Polvere. Nient’altro che polvere: eppure sotto quel pugno di polvere giace ora la disperazione totale di un uomo che, probabilmente, s’era messo a rincorrere l’ombra del vecchio campione di un tempo, senza riuscirci. Con Danilo c’è una storia condivisa fatta di parole confidate, di fiducia accreditatagli, di storie costruite: ci sono gesti di umanità che non si possono rinnegare, verrebbe meno l’onestà di un pensiero. Gli stessi gesti, però, che oggi valgono una profonda tristezza: nemmeno stavolta siamo riusciti a diventare uomini migliori. Il cellulare è una tempesta di sms: sono ragazzi che abbiamo incontrato, tifosi che abbiamo ritrovato, gente che si era re-innamorata. Il contenuto è lo stesso: “e adesso, don?”. Non c’è rabbia, nemmeno odio: solo un manto di amarezza per un amore spentosi nel più ignobile dei tradimenti. Il ciclismo è poesia e riscatto, ghiaccio e calura, sogni e passione: è un concentrato di vita che non si può tradire, pena l’infelicità del cuore. Tuonano i titoli e la loro eco rimbomba sulla vicenda di Danilo: dietro ogni pensiero ci abita una possibile lettura del suo gesto disonorevole. Una cosa, però, brilla nel mio cuore: chi offre fiducia – per poi magari vederla tradita – non ha mai nulla da temere in termini di vergogna. Perchè l’uomo e i suoi gesti da fuori sono sempre troppo facili da giudicare; è l’anima che non sempre si lascia rieducare. Stamane ho pianto per Luca (Scinto, ndr): ci sono mattine che sembrano irridere la passione e l’impegno di una vita. Eppure non sarà cosi, perchè il gesto di uno non potrà mai essere motivo di discredito dello stile di molti. “E adesso, don?”. Adesso ci rimane la lezione più bella, ragazzi/e: amare l’uomo quando meno se lo meriterebbe. E’ forse adesso che ne ha più di bisogno.
Nel nome della vera misericordia, quella che non cancella la giustizia.