Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

Seconda Domenica per annum (Anno A)
In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».
Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».
(Dal Vangelo di Giovanni, cap. 1 vv. 29-34)

cambiogestioneAscoltano lui ma seguiranno l’Altro. Mentre l’Amico – rinchiuso nello stambugio di Nazareth – maneggiava l’ascia e la pialla del padre falegname, il magnetico selvaggio del Battista s’apprestava agli ultimi ritocchi in vista dell’avvento finale del Gesù Amico. Triste sorte la sua, come quella di ogni precursore: conosce la soluzione finale ma non potrà gustarne l’avvento. Destino simile al Mosè condottiero del primo Esodo: conosceva, intravedeva e già assaporava la Terra Promessa. Sulla soglia c’arrivò: ma il primo piede a toccare il sacro suolo fu quello di Giosuè.
Stamane siamo in un paesello piccolo: vociare confuso di donne, pescatori all’opra per barattere pesce con pane, viuzze dalle chiome spettinate. Non tira un alito di novità sul Mar di Galilea. Poi ad un tratto la voce rauca del Battista: “Eccolo!” (Gv 1,36) L’Agnello stavolta passa oltre e non si sa dove conduca quella direzione. Ma il Precursore è abbandonato: “sentendolo parlare così, seguirono Gesù”. Condannati a scegliere il meglio. D’ora in poi la testa del Battista attende l’esultazione finale nella fortezza di Macheronte: ancora un poco e la sua nuda testa, condita di sangue e tradimenti, verrà condotta su un vassoio d’argento per un patto d’amore tra bestie. “Eccolo!”. Finalmente: nato come tutti I bambini, cresciuto in sapienza e grazia, assaporato il bucato di Maria e la pialla di Giuseppe festeggia ora i trent’anni di storia: prima dei trent’anni l’uomo è un abbozzo, dopo i trent’anni l’uomo è la sua missione. Non sedurrà con la meraviglia il Figlio di Giuseppe e di Maria: ma Cuore, parlerà ai cuori e scoprirà che son molto più duri da impastare del vecchio legno abbandonato sul bancone di Nazareth.

Tre passi più in là – appena dietro le casupole bianche accatastate all’approssimarsi del lago – il calpestìo di Chi lo segue l’obbliga al chiarimento: “Che cosa cercate?” (Gv 1,38) Perfetta padronanza delle sfumature grammaticali: non dice Chi, ma l’eleganza lo costringe ad usare il che cosa. Come dire: “che interesse pensate di riscuotere seguendo le mie tracce?” Eppure Lui sà che vanno cercando Lui, Bocca che risponde alle domande della gentaglia con parole che non saranno mai più dimenticate. I due sbagliano risposta. A domanda rispondono con domanda: “Rabbì, dove dimori?”. Nessuna indicazione, se non un complicato invito: “Venite e vedrete” (Gv 1,39). Qui affonda la fallacia di ogni umano rimprovero all’esigenza del Gesù: non ha mai detto che seguirLo sia semplice avventura. Ha solamente detto d’allacciare i sandali e battere le strade polverose dell’inedito: è stando con Lui che il futuro s’aprirà.

Ingabbiato il Battista, uscito portentoso nella sua umile andatura il Messia, nessuno più tace. “Abbiamo trovato il Messia” (Gv 1,41). D’ora in poi sarà tutto un tam-tam di voci fino al Golgota della Passione. Là calerà il silenzio, che partorirà nel giro di tre giorni un grido di Risurrezione. Sulle rive del mare Arpa non bastano due occhi a scovarne il passaggio di così tanta Bellezza: ne serve una flotta a disposizione. “Nessuno, di qualunque grado sia, vede mai la sommità della propria testa; per vederci chiaro, viene sempre il momento in cui si ha bisogno dell’aiuto di un’altra persona” (tradizione orale peul). Nessuno: nemmeno Ychai.

Noi abbiamo detto: “Tu ci chiami, Maestro. Ma noi siamo tutti poveri, che ti dobbiamo portare?” Ha risposto con un sorriso che proprio fa gustare il Paradiso: “Un grande tesoro voglio da voi”; e noi: “me se nulla abbiamo?, e Lui: “Un tesoso dai sette nomi, e che anche il più meschino può avere e il re più ricco può non possedere, lo avete e lo voglio. Uditene i nomi: carità, fede, buona volontà, retta intenzione, continenza, sincerità, spirito di sacrificio. Questo io voglio da chi mi segue, questo solo, e in voi c’è. Dorme come seme sotto zolla invernale, ma il sole della mia primavera lo farà nascere in settemplice spiga”. Così ha detto.
“Ah! questo mi assicura che è il Rabbonì vero, il Messia promesso. Non è duro ai poveri, non chiede denaro. Basta per dirlo il Santo di Dio. Andiamo sicuri”.
E tutto ha termine. (M. Valtorta, L’Evangelo come mi è stato rivelato, CEV 2001, vol. I, 302-303)

Il Battista contempla l’abbandono dei suoi discepoli. Non c’è tristezza sul suo volto: nelle case della Scrittura ognuno è sempre e solo l’anticipo di uno migliore che lo seguirà. Prepararne la strada, batterne la soglia, dissodarne il terreno. Poi basta: spazio al Meglio. Nacque lì, sulle sponde di quell’incrocio, la certezza difficile d’essere solo anticipo di Altro.
“Erano le quattro del pomeriggio” (Gv 1,39): c’è sempre un’ora che cambia la vita.

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