Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».
(Vangelo di Luca cap. 13 vv.1-9)

Una cena di lavoro tra amici. Si festeggiano trent’anni di carriera da ministro di un certo signore. Lui, il golden boy di Beppe Grillo, un po’ borioso un po’ giustiziere, davanti alla torta con trenta candeline si trastulla dicendo: “Io mi sono fatto da me. Nemmeno Ciriaco De Mita ci credeva”.
Il problema è la convinzione. Così convinto che lo pronuncia con un pizzico d’orgoglio, di spavalderia e di altezzosità. “Ne sono lieto” – commenta uno dei presenti – guardandolo con un misto di tenerezza e di compassione.
“Perché?” – chiede un po’ sorpreso il pesante guardasigilli, simbolo della giustizia. “Perché questo solleva il buon Dio da ogni responsabilità” – rispose deciso l’invitato.

ficoUn fico scazzato, un padrone dritto, una lezione da brividi. E oggi il Vangelo ti apposta a terra, ti fa sentire proprio nulla. Pugno di polvere stretto nelle mani di Dio. E sì che sembra una favola: “Un tale aveva un fico piantato nella sua vigna e venne a cercarvi i frutti”. Sembra una favola: invece è la storia raccapricciante di un Dio che si mette alla ricerca dell’uomo. Era appena sorta l’aurora della creazione quando Dio, architetto dalla maestria insuperabile, disegnò i primi passi nel giardino dell’Eden Nascondendo il suo amore in una domanda: “Adamo, dove sei?”. Chiede perché chiedere significa prendersi cura, addomesticare, creare legami, tessere relazioni. Chiede perché per Dio la felicità è stare con i propri figli, per questo (e non per smania di protagonismo) ha mandato i suoi profeti allo sbaraglio della storia. Mandati per richiamare il popolo a portare frutti! Ma Dio è veramente un padre sfortunato. Nonostante le sue premure, la sua tenerezza, la sua pazienza sapiente non riesce mai ad ottenere che il figlio cresca bene! Sono tre anni che viene a cercare frutti da quel fico, ma non ne trova. Capisci l’amarezza nascosta nelle sue parole: “da tre anni vengo cercando frutti e non ne trovo. Taglialo!”. Taglialo, perché non sono tre anni qualsiasi, sono i tre anni che Gesù ha investito sui sentieri dell’umanità, tre anni in cui il popolo non ha saputo cogliere la novità che soffiava leggera sulla sua storia, tre anni in cui un Amore cercava storie da abbracciare, volti da asciugare, misteri da pennellare. Tre anni in cui respiravi nell’aria un messaggio per tutti: per l’uomo della strada come per la persona colta, per il contadino come per lo scriba, per il pastore di armenti e per il dottore della legge, per il credente come per chi anela a credere. E il padrone chiede di tagliarlo! E’ il giudizio secondo giustizia: tagliarlo! Perché il fico s’appropria dei doni della terra gonfiandosi di foglie senza far frutto. Non solo non produce, ma rende improduttiva anche la terra!
Ma il vignaiolo, misterioso interprete delle leggi nascosta nelle venature del terreno, chiede ancora un anno di tempo al padrone: “lascialo ancora quest’anno, finché gli zappi intorno e gli metta il concime”. Lascialo! Cioè usa misericordia. “Quest’anno” è la durata della nostra storia, che dura sempre ancora un anno per l’intercessione del Figlio. Siamo tutti precari ai quali ogni anno viene rinnovato il contratto. Fosse per gli altri, noi – fichi improduttivi per professione – saremmo già legna da ardere. I nostri simili chiederebbero l’estirpazione. Come quando nel vangelo c’è la zizzania e tutti la vogliono strappare. Tutti, tranne Uno che dice: “Lasciateli crescere insieme”. Cioè ti lascia vivo, ti lascia te stesso, ti dà fiducia perché vedi in te dei fichi che tu non sai più dove siano. Ti lascia vivo perché è paziente, perché ogni anno la sua voce risuona per scusarti di fronte al padrone della vigna. Ancora un anno! Poi? Forse lascerà che il padrone ti tagli. O forse ripeterà lo stesso discorso l’anno prossimo, poi il prossimo anno ancora, come uno smemorato vignaiolo che fa finta d’invecchiare. Ancora un anno perché Lui, nonostante tutto, non ti svergognerebbe mai davanti alla storia. Un anno: perché ai suoi occhi cavolo se sei prezioso!
terraaridaSei terra infeconda se diventi schiavo dell’abitudine, se ripeti ogni giorno gli stessi percorsi, se non trovi il coraggio di inventare nuove vie, se non rischi l’incertezza per catturare un sogno. Terra sterile se non viaggi, non leggi, se non ascolti musica, se sei triste. Non produci frutti quando abbandoni un progetto prima di iniziarlo, quando passi i giorni a lamentarti, quando non fai domande per paura che appaia il rossore sul volto, quando non apri la mente. “Lascialo ancora un anno” per evitare di morire a dosi, per ricordarti che essere vivo è più che respirare. E’ musica, sono passi, è sudore.
“Mi sono fatto da me”. Ma dove!? Anche tu, in mia compagnia, sei come il fico del vangelo: vivi solo perché il vignaiolo è paziente, perché continua a zappare, perché non si stanca di concimare sognando sempre domani. Precario io, precario tu… precari ma immeritatamente-raccomandati perché il Padrone ci regala ancora un anno di vita. Un mese. Un giorno. Un’ora. Un secondo. Un millisecondo. Fregatene! E’ sempre tempo in più: non scontato! Chiaro il messaggio, trasparente la bellezza. Che non è la ricerca dei frutti (ogni contadino si aspetta che l’albero produca), né la volontà di tagliarlo dopo tre anni che non porta frutto (ogni contadino farebbe altrettanto), tantomeno la decisione di tagliarlo se nemmeno dopo un ulteriore anno portasse frutto (ci mancherebbe). La novità sta nel fatto che ad un fico così sterile e spacciato venga ancora regalata una possibilità. C’è chi pensa: ormai è tardi, la situazione è irrimediabile, la pazienza di Dio è esaurita. E c’è chi pensa: Dio è paziente, c’è sempre tempo. La parabola ci suggerisce un altro atteggiamento, piuttosto: il cambiamento, la conversione è ancora possibile, ma non si può programmare né approfittare della pazienza di Dio. Sarà importante convertirsi? Vedi tu: ti lascia ancora un anno per far cosa?

E per tutti quei momenti in cui la vita è piena di perché, accettate un fiore.
“Vi regalo un fiore, perché dai fiori nasce l’amore;
un fiore, per tutte le volte che venite chiamati sbirri;
un fiore, perché non esistono solo persone che vi disprezzano;
un fiore, perché per guadagnarsi il pane, non basta più solo lavorare;
un fiore, perché le croci di cui è affastellata la vostra memoria recano la dicitura “morti” e non “vittime”;
un fiore, per tutte le volte che vorreste reagire ma siete costretti a subire;
un fiore, per tutte le volte che la vostra dignità viene calpestata;
un fiore, per tutto l’odio che vi sputano addosso perché indossate una divisa;
un fiore, per tutte le volte che non vi considerano semplicemente umani;
un fiore, perché purtroppo è il massimo che posso permettermi;
solo un fiore, perché per rendervi l’onore che meritate non basterebbero tutti i fiori del mondo.”

GOD BLESS YOU!
Buona settimana

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