Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

Liturgia della II^ Domenica di Natale (Anno A)
La sapienza fa il proprio elogio,
in Dio trova il proprio vanto,
in mezzo al suo popolo proclama la sua gloria.
Nell’assemblea dell’Altissimo apre la bocca,
dinanzi alle sue schiere proclama la sua gloria,
in mezzo al suo popolo viene esaltata,
nella santa assemblea viene ammirata,
nella moltitudine degli eletti trova la sua lode
e tra i benedetti è benedetta, mentre dice:
«Allora il creatore dell’universo mi diede un ordine,
colui che mi ha creato mi fece piantare la tenda
e mi disse: “Fissa la tenda in Giacobbe
e prendi eredità in Israele,
affonda le tue radici tra i miei eletti” .
Prima dei secoli, fin dal principio, egli mi ha creato,
per tutta l’eternità non verrò meno.
Nella tenda santa davanti a lui ho officiato
e così mi sono stabilita in Sion.
Nella città che egli ama mi ha fatto abitare
e in Gerusalemme è il mio potere.
Ho posto le radici in mezzo a un popolo glorioso,
nella porzione del Signore è la mia eredità,
nell’assemblea dei santi ho preso dimora».
(dal Libro del Siracide, 24,1-4.12-16)

sapienzaLa Bibbia è un libro fatto di molti libri, e in ciascuno di questi libri vi sono molte frasi, e in ognuna di queste frasi molte stelle, olivi e fontane, asinelli e alberi di fico, campi di grano e pesci. Silenzio: quello tempestoso dei mari ribelli, delle albe sconfinate, delle brezze mattutine. I libri d’oggi sono di carta. I libri di un tempo erano di pelle. La Bibbia è il solo libro d’aria: un diluvio d’inchiostro e di vento. Un libro impossibile da tenere fra le mani tranquillamente, per una lettura calma, distaccata: spiccherebbe immediatamente il volo, spargerebbe la sabbia delle sue frasi fra le dita. Un libro che narra il dolcissimo viaggio della sapienza.
Salomone, memorabile re d’Israele, stimato intenditore di donne, di cavalli e di stallieri, quando s’accorse della sua nullità ebbe a sussurrare a Dio la sua umilissima richiesta: “Dammi la sapienza che siede accanto a te in trono, perché anche il più perfetto tra gli uomini, privo della tua sapienza, sarebbe stimato un nulla” (Sap 9,4.6). All’albeggiare del mondo tutto era abitato dallo sguardo che navigava tra la sapienza e Dio: “quando fissava i cieli, quando tracciava un cerchio sull’abisso, quando condensava le nubi, quando fissava le sorgenti dell’abisso, quando stabiliva al mare i suoi limiti, quando disponeva le fondamenta della terra, io ero con lui come architetto ed ero la sua delizia ogni giorno” (Prv 8,23-31). Un Dio che costruisce pensieri, una Sapienza che ne scruta i movimenti, un’umanità da far nascere dal nulla: l’inaspettata avventura di un Dio che infrange il silenzio millenario della sua eternità per addestrare l’uomo nel parlare, per comporre una storia imbalsamata di libertà, per educare la sua umanità a camminare. Silenzio e sapienza: il grembo che fa sbocciare la tenerezza commovente di Dio. La bocca dell’Altissimo è la sua Betlemme: “io sono uscita dalla bocca dell’Altissimo, ho posto le radici in mezzo ad un popolo glorioso, sua eredità”. Dalla bocca alle fondamenta di una casa, perchè la sapienza diventi storia: “fissa la tua tenda in Giacobbe”. Giovanni esagererà nell’incipit del suo Evangelo: “Il Verbo si fece carne e ha posto la sua tenda in mezzo a noi” (Gv 1,14). E’ Dio che guarda nel volto la sua umanità, il Cielo che và a cercare la terra per abbracciarla, la sapienza nascosta nella mente di Dio che viaggia nei pensieri dell’uomo. E sconfinate distese di silenzio perché l’uomo s’inventi domande sul perché di tale grandezza. “La Bibbia è risposta sublime, ma noi non conosciamo più la domanda alla quale essa risponde. Se non riscopriamo questa domanda non abbiamo speranza di capire” (A.J.Heschel).
Il Natale che solo pastori e pescatori sanno leggere: loro, operai senza paga, soprattutto non venduti, liberi come il vento che spostava le loro barche, come la pioggia che disegnava il sentiero ai loro greggi, figli di quella sapienza che dona libertà, vennero sedotti da un Dio ribelle ad ogni calcolo, un Dio che chiedeva loro di lasciarsi stupire per sconcertare la pigrizia dell’umanità. L’aveva intuito Carl G. Jung, uno dei padri della psicanalisi, tanto da far scrivere nella sua residenza di Kussnacht in Svizzera: “Vocatus atque non vocatus Deus aderit” (“chiamato o non chiamato, Dio sarà presente”).
La sua presenza non dipende da te!
Perché la vita non è questione di anni. Bensì di stupore.

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