosto distante dalla realtà, dal momento che – nella maggior parte dei casi – l’onere non solo economico, ma soprattutto di tempo, amore e fatica, è da sempre quasi esclusivamente a carico delle famiglie!).
Impossibile non notare poi come, non solo durante infausti interventi e interviste6, nella sua stessa famigerata agenda incoraggi, in modo più o meno diretto, la precarietà lavorativa (scusate, ma scrivere di voler «coniugare il massimo possibile di flessibilità delle strutture produttive con il massimo possibile di sicurezza economica e professionale dei lavoratori nel mercato del lavoro» mi pare talmente utopico che riesco a leggerlo, essendo ottimista, solo come un incentivo ad un’ulteriore instabilità) e la maternità stessa è vista rispetto alla prospettiva del lavoro, non viceversa (un dettaglio molto più importante di quanto possa apparentemente sembrare): «Se la maternità viene facilitata e occuparsi della cura e dell’educazione dei figli non è una corsa ad ostacoli, è più facile per le donne entrare o restare nel mercato del lavoro»7.
Al contrario, il Papa, nella sua enciclica, individua proprio nella mobilità lavorativa una delle principali cause che portano a una instabilità emotiva e familiare: «La mobilità lavorativa […] quando […] diviene endemica, si creano forme di instabilità psicologica, di difficoltà a costruire propri percorsi coerenti nell’esistenza, compreso anche quello verso il matrimonio». Non solo, aggiunge, poco oltre: «[…] L’estromissione dal lavoro per lungo tempo, oppure la dipendenza prolungata dall’assistenza pubblica o privata, minano la libertà e la creatività della persona e i suoi rapporti familiari e sociali con forti sofferenze sul piano psicologico e spirituale»8.
Abbiamo inoltre, da parte di Monti, una non ben definita posizione sui “valori eticamente sensibili”: già la scelta delle parole dovrebbe essere un campanello d’allarme, denotando una concezione piuttosto diversa, rispetto ai “principi non negoziabili”. Scrive infatti il Professore: «La nuova formazione politica unisce intorno a un programma impegnativo per la crescita del Paese persone di buona volontà, credenti e non credenti, impegnate ciascuna con la propria cultura e competenza specifica a far maturare un più alto livello di etica pubblica condivisa. Laddove, su singole questioni di rilievo etico, si determinassero diversità di valutazione, ci si impegnerà a cercare insieme la soluzione più coerente con i valori della Costituzione, nella comune promozione della dignità della persona, ferma restando la libertà di coscienza9. Tradotto in soldoni, significa: non c’è una linea comune sulle questioni etiche, si deciderà, eventualmente, di volta in volta. Che equivale a non dare alcuna garanzia al riguardo.

Dopo aver riportato questi piccoli esempi (potrei citarne altri), duole pensare che la Chiesa possa in qualche modo appoggiare tutto ciò, e l’unico motivo che si potrebbe razionalmente trovare (anche se non vorrei mai avere ragione in ciò) è l’opportunismo. Perché, alla luce sia del Vangelo che del Catechismo della Chiesa Cattolica, ben poco ha di cattolico la succitata “Agenda”. Del resto, per dovere di cronaca, è bene specificare come non ci sia una vera e propria unità in tale appoggio ecclesiastico: questo almeno suggerisce il pronto intervento di mons. Negri, che ha invitato alla prudenza.
Ultimo appunto, ma non meno importante: mi è inevitabile osservare come sia quanto meno pittoresco che, dopo aver criticato altri leader politici per la loro dubbia moralità o per il criterio di scelta dei candidati della propria coalizione, nella Lista di Monti siano a un certo punto comparsi anche personaggi discutibili (come Alessio De Giorgi, poi ritiratosi in seguito alle pressioni della stampa 10).

Principali fonti consultate:
* Caritas in Veritate
* Agenda Monti
* Rischio Calcolato

Altri articoli consigliati:
* Andamento FTSE/MIB, dal sito Rischio Calcolato
* Bagnasco sale in ginocchio verso i monti – Mons. Negri: sia più prudente e discreto
* L’Agenda Monti e il ritorno del cattocomunismo
* Monti, la Massoneria e i principi non negoziabili
* Rapporto citato da Nuova Economia Nuova Società – Articolo (scaricabile in pdf)
* Perché un cattolico non può votare Monti

 


NOTE1) Storie e Notizie

5) Caritas in Veritate, Capitolo Secondo, Paragrafo 25
7) Agenda monti, Punto 3
8) Caritas in Veritate, Capitolo Secondo, Paragrafo 25 (corsivo originale)

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