300x01339649437852medium 120312-004255 to110312est 90449Se non fosse tutto tragicamente vero, trapela un senso di sfacciata ironia in tutto questo. Milioni di cinesi maschi si ritrovano a fronteggiare il rischio di non riuscire a sposarsi (oppure essere costretti a emigrare o trovare soluzioni alternative) per sopperire alla mancanza di donne in Cina. C’è forse stato un calo della natalità che si è registrato unicamente per il genere femminile? Assolutamente no, naturalmente. Tutto ciò è il frutto di una politica di natalità che, oltre ad essere priva di etica, si sta oltretutto rivelando oltremodo priva di lungimiranza. Stime che non sono di ultima mano (2010) notificano una cifra approssimata che rileva come manchino all’appello circa 30-40 milioni di donne. Solo in Cina ed India poi si parla di 100 milioni di donne mai nate causa aborto selettivo o infanticidio. Senza contare che, nel mondo, ci sono da aggiungere anche altre violenze corporali (prime tra tutte, le mutilazioni genitali) che ne provocano la morte.

Complice anche la necessità della dote, per molte, troppe famiglie – in particolare in Asia: Cina ed India su tutti – l’arrivo di una figlia non è un evento particolarmente lieto, in quanto preannuncia nuove e gravose spese: le aspettative d’esborso sono troppo esigenti per famiglie spesso già molto povere, con stipendi al limite della sussistenza. Ecco perché, in varie parti del mondo, le bambine sono più sacrificate dei bambini. L’infanticidio e l’aborto selettivo hanno conosciuto la loro massima espansione nel 1978 quando, per far fronte alle problematiche economiche legate ad un incontrollato aumento demografico, il governo cinese instituì la politica del figlio unico che obbligava le famiglie ad avere un solo figlio e che, solo qualche anno più tardi, permise loro di averne più di uno introducendo però ingenti sanzioni pecuniarie per i figli oltre il primogenito. Questa politica portò a conseguenze devastanti e alla violazione dei diritti umani per migliaia di bambine in tutta la Cina infatti in moltissimi casi quando la primogenita era di sesso femminile, le donne ricorrevano all’aborto o abbandonavano le neonate subito dopo la nascita” (Fonte: Adozione a distanza).

E, dove l’emigrazione cinese si è verificata con maggiore affluenza, si è registrato anche un aumento di questi aborti selettivi(Fonte: Blitzquotidiano). Facile intuirne il motivo. Quando una legge di Stato s’intrufola impunemente tra le pieghe della coscienza, diventa giustificata e giustificabile, fino a divenire legge del cuore, o almeno legge a cui ci si abitua (magari a fatica, più per forza che per amore, ma tant’è). Ovviamente, non c’è una legge sul secondo figlio in Italia. Tuttavia è tanto radicata questa tradizione che è ormai difficile cambiarla. Anche se diverse donne, ormai avvezze ad alcune libertà occidentali, iniziano a chiedere aiuto, vorrebbero cambiare.
Ma la natura fa il suo corso in modo forse anche più grave di quanto si fosse mai potuto preventivare e la resa dei conti è l’attuale situazione demografica, che avvicina molto la Cina all’Europa: la popolazione invecchia, nascono sempre meno figli fino a quest’assurdo deficit di genere che rischia di lasciare senza possibilità di sposarsi tanti cinesi. Non per mancanza di buona volontà, bensì per mancanza di… donne. Non fosse che il motivo per cui si è verificata tale mancanza, verrebbe proprio quasi da ridere. Sapendolo, da ridere c’è ben poco. Resta da constatare come, quando l’uomo pensa di pianificare tutto e tenere sotto controllo tutto, privilegiando il benessere economico e monetario alla piena realizzazione personale e collettiva, a rimetterci sono tutti, persino sotto l’aspetto economico-finanziario. Pochi mesi fa, giunge infatti la notizia che la Cina cambia rotta. Sotterra l’ascia di guerra della filosofia del “figlio unico a tutti i costi”? A quanto pare no. Ci pensa solo.

I risultati delle indagini rivelati dal capo dell’ufficio nazionale di statistica cinese, Ma Jiantang,  rilevano che la dimensione assoluta della popolazione attiva tra i 15 e i 59 anni è diminuita di oltre 3.5 milioni di unità per un totale di 937 milioni di persone in età lavorativa. A fronte di questi dati Pechino ha dato segnali contrastanti circa i suoi piani di controllo demografico e in particolare verso la “politica del figlio unico”.

Questi dati non sono per nulla incoraggianti ed è inevitabile che mettano in apprensione il colosso cinese, ma “è proprio il ministro della pianificazione sociale Wang Xia a dichiarare che il controllo sulle nascite rimane e rimarrà una priorità assoluta per il Paese”(Fonte: L’intellettualedissidente, datato 21 gennaio 2013). A quanto pare, non è bastato raggiungere questa situazione ai confini del paradosso: la Cina non ha compreso che uno sviluppo economico, produttivo e finanziario passa anche dal coraggio di scommettere sulle nuove generazioni. Innanzitutto, incoraggiando la generazione di figli. Insegnamento che, però, dovremmo ricordarci, naturalmente e innanzi tutto anche in Europa
Lungi da me, naturalmente, l’indicare, anche solo per un momento, che ci possa essere una gravità maggiore o minore nella selezione di figli e figlie. Non è certo abortendo in modo sistemico maschi oppure femmine, che il mondo potrà essere migliore. Ogni vita è unica e per questo prezioso e in questo risiede il principale motivo per cui è un abominio che grida vendetta al cospetto di Dio ogni uccisione di un innocente. Qualunque ne sia la motivazione, vera o presunta. Tuttavia, il caso cinese evidenzia con chiarezza imbarazzante come forzare le volontà e le coscienze non possano mai portare a nulla di buono. Neppure dal punto di vista economico.


Fonti:

Aborto selettivo

La Cina ci ripensa (?)

… e noi?

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