Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

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“Svegliati, rivestiti di forza” è l’appello dell’accorata preghiera, contenuta nella prima lettura, tratta dal profeta Isaia, che si rivolge al braccio di Dio, affinché operi, agisca, in favore del Suo popolo oppresso. 
“Convertitevi” è la richiesta del Battista, lungo il fiume Giordano, a chi, da tutta la Giudea, accorre a lui, per ricevere un battesimo penitenziale, testimonianza della propria attesa messianica.
Questa seconda domenica d’Avvento, densa d’imperativi, non si accontenta di porgerci un invito. Ci vuole pressare, affinché non perdiamo tempo e – anche noi – ci mettiamo seriamente in cammino, disponibili a cambiare.

La prima ingiunzione è rivolta a Dio, la seconda agli uomini: il risultato è quasi una preghiera congiunta, affinché possano volgersi l’uno agli altri, unica condizione per cui l’alleanza possa finalmente rinnovarsi ed il cammino riprendere vigore. Pare evidente, infatti, che, da solo, l’uomo, non riesca a comprendere in profondità, come testimonia l’apostrofe del Battista a quei farisei e sadducei che, religiosamente impegnati, ritenevano di essere “nel giusto”, così da definirsi figli di Abramo.

Giovanni, invece, sceglie un’altra via, un altro luogo, un’altra modalità. Vive nel deserto, si nutre di locuste e miele selvatico, si veste di pelli. Tutto richiama all’essenzialità, al silenzio, all’ascesi. Alla necessità di fare una selezione, di sfrondare il troppo, per ridurre ciò su cui si posa il nostro sguardo. Come una scrivania troppo piena, così, in una vita dispersa in mille attività, rischiamo di perdere il centro, che indirizza la nostra vita, la orienta e le dà un senso.
Non è un caso, se l’ambientazione della vita del Battista è il deserto. Silenzio e sabbia, a distese, a mucchi e a cumuli, sempre uguale, ma sempre differente; il sibilo del vento, a rimandare l’eco di una parola, da ruminare nel profondo; le rocce e le asperità, difficili da scalare, ma provvidenziale riparo, di fronte alle tempeste di vita che colgono il viandante in cammino; il sole, cocente sopra la testa, che, nelle ore più calde, rende impossibile il cammino ed invita alla pazienza; la notte, buia come la pece, ma illuminata dalle stelle, unico riferimento certo, a fronte delle dune, mobili ed insidiose, per chiunque aspiri ad uscire vivo da uno degli ambienti più ostili, ma, al contempo, affascinanti del pianeta. Del resto, anche nel libro del profeta Osea, il deserto è protagonista:

«la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore» (Os 2,16)

Il suggerimento è che il deserto possa costituire luogo ed occasione propizia, per lasciarsi attraversare, in profondità, dalla Parola di Dio, così da poterne risultare trasformati.
È questo che Giovanni suggerisce, non solo a farisei e sadducei, ma a ciascuno di noi.
Ogni tanto, ciascuno di noi dovrebbe sentire riecheggiare, come rivolto, personalmente, proprio a sé, quel «Razza di vipere» giovanneo. Ogni tanto, infatti, ciascuno di noi ha bisogno della voce tonante di un profeta che non abbia paura della Verità, per riscuoterci dal torpore dell’abitudine in cui siamo sempre a rischio di cadere.
Non basta essere diventati, col Battesimo, figli di Dio. Talvolta, la tentazione più grande è quella di “ripararci” all’ombra del ricordo del nostro battesimo. Siamo disposti a viverlo, nella quotidianità dei nostri giorni? Siamo disposti a mettere in discussione le nostre certezze, alla luce della Parola di Dio? Siamo disposti a perdonare chi ci ha fatto del male, oppure siamo propensi che il perdono sia solo da ricevere e non da rischiarlo in prima persona, se possiamo rimanerne “scottati”?
L’Avvento chiede di risvegliare un’attesa. Un’attesa che non vive di tratti col “pilota automatico”, ma che esige la nostra piena consapevolezza. Che esige un’inversione a u. La manovra più pericolosa di tutte.  Che è però, necessaria, quando ci accorgiamo di aver sbagliato rotta ed evitare di farla per paura di sbagliare equivarrebbe solo ad allontanarci dalla meta a cui tendiamo.
È necessario, anche se comporta qualche rischio. Anche se potremmo uscirne un po’ sgualciti, soprattutto nel nostro ego.  Una volta individuato dove si trovi, siamo chiamati a puntare, con decisione, la nostra bussola verso la Stella Polare, che è Cristo.


Rif. Letture festive ambrosiane, nella II Domenica di Avvento, Anno B: Is 51, 7-12a; Romani 15, 15-21; Matteo 3, 1-12

 

Fonti: Il racconto e la strada, Angelo Casati
Parole Nuove, don Raffaello Ciccone

Fonte immagine: Touristisrael.com

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