Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

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Un pizzico di cenere e un pugno d’acqua: il segreto che la nonna – china sulle limpide acque di montagna – era solita usare quotidianamente per rimettere a nuovo i panni sporchi. Cenere sulla testa il mercoledì che inaugura la Quaresima e acqua sui piedi la sera del Giovedì Santo: il segreto che la Chiesa da millenni ha fatto suo per incorniciare i 40 giorni della Quaresima. Rimesse nell’armadio le maschere e archiviate nella credenza le ricette dei crostoli, rimane il programma di un percorso impegnativo che parte dalla testa e conduce ai piedi. Un invito che è molto più d’un semplice maquillage o di un banale ritocco di chirurgia estetica. Perché dalla testa ai piedi sta racchiusa tutta la creatura umana, la cosa più bella che emozionò pure Dio appena dopo averla partorita.
Il Vangelo pullula di immagini, racconta il Cielo attraverso parabole e illustrazioni. Ed ecco che con la cenere e l’acqua propone l’immagine austera del deserto. Luogo misterioso e intrigante, luogo di morte e di sfida, di sopravvivenza e d’audacia. Luogo in cui Dio porta i suoi profeti per parlare al loro cuore, per rimettere in piedi esistenze smarrite, per allenare al combattimento del mondo. E anche le nostre città hanno i loro deserti: il deserto della malinconia e della tristezza giovanile, il deserto di una crisi che avanza impietosa e di un mondo apparentemente giocherellone, il deserto di tante domande e di poche risposte. E’ la storia di tante famiglie che, spenti i riflettori dell’apparenza, scoprono che la festa è finita e che il gioco si fa serio. Ma se la Quaresima invita ad entrare nel deserto, è perché – come amava dire Antoine de Saint-Exupéry – in ogni deserto c’è un pozzo, in ogni amarezza c’è il germoglio di una risurrezione inaspettata. Ma occorre abitare il deserto per raccoglierne i profumi e gustarne gli aromi portati dal vento. Con la cenere in testa abbiamo 40 giorni d’allenamento. Si sporcheranno i piedi, perché – a chi raccoglierà la sfida – capiterà di dover attraversare zone impervie, dubbi laceranti, sfide disumane: ma all’uscita c’aspetterà l’acqua sui piedi del Giovedì Santo. Lo sa un maratoneta cosa significa una brocca d’acqua fresca dopo uno sforzo massacrante e sudato: è respiro, sospiro, rigeneramento.
Abitare il deserto è come un esercizio reso appositamente duro per preparare il corpo a migliorare le prestazioni. Per noi oggi è follia: perché nel deserto il beduino non porta l’Ipod nelle orecchie, il mascara sotto gli occhi o la crema abbronzante. Nel deserto l’Ipod va spento: sono le stelle che tracciano la rotta per non smarrirsi. E chissà mai che, accettando la sfida di abitare questa zona, non scopriremo dentro di noi la nostalgia del Cielo: quella che ti fa venire voglia d’essere pulito, d’essere te stesso, d’abbandonare mille immagini costruite, d’essere semplice per stupire il mondo. “Ricordati che sei polvere e polvere ritornerai” – ha ricordato il vecchio curato spargendo la cenere sul capo -. Davvero nulla siamo: basta un’inflazione a Wall Street e manca il pane, due linee di febbre e manca la salute, un legame spezzato e scompare la gioia. Polvere è l’uomo: eppure quella polvere, abitata dal soffio dello Spirito, è rimasta ancor oggi il capolavoro più bello. Così bello e delicato che, ogni anno, puntualmente l’Artista la richiama nel laboratorio del deserto per fare un trattamento che mantenga e ringiovanisca il suo splendore.
Si è sempre e solo nudi sotto il cielo: che lo si scali con impalcature – come è accaduto nella pianura di Babele – o che lo si voglia evitare – come nel caso di Giona -. Eppure nel deserto abita un pozzo. Anche per il buon ladrone del Venerdì santo che, avvezzo a furti di basso rango, gli riesce di rubare anche il Paradiso, concludendo in bellezza e speranza una vita tortuosa.

Scrisse Charles Péguy:

Come volete che si convertano e tornino a credere, quando vedono cos’è la nostra fedeltà? Come hanno ragione di spregiarci, quando ci vedono così deboli e tremanti! Di noi essi non conoscono che facce rivolte a terra, e ginocchia prone e schiene ricurve, nuche ricurve e tremanti.

Buona quaresima: nel nome di Lui.

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