Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

attesaAvvento. Tempo di attesa. Impossibile trovare termine più sgradito per l’uomo di oggi. Comprensibile, d’altronde.
Attesa in aeroporto. Attesa dal dottore. Attesa alla fermata dell’autobus. Attesa al pronto soccorso.Attesa in banca per il mutuo. Attesa al casello autostradale. Attesa di un ospite di riguardo.
Inevitabilmente, l’attesa acquista un surplus di fastidio associato ad una più o meno rilevante componente ansiogena.

Eppure, l’attesa è importante. E non ha, in sé, un significato negativo.
Ce ne accorgiamo ogni giorno. Gli avvenimenti più importanti della nostra vita non sono forse sempre preceduti da un periodo più o meno lungo di preparazione (un appuntamento, una promozione, il matrimonio, la nascita di un figlio, un viaggio speciale…)? E non cambierebbero di valore e di significato se non fossero preceduti da alcuna attesa?

Anche Cristo si fa attendere. L’attesa sottolinea l’importanza di un evento: Dio si fa uomo, accetta di diventare come noi, di prendere il nostro corpo. Dio ci si fa incontro. Non ne può più di vederci, come vagabondi senza lanterna, in cerca di Lui, tanto che “anche il sacerdote e il profeta non sanno cosa fare” (Ger 14, 19). E allora, si RI-VELA. Si svela, si fa vedere, ma non si manifesta del tutto. Dio ci dà una mano, ci viene incontro, si interessa ai nostri strani percorsi, provando a dare un senso al nostro vagare.
Ma anche il modo in cui si verificano gli eventi è importante. E come si rivela Dio nell’Incarnazione?
In modo insolito, anticonvenzionale. È una creatura fragile, incapace di difendersi, bisognosa di tutto. Che affidabilità si può dare a un bambino? Di certo non superiore a quella che era (ed è???) assegnata alle donne (PRIME TESTIMONI, ci tengo a ricordarlo, della RESURREZIONE!). Dall’inizio alla fine della sua avventura all’interno della storia umana, Dio va “controcorrente”, in direzione ostinata e contraria.
Quindi, anche l’attesa risentirà della particolarità del fatto. Un fatto particolare ed unico. Per poter gustare il momento dell’incontro dell’Uomo con Dio, non si può trascurare il tempo che ci separa dall’appuntamento.
Se “in un giorno di memoria e stupore la Parola è presente, si fa corpo di Figlio”, come si può proseguire la nostra corsa, come se non fosse accaduto nulla?
Allora, già nell’avvicinamento all’evento, la gioia si moltiplica, mescolandosi allo stupore. Quello stupore profondo e sincero, semplice e viscerale che sa risvegliare in noi il miglior lato infantile. Perché “il mondo non morirà mai di fame per la mancanza di meraviglie, quanto per la mancanza di meraviglia” (G.K. Chesterton).

E in realtà, si fa spazio la consapevolezza che vivere nell’attesa dà senso e direzione alla nostra vita, fa sì che non siamo palline sparate casualmente nello spazio cosmico, ma come una retta con un unico senso ed un’unica direzione.
Dio si è fatto uomo: un incontro che si rinnova nei secoli.
Per i primi cristiani, che si aspettavano un imminente ritorno nella gloria. Per me, che ho scarabocchiato queste quattro righe.
Per te, che stai leggendo. Per chi non lo leggerà mai. Per chi non ha la minima intenzione di leggerlo. Per chi sta aspettando alla fermata dell’autobus. Per chi aspetta un figlio. Per chi dalla vita, ormai, non si aspetta più nulla.
Per ogni uomo, succede un evento straordinario: Dio si è fatto Uomo!

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