Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

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“Convertitevi e credete nel vangelo.” (Marco 1,15)
Niente giri di parole o abbellimenti di sorta. Una frase nuda e cruda, per riassumere in un batter di ciglia il programma del Messia.
Ai lettori di oggi questa frase va stretta. Non lascia scampo, non dà nessuna scappatoia per indorare la pillola; presenta due imperativi in bella mostra, due paletti che fanno venire la tachicardia, mettere le mani nei capelli per il disappunto o generare angoscia da claustrofobia.
Calma, fermi tutti. Niente panico.
Respirate piano.
C’è un’uscita di sicurezza, proprio qui davanti ai vostri occhi: si chiama tuffo nella lingua greca. Non richiede l’uso di salvagente o doti da nuotatori olimpionici, possono osare proprio tutti. Non ci sono controindicazioni, né chilometriche avvertenze per l’uso, né minuscole scritte con clausole impossibili da leggere.

Metanoèite.
Convertitevi.
Chi ha un briciolo di dimestichezza con la filosofica antica, sa che la cosiddetta “metànoia” era uno dei primi passi per addentrarsi in nuove conoscenze, era l’inizio del percorso filosofico stesso. Corrispondeva ad un profondo mutamento nel modo di pensare, non era un semplicistico cambiare idea ma un rifare il guardaroba a pensieri ed opinioni.
Era una vera e propria inversione a U – manovra vietatissima per le strade del mondo – tra le più auspicate invece lungo i sentieri che portano a Dio. Un “girare la mente di 360 gradi” (G. Ravasi, Il vangelo di Marco), un cambio che stravolge e sradica quel che c’era prima per piantare nuovi semi. E’ intraprendere una nuova strada, mollare gli ormeggi per veleggiare verso un altro porto.

Convertitevi.
Cambiate prospettiva, abbiate il coraggio di svoltare e intraprendere un nuovo percorso.
Sono venuto per “fare nuove tutte le cose” (Apocalisse 21,5), per mutare il pianto in gioia, la tristezza in speranza, la morte in vita, perché “siete preziosi ai miei occhi ed io vi amo.” (Isaia 43,4)

Pistèuete.
Credete.
Il verbo della speranza, dell’affidarsi a qualcuno, di chi ha salde certezze e non ha timore.
Credete nel vangelo. Non è un arabesco stilistico ideato da Marco per abbellire il discorso, ma una sfumatura di fiducia che trabocca, travalica i confini e si fa salda come roccia.
Credere in qualcosa è molto di più che credere a qualcosa. C’è l’idea di aggrapparsi con tutte le proprie forze, la possibilità di porre il proprio fondamento dentro un’idea, ma c’è anche una sfumatura di reciprocità che lascia senza fiato: ciò a cui ti aggrappi è anche il carburante delle tue azioni, il vento che gonfia le vele del tuo viaggio, ciò che sospinge i tuoi passi.

Credete nella bella notizia.
È questo il significato originario della parola Vangelo.
Non un racconto, una serie di episodi, di parabole e di insegnamenti, ma eu-angelion, una annuncio bello, buono, felice e addirittura giusto (quando il greco ci si mette d’impegno, le sfumature di un aggettivo sono variegate come una tavolozza di colori).
Altro che semplice news, il vangelo è qualcosa che fa saltare di gioia, abbraccia tutta la positività possibile e la fa risplendere di luce.

“Convertitevi e credete nel vangelo”: diventate nuovi e abbiate fede nella più bella delle opere della Misericordia, l’infinito che diventa persona e vi chiama per nome, che percorre le strade del mondo in cerca dei figli lontani.
Altro che imposizione imperativa, legame che opprime o costrizione imposta dall’alto. È un richiamo squillante, un canto di festa, è una dichiarazione d’amore assoluto.

Vicentina, classe 1979, piedi ben piantati per terra e testa sempre tra le nuvole. È una razionale sognatrice, una inguaribile ottimista ed una spietata realista. Filosofa per passione, biblista per spirito d’avventura, insegnante per vocazione e professione. Giunta alla fine del liceo classico gli studi universitari le si pongono davanti con un bel dilemma: scegliere filosofia o teologia? La valutazione è ardua, s’incammina lungo la via degli studi filosofici ma la passione per la teologia e la Sacra Scrittura continua ad ardere nel petto e non vuole sopirsi per niente al mondo. Così, fatto trenta, facciamo trentuno! e per il Magistero in Scienze Religiose sfida le nebbie padane delle lezioni serali: nulla pesa, quel sentiero le sembra il paese dei balocchi e la realizzazione di un sogno nel cassetto. Il traguardo, tuttavia, è ancora ben lontano dall’essere raggiunto, perché nel frattempo la città eterna ha levato il suo richiamo, simile a quello delle sirene di omerica memoria. Che fare, seguire l’esempio di Ulisse e navigare in sicurezza o mollare gli ormeggi e veleggiare verso un futuro incerto? L’invito del Maestro a prendere il largo è troppo forte e troppo bello per essere inascoltato, così fa fagotto e parte allo sbaraglio, una scommessa che poteva sembrare già persa in partenza. Nei primi mesi di permanenza nella capitale il Pontificio Istituto Biblico sembra occhieggiarla burbero, severo nei suoi ritmi di studio pazzo e disperatissimo. Ci sono stati scogli improvvisi, tempeste ciclopiche, tentazioni di cambiare rotta per ritornare alla sicurezza del suolo natio. Ma la bilancia della vita le ha riservato sull’altro piatto, quello più pesante, una strada costruita passo dopo passo ed un lavoro come insegnante di religione nella diocesi di Roma. L’approdo, più che un porto sicuro, le piace interpretarlo come un nuovo trampolino di lancio, perché ama pensare che è sempre tempo per imparare cose nuove.

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